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GucciFest: la celebrazione di ogni forma d’arte

Alessandro Michele, ancora una volta, ha saputo stupirci: per presentare la nuova collezione, Gucci ha trasmesso attraverso l’evento digitale GucciFest una mini-serie, in sette episodi, diretta in collaborazione con il regista Gus Van Sant. Come protagonista è stata scelta Silvia Calderoni, un’attrice di teatro che aveva già collaborato in passato con il brand e di cui sia il direttore artistico che il regista si sono innamorati, per la sua capacità di “portare in scena molte delle sue idiosincrasie personali”. La serie Ouverture Of Something That Never Ended è quindi stata trasmessa durante tutta la settimana del 16 novembre, un capitolo al giorno.

Ma GucciFest dà spazio anche agli emergenti. Sulla piattaforma sono stati caricati dei cortometraggi che omaggiano quindici giovani designer: Ahluwalia, Shanel Campbell, Stefan Cooke, Cormio, Charles De Vilmorin, JordanLuca, Mowalola, Yueqi Qi, Rave Review, Gui Rosa, Bianca Saunders, Colina Strada, Boramy Vinguier e Gareth Wrighton. Una serie di brevi video dai temi più disparati: dalla cultura afro ai videogiochi, dalla sostenibilità ambientale all’esplorazione del concetto di “uomo perfetto”.

L’idea di Ouverture è nata dai famosi “appunti del silenzio” scritti da Alessandro Michele durante il periodo di quarantena. In queste riflessioni, il designer aveva infatti riscoperto il bisogno di depurare il suo rapporto con la moda, di svincolarsi dalle scadenze imposte, abbandonando quindi il rito della stagionalità.

Ci incontreremo solo due volte l’anno, per condividere i capitoli di una nuova storia. Si tratterà di capitoli irregolari, impertinenti e profondamente liberi. Saranno scritti mescolando le regole e i generi. Si nutriranno di nuovi spazi, codici linguistici e piattaforme comunicative.

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Quella della mini-serie è un’ambientazione onirica, surrealista, che spiazza lo spettatore e lo spinge a ricercare dei significati nascosti; per agevolarlo nell’interpretazione, ogni capitolo è seguito da una live, trasmessa sul profilo Instagram del brand, in cui diverse personalità appartenenti al mondo di Gucci, come attori, cantanti, fotografi, offrono spunti di riflessione sulla puntata. Ogni episodio racconta un momento della giornata della protagonista, a partire da “At Home”, il primo capitolo, in cui Silvia Calderoni si sveglia, si lava denti, fa yoga, rappresentando tutti quei momenti che in genere non vengono inclusi nelle pellicole, o almeno non per intero. Già dai primi minuti si intuisce la volontà del regista di restituire qualcosa di lontano dal classico linguaggio cinematografico. Inoltre, viene introdotto un tema fondamentale: la diversità. Infatti, durante il primo capitolo viene inserito un discorso di Paun B. Preciado, un filosofo della teoria di genere, il quale, parlando attraverso la televisione, espone la rivoluzione politica ed epistemologica che sta avvenendo in questo momento storico rispetto al genere e alla sessualità.

Negli episodi successivi la protagonista esce di casa: in “At The Café” si ritrova al bar con alcuni amici, ma la conversazione che intrattiene, così come quelle dei tavoli a fianco, sembrano del tutto sconnesse e senza senso; per rendere ancora più confusionaria l’ambientazione, sono stati inseriti dei personaggi completamente nudi, senza però sessualizzarli. Il senso di disorientamento che si prova è molto simile a quello vissuto i giorni di “ritorno alla normalità” che hanno segnato la fine del lock-down, in cui nessuno era più abituato a vivere in stretto contatto con gli altri. In “At The Post Office” una scena particolarmente significativa è quella che vede come protagonisti Harry Styles e Achille Bonito Oliva, docente all’Università La Sapienza di Roma e direttore della Biennale d’Arte di Venezia: i due intrattengono una telefonata sul tema dell’arte. Lo stesso docente sottolinea la forte convivenza e contaminazione tra le diverse forme artistiche:

Viviamo in un’epoca un po’ nervosa, fatta di conflitti, di confronti, ma anche di coesistenza di differenze, di gioiose differenze. Questo nell’ambito della cultura si può vedere in vari campi. L’arte, la musica, la moda il teatro, il cinema sono campi che conosci, in cui l’atto creativo diventa centrale. (…) La moda veste l’umanità, l’arte la mette a nudo e la musica è un massaggio del muscolo atrofizzato della sensibilità collettiva. Diciamo che la nostra è un’epoca di contaminazione, dove prevale una sfiducia nel futuro ma una considerazione del presente.

All’ufficio postale, i protagonisti sono vestiti sia con le nuove creazioni, sia con abiti della collezione di debutto di Alessandro Michele: la moda, così come l’arte, non ha una data di scadenza.

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Nel quarto episodio, “At The Theatre”, ciò che viene messo in scena non è lo spettacolo finale, quello perfetto, ma vengono rappresentate le prove, ciò che viene prima e che al pubblico è spesso nascosto. Vi è un chiaro riferimento alla sfilata di febbraio 2020, dalla quale riprende anche la colonna sonora. In “The Neighbourhood” Silvia osserva i vicini dalla finestra: c’è chi suona, chi legge una poesia, chi dipinge; in particolare una ragazza, immersa nella sua vasca, guarda un video di “Therefore I Am”, il nuovo singolo di Billie Eilish. La giornata si conclude con gli ultimi due episodi, “At The Vintage Store” e “A Nightly Walk”. Il primo è ambientato in un negozio vintage e vede come protagonista la cantautrice e poetessa Florence Welch, che si aggira per il negozio lasciando frammenti di alcune sue poesie nelle tasche dei capi in esposizione, come messaggi di speranza al prossimo. Nell’ultimo capitolo, Silvia recita una poesia d’amore al citofono dedicata al personaggio interpretato dal cantante Lu Han; la serie di GucciFest si chiude con l’ultimo frammento di testo, che conclude le parole della canzone “In a manner of speaking” dei Tuxedomoon, che rappresenta il filo conduttore tra i vari episodi:

In a manner of speaking/ I just want to say/ That I could never forget the way/ You told me everything/ By saying nothing.

Gucci condensa, attraverso una mini-serie, il linguaggio della moda, quello cinematografico e non solo; Alessandro Michele è profondamente innamorato dell’arte, in ogni sua forma, e non ha potuto fare a meno di metterle in contatto, attraverso continui riferimenti e metanarrazioni, celebrando il talento e la diversità di ognuno.

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