Intersex: chi combatte le etichette

Essere mentalmente aperti oggi significa innanzitutto schierarsi dalla parte del diverso. Sembrerà un cliché, anzi, lo è già diventato. Questa difesa spietata del diverso sta tuttavia sfumando, poco alla volta, da protesta sentita e combattuta da coloro che per determinati valori si infervorano, a lotta “pubblicitaria” di chi non vuole sembrare insensibile e di conseguenza perdere seguito, ma che in fondo non comprende davvero ciò per cui sta combattendo, o fingendo di combattere.

Tra le tantissime battaglie a cui qualcuno potrebbe dedicarsi, in primo piano si trova sicuramente quella per la parità degli individui non-binari. Tema sentito e risentito, sfruttato in qualunque modo e non poco spudoratamente da pubblicitari di compagnie, aziende o marchi conosciuti. A farsi condottieri impavidi di questa modernissima guerra sono stati molti, e, tralasciando i motivi che li hanno spinti a farlo (che spesso contano diversi zeri), l’effetto è stato tutto sommato positivo.

Eppure, questo tema è destinato a rimanere una questione spinosa: non tutti e non volentieri sono disposti ad accettare di demolire classificazioni ed etichette vecchie di secoli solo perché la storia commovente di qualche individuo li ha tentati di passare al lato “giusto”. Le emozioni infatti potrebbero non bastare. Quello che oggigiorno i membri del pubblico vogliono sono prove, numeri, dati effettivi che smentiscano le loro supposizioni peggiori riguardo a questi individui che, agli occhi dei più diffidenti, vogliono solo ergersi a vittime. Visto che “l’ignorance est la mère des traditions”, l’unico modo possibile per far vacillare la tradizione sembrerebbe proprio quello di colpire la sua radice, l’ignoranza.

Ed ecco allora i numeri specchio della realtà: 1 individuo su 1.666 è non XX e non XY, 1 individuo su 1.000 è interessato dalla sindrome di Klinefelter (XXY), 1 individuo su 13.000 è soggetto alla sindrome di insensibilità agli androgeni, 1 individuo su 13.000 soffre di iperplasia surrenalica congenita, 1 individuo su 66 è colpito da iperplasia surrenalica ad esordio tardivo, 1 individuo su 6.000 è interessato da agenesia vaginale, 1 individuo su 83.000 da ovetestis, etc. Ebbene sì, se è già difficile riuscirsi ad immaginare una categoria in più rispetto alle due che si è abituati a conoscere, vedendo le cifre e i casi che coinvolgono circa l’1,7% della popolazione mondiale viene proprio da chiedersi se la visione uomo-donna non risulti riduttiva. Paroloni medici a parte, è stimato che il numero totale di persone nate con un corpo che non rientra nei canoni binari uomo-donna sia 1 su 100. L’eccezione inizia a diventare più comune del previsto.

Ma allora che cosa si intende con intersexIntersex is a general term used for a variety of conditions in which a person is born with a reproductive or sexual anatomy that doesn’t seem to fit the typical definitions of female or male”. Questa definizione, fornita dall’ISNA (Intersex Society of North America) mette già in chiaro qualche concetto fondamentale, tra cui quello di “fit” ossia di appartenenza, corrispondenza, adattamento ad una categoria specifica che in questo caso si può dire quasi del tutto o per nulla esistente. Sotto quale etichetta andrebbero infatti collocati coloro che hanno un aspetto femminile, ma che possiedono un’anatomia per lo più maschile? E quelli invece i cui genitali sono tipici sia di un sesso sia dell’altro? Oppure quelli nati con un patrimonio cromosomico che unisce XX e XY? Sebbene alcune condizioni siano presenti sin dalla nascita, in moltissimi casi i diretti interessati scoprono di essere intersex durante la pubertà o l’età adulta, addirittura alcuni non ne vengono affatto a conoscenza per tutta la vita.

Cosa comprende in pratica la categoria di intersex?  “Intersex is a socially constructed category that reflects real biological variation”: ciò vale a dire che la classificazione attuale concernente il genere ed il sesso è una categorizzazione che limita e riduce fortemente una pluralità anzi varia ed eterogenea di casi che, come dimostrato, non sono solo eventi eccezionali che si contrappongono alla norma, ma raggiungono quasi il 2% di più di 7 miliardi di individui. Bisogna quindi apprendere che il sesso è scientificamente un fattore soggetto ad alterazioni, ma soprattutto non si devono considerare quest’ultime come degli errori da curare. Numerose volte i dottori stessi hanno spinto i soggetti interessati da queste diversità a operarsi perché le ritenevano delle deviazioni dal normale, più nello specifico 1 individuo su 1.000 ha cercato di “normalizzare” il proprio corpo.

Le curiosità da scoprire a riguardo sono innumerevoli, ma per fortuna sempre più persone cercano di creare le condizioni per cui tutti possano imparare. Probabilmente una volta che chiunque conoscerà la lunga storia di un genere che è sempre esistito, ma che è sempre stato tenuto nascosto, allora anche la credenza della coppia uomo-donna come fondamento della normalità cadrà e si sarà più propensi ad accogliere il diverso per accettarlo come normale. Per farlo, tuttavia, serve la volontà di cercare da sé ciò che nessuno insegna, di informarsi su ciò che non si conosce, di leggere e comprendere quello che a prima vista potrebbe sembrare strano. È un lavoro che richiederà tempo, ma meriterà ogni secondo.

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