La pandemia ha avuto un effetto devastante sull’industria musicale (pur avendo le sue conseguenze positive, come gli spettacoli online accessibili a chiunque). Della digitalizzazione e della crisi riguardante il mondo dello spettacolo abbiamo già parlato qui, ma i protagonisti di questo articolo non sono loro. Parliamo dei Millennials, tra i più grandi fruitori di servizi musicali online al momento: come hanno reagito a questo periodo? E soprattutto, in che modo musica e COVID-19 li hanno cambiati? Vediamolo insieme.
Una riscoperta dei propri orizzonti
Stare più tempo a casa significa avere più tempo a disposizione, che per gli affamati di musica più curiosi significa vagare alla ricerca di nuove playlist Spotify tutte da scoprire. Tra TikTok, Spotify e dirette streaming sui vari social è impossibile non essere inondati da nuova musica, di ogni genere e da ogni parte del mondo. Pur non essendo parte della piccola grande comunità dei social, ci sono alcuni brani che tutti avranno ascoltato almeno una volta nella propria vita – anche se inconsapevolmente, come in un TikTok ad esempio.
Un esempio di questo fenomeno lo possiamo vedere bene con il brano Pankh Hote To Ud Aati, la cui nascita risale a ben più di cinquant’anni fa – e anche a diversi chilometri, trattandosi di una canzone indiana. Nonostante le differenze con la cultura e la musica occidentali, Pankh Hote To Ud Aati è ultimamente diventata un vero e proprio tormentone, se non un meme. Provare per credere: basta ascoltare le prime note del brano, per capire di cosa stiamo parlando.
Un’iperconnessione quasi pericolosa…
È una la cosa che più unisce musica e Covid: internet. Purtroppo o per fortuna, ognuno di noi si è trovato a trascorrere molto più del solito con questo strumento, per motivi di lavoro o di svago. Quello che più si teme per il periodo post pandemia, però, è che un passatempo simile diventi presto una dipendenza, cosa che potrebbe portare anche a un attaccamento morboso a determinati artisti. Sono diversi i casi di ossessione pericolosa, che hanno quasi portato diversi artisti alla morte (vi ricordate il caso di Björk, di cui vi avevamo raccontato qui?).
E se dopo la pandemia aumentassero? I concerti live, le dirette streaming sui social e l’aumento di interazioni con i fan sono sicuramente note positive di ciò che stiamo vivendo, ma non sarebbe difficile immaginare che questa combinazione di situazioni porti a una serie di sfortunati eventi. Basta vedere ciò che sta succedendo riguardo il caso delle Aespa: cosa potrebbe succedere se si avesse la convinzione di avere un rapporto speciale – anche se in realtà morboso – con l’artista del cuore, solo perché vi si può interagire liberamente su internet?
…però confortante
Ultima ma non per importanza, la musicoterapia. Anche se musica e Covid hanno saputo essere una combinazione funesta, non si può dire che la cosa riguardi anche questo argomento. È stato inizialmente dimostrato come i Millennials siano la generazione dello sconforto, con picchi di ansia e depressione che mai si pensava venissero raggiunti. È qui però che gioca un ruolo fondamentale la musica, che si è dimostrata essere la valvola di sfogo di una buona fetta dell’ascoltatore Millennial medio – tant’è che si parla del 76%! A quanto pare, la musica e i podcast hanno aiutato questi individui ad alleviare lo stress, mantenere il proprio equilibrio mentale e – perché no? – meditare, cosa che ovviamente aiuta a migliorare la concentrazione e la propria salute, fisica e mentale.
Applicata già in casi di autismo, demenze di vario tipo e disturbi dell’umore, la musicoterapia ha aiutato i Millennials provenienti da ogni parte del mondo. Anche se non necessariamente seguiti da una figura professionale (come una vera e propria musicoterapia prevedrebbe), questi giovani sono stati in grado di ridurre le proprie ansie riguardo la carriera scolastica o lavorativa, insieme a quelle riguardo vita privata. Non c’è da sorprendersi del suo effetto, però: l’ascolto di suoni a noi piacevoli aumenta la produzione di endorfine, dopamina, serotonina e ossitonica – i cosiddetti “ormoni della felicità”, non a caso. L’azione combinata di questi ormoni porta il corpo a essere più rilassato, la persona ad avere un’autostima più alta e una concentrazione migliore. Esiste forse un modo migliore per convincere qualcuno a interessarsi alla musica?
Un potere inimmaginabile
Platone affermava che la musica “è per l’anima quello che la ginnastica è per il corpo”. Non potremmo esserne più sorpresi, per quanto è riuscita a unire persone da ogni parte del mondo e migliorarle in ogni parte. Noi non possiamo che rimanerne affascinati, e chiederci quali altre meraviglie siano tenute in serbo per noi.