carriera solista John Lennon

40 anni senza John Lennon: la carriera solista del mito tra amore e ribellione

Quando si parla di John Lennon, il 2020 segna una doppia ricorrenza. Da una parte, il 9 ottobre si sarebbe festeggiato il suo ottantesimo compleanno. Dall’altra, l’8 dicembre si ricorda la sua tragica scomparsa, avvenuta 40 anni fa. Attorno al nome di John Lennon continuano a ruotare diversi elementi. Innanzitutto, ci sono Beatles, l’iconica band che ha segnato in maniera indelebile la storia della musica. Compare l’amore passionale, artistico e fortemente criticato con Yōko Ono, la seconda moglie dell’artista. Poi, spiccano le sue canzoni durante il decennio da solista con una quantità notevole di temi, alcuni dei quali sono spesso dimenticati. È proprio sulla carriera da solista di John Lennon su cui soffermeremo la nostra attenzione.

Il primo scopo è quello di dimostrare che tra il 1970 e 1980, il cantautore di Liverpool non abbia prodotto solo Imagine. Certo, il brano pacifista per eccellenza resterà per sempre lo stendardo della produzione lennoniana, ma, per comprenderlo meglio bisogna andare più a fondo e anche oltre a esso. La seconda ragione consiste nel riportare alla luce e analizzare quei capolavori nascosti di cui in molti, forse troppi, ignorano l’esistenza. Un viaggio nell’ultima produzione di un mito diventato leggenda per la sua creatività, per la sua sregolatezza e persino per la sua tragica uscita di scena.

L’espiazione del dolore dettato dalla figura materna

Uno dei primi accenni alla vita familiare di John Lennon risale al 1968, proprio durante le battute finali della storia dei Beatles. Stiamo parlando di Julia. Lennon curò interamente la musica e il testo del brano, con l’aggiunta anche di un contributo da parte di Yoko Ono. La canzone è dedicata alla madre dell’artista, morta nel 1958 quando il cantautore aveva solo 17 anni. La melodia è delicata e malinconia, mentre le parole si rifanno in parte a Sand and Foam, poesia di Khali Gibran.

Il tema dell’infanzia e soprattutto quello legato alla madre ritornerà molto frequentemente nella carriera da solista di John Lennon.

Lo vediamo già nel primo album pubblicato nel 1970, John Lennon/Plastic Ono Band, un progetto discografico interessante che vedeva due membri fissi – Lennon e la Ono – e un alternarsi continuo di musicisti. La traccia in questione, intuibile già dal titolo, è Mother. Dietro la stesura del testo, risiederebbe l’esito di una seduta di psicanalisi a cui l’artista aveva deciso di sottoporsi. Attraverso questa esperienza, Lennon avrebbe riscoperto e analizzato – forse per la prima volta in vita sua – i ricordi più dolorosi della sua esistenza. Tra questi, la scomparsa della madre. Mother si apre con un suono lugubre, quello di una campana che annuncia un corteo funebre. Quest’atmosfera cupa resta per tutta la durata del pezzo ed è enfatizzata in chiusura con le grida strazianti del cantante che implora la donna di non lasciarlo.

Se Mother funge da ouverture per John Lennon/Plastic Ono Band, My Mummy’s Dead costituisce la chiusura, quasi a voler mantenere una certa coerenza tematica dell’album. Benché questo brano sia stato criticato per non essere all’altezza del precedente, ci aiuta comunque a capire come forse per la prima volta Lennon si sentisse libero di trattare sotto prospettive diverse e con meno filtri argomenti per lui tanto dolorosi quanto importanti.

Altri frammenti dell’infanzia

Nel corso della sua vita, l’ex Beatle non ha sofferto solo a causa del rapporto – o della mancanza d’esso – con la madre. Infatti, è possibile intravedere diversi frammenti della sua infanzia che riguardano la sua relazione con altri familiari. Per esempio, sempre in Mother, Lennon fa riferimento anche al difficile legame con il padre Alfred, che lo abbandonò a casa di una zia quando era solo un bambino.

Father, you left me
But I never left you
I needed you You didn’t need me.

Nella parte finale del brano, Lennon non invoca solo la madre scomparsa ma anche il padre “fuggitivo”, che gli voltò le spalle senza guardarsi mai indietro.

Ritroviamo questo tema anche in Remember, dove descrive senza barriere la distruzione degli ideali della giovinezza anche a causa dell’assenza della figura paterna.

Remember how the man
Used to leave you empty handed
Always, always let you down.

In Remember, però, l’espiazione per le sofferenze vissute da bambino si mescola al risentimento verso una festa tutta inglese, il Gunpowder Treason Day, simbolo di una società pronta a gerarchizzare le vite umane a seconda del ruolo che svolgono in essa.

Un‘analisi della condizione femminile

Che la scrittura di Lennon si proponesse in chiave di denuncia è sempre stato chiaro a tutti. Questo spirito indagatore e di protesta appare in ambiti differenti, uno tra tutti quello della condizione delle donne. Siamo nei primi anni Settanta quando con l’album Some Time in New York City esce Woman Is the Nigger of the World. Il brano descrive senza alcun velo lo stato di asservimento femminile nelle varie culture mondiali. Già dal titolo si percepisce la voglia dell’artista di rompere qualsiasi tabù o restrizione. Infatti, usare il termine nigger nel 1972 significava anticipare di quasi un ventennio lo spopolare dell’aggettivo come sinonimo di fratellanza tra i quartieri abitati prevalentemente da afroamericani.

Questa che ancora oggi rappresenta una delle tracce più forti della carriera solista di John Lennon ripercorre la vita di una donna messa a confronto con quella di uno schiavo nero. Nonostante le censure e lo scandalo relativo alla “n word”, Woman Is the Nigger of the World s’impose nella Billboard Top 100 alla posizione 57. Tutto ciò ci dimostra come il cantautore avesse trovato la sua via preferita nel trasmettere messaggi per lui di fondamentale importanza. Un testo, una base e un pizzico di voglia di rischiare.

La contestazione politica

L’attento scrutinio di Lennon sulla società della sua epoca non avrebbe potuto escludere dai suoi testi diretti riferimenti al clima politico. Sin dal primo album è ben evidente, per esempio in Working Class Hero. Il brano parla dall’insensibilità causata dai condizionamenti sociali. L’artista sembra anticipare quello che oggi è un dibattito aperto e in continua evoluzione, ovvero che solo il conformarsi porta denaro e successo. Questa conformazione è a sua volta dettata e calata dall’alto da quel sistema di controllo che non si vede ma esiste. Secondo John Lennon, i media, la religione e persino la sessualità costituirebbero vie di omologazione sociale.

Gimme Some Truth, del 1971, rappresenta un resoconto degli ultimi anni della guerra in Vietnam. La prima stesura della canzone risale al 1969, ma la pubblicazione ufficiale avvenne solo in seno alla carriera da solista di John Lennon. Nel testo, si percepisce tutto il risentimento del cantautore nei confronti della classe politica statunitense, citata indirettamente tramite dei giochi di parole.

No short-haired, yellow-bellied, son of Tricky Dicky
Is going to mother hubbard soft soap me
With just a pocketful of hope
Money for dope
Money for rope
Oooh oh.

Resta molto interessante da notare come il pensiero politico e sociale lennoniano venga veicolato nei brani in modi diversi, non solo attraverso pezzi pungenti e dai ritmi serrati. Infatti, Imagine s’inserisce alla perfezione in questo tipo di produzione, ma il suo spirito è, in parte, differente. Non presenta attacchi diretti o astio nelle sonorità, ma diventa la portavoce pacifista del messaggio di Lennon. Un messaggio destinato ad arrivare alle nuove generazioni con una carica sempre più potente e attuale.

Il grande amore per Yoko Ono

Infine, non si può parlare di carriera solista di John Lennon senza toccare l’ampia produzione di brani dedicati alla sua relazione carriera solista john lennoncon Yoko Ono. Nel loro insieme, questi brani sono variegati in fatto di sound, ricerca testuale e proposito. Per esempio, in Mind Games, album del 1973, troviamo Out The Blue, una ballad chitarra e voce troppo sottovalutata. L’atmosfera è drammatica e nostalgica, dove spicca la componente struggente e di disperazione.

All my life’s been a long slow knife
I was born just to get to you
Anyway, I survived
Long enough to make you my wife.

Percezione simile si ritrova nel disco successivo Walls and Bridges del 1974. L’ascoltatore è catapultato durante il cosiddetto “lost weekend”. Si tratta non di due giorni bensì di quasi due anni in cui l’artista inglese si separò “in esilio” dall’amata. Uno dei racconti migliori di questa è certamente Scared. In questo pezzo, Lennon riflette sulla sua condizione e su quanto sia caduto in basso. Lo strazio di Out The Blue qui diventa quasi un pungente attacco a se stesso.

You don’t have to suffer It is what it is
No bell book or candle
Can get you out of this, oh no!

Molto diverse, invece, sono quelle canzoni come Oh Yoko!. Dal riff decisamente più spensierato, sembra rivivere lo spirito allegro dei brani beatlesiani degli anni Sessanta. Il testo per nulla elaborato ricorda i momenti quotidiani di una coppia che tra controversie e polemiche è comunque riuscita a fare la storia e non solo quella della musica.

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