Spesso le foreste sono definite i “polmoni della Terra”. Se è davvero così, è il caso di preoccuparci, perché la Terra sta andando incontro a gravi difficoltà respiratorie. Lo sfruttamento delle risorse provenienti dalle foreste, infatti, sta raggiungendo un punto di non ritorno. Sistematicamente, alberi millenari vengono soppiantati da appezzamenti agricoli, ovviamente per far fronte ai bisogni dell’uomo.
Ma che cosa si intende quando si parla di “foresta”? Questo termine, infatti, spesso è utilizzato a sproposito, e viene confuso con il “bosco”. Quest’ultimo corrisponde a una piccola area, mentre la foresta è una vasta zona, spesso ubicata in luoghi freddi (con l’importante eccezione delle foreste tropicali), dove si possono trovare numerose tipologie di alberi differenti. Le piante che si trovano nelle foreste contribuiscono ad emanare ossigeno, fondamentale per la nostra vita, ma sono importanti anche perché trattengono il terreno ed evitano la formazione di frane.
Il fenomeno della deforestazione, o disboscamento (a seconda dell’area dove vengono abbattuti gli alberi) ha iniziato a diffondersi in maniera preoccupante intorno a metà del XVIII secolo, per molti motivi, in primis lo sfruttamento intensivo del legname. Da allora, purtroppo, le scelte in sfavore dell’ambiente sono state molteplici; nei secoli successivi, ad esempio, molte aree verdi sono state abbattute per poter estrarre combustibili fossili. Tra i responsabili della deforestazione, gioca un ruolo di primo piano, soprattutto oggi, l’agricoltura intensiva, specialmente per colture come l’olio di palma e la soia.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha stimato che ogni anno si perdono 13 milioni di ettari di foreste a causa della deforestazione. Purtroppo, le conseguenze dello sfruttamento eccessivo delle foreste hanno provocato, in alcuni casi, danni irreversibili. Dal 2010, però, grazie alla presa di coscienza degli errori compiuti in passato, sono stati avviati molti programmi di riforestazione, che hanno contribuito a salvaguardare aree verdi altrimenti prossime all’estinzione.
Ma, come si suol dire, “non è tutto oro quel che luccica”. La riforestazione, infatti, comporta che per ogni albero abbattuto ne venga piantato un altro, ma non sempre ciò avviene nei tempi e nelle modalità adatte all’ambiente in cui si opera. Ogni foresta ha le sue peculiarità, e non si può sostituire in maniera massiccia una specie di alberi ad un’altra solo perché quest’ultima ha un valore commerciale maggiore. Eppure, ciò avviene ad oggi in molte zone verdi europee, tra le quali (forse qualcuno rimarrà sorpreso) la Svezia.
Non lontano da Stoccolma, nello Jämtland, molti alberi di diverse specie appartenenti a foreste plurisecolari sono abbattuti e presto sostituiti con file ordinate di piante di pinus contorta, di origine canadese, e dunque non autoctone. Questa capillare sostituzione provoca enormi danni, perché i nuovi alberi hanno tutti la stessa età e sono disposti a distanze perfettamente regolari: una condanna a morte per molte specie animali, i cui cuccioli vengono facilmente dispersi nelle file tutte attaccate. Inoltre, questi pini impediscono la formazione del tipico muschio delle foreste svedesi, che, ricoprendo il suolo, riempie l’aria dei profumi dei licheni e dona una sensazione di morbidezza a chi vi cammina sopra.
Tutto ciò rischia di scomparire perché in Svezia solo il 3% delle foreste sono etichettate come “protette”; inoltre, per poter tagliare basta fare una semplice richiesta al governo, la quale viene facilmente concessa, ed è necessario rinnovarla solamente dopo ben cinque anni. La situazione mette seriamente a rischio la biodiversità di questi luoghi, perché le varietà di alberi presenti nelle foreste originarie vengono perdute a favore di piante, come il già citato pinus contorta, dalle quali è facile estrarre la cellulosa, denominata addirittura “green gold”, dalla quale si ricavano fazzoletti di carta, carta igienica, bicchieri usa e getta, asciugatutto.
In Svezia, il tasso di deforestazione è oggi al 6.2%: un dato purtroppo alto, che evidenzia la significativa diminuzione del manto forestale del Paese negli ultimi anni. Alcuni paesini hanno adottato una politica diversa a tutela dell’ambiente, come quella della forma di taglio selettiva, diversa da quella industriale, che invece abbatte tutti gli alberi. Il lavoro, inoltre, viene affidato a piccole imprese, affinché la tutela delle foreste vada di pari passo con i diritti dei lavoratori locali. Una buona soluzione, che tuttavia può essere operata soltanto nei terreni di cui i cittadini sono proprietari, mentre la stragrande maggioranza delle foreste sono di proprietà dello Stato.
Il caso svedese ci ricorda che quando parliamo di deforestazione non stiamo sempre parlando di eventi lontani, che riguardano luoghi remoti. La Svezia è solo un esempio della pessima gestione della politica forestale europea; un altro è il Portogallo, dove nei mesi estivi gli incendi devastano facilmente chilometri di foreste. Non sarà forse il caso di invertire la rotta?
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