Spesso il cinema può diventare uno strumento di riflessione per i drammi del nostro tempo: sempre più film offrono spunti per sviluppare un pensiero critico sulle tematiche sociali più diffuse. Mentre la maggior parte delle pellicole punta su un atteggiamento serio e drammatico per presentare determinati argomenti, c’è chi sceglie di percorrere altre vie: è il caso di Pif, pseudonimo di Pierfrancesco Diliberto, il quale nelle sue opere sceglie di raccontare aspetti tragici della società attraverso la lente dell’ironia e della leggerezza, senza mai cadere in prodotti scontati o superficiali. Questo binomio ha caratterizzato le tappe fondamentali della sua carriera, regalandogli diverse soddisfazioni.
Gli esordi
Pif nasce a Palermo nel 1972, ereditando dal padre Massimo, di professione regista, la passione per il mondo dello spettacolo e del cinema. Per seguire questa strada, decide di proseguire gli studi a Londra e, una volta tornato in Italia, inizia a raccogliere i primi frutti della sua formazione. Diventa infatti l’assistente alla regia di Franco Zeffirelli e poi di Marco Tullio Giordana. Per quest’ultimo, lavora al film I cento passi, uscito nel 2000, il quale narra le vicende di Peppino Impastato, impegnato in prima linea nella lotta alla mafia.
Il desiderio di raccontare
Negli anni Duemila prende parte a diversi programmi televisivi, lanciando anche Il testimone, il primo progetto televisivo che lo vede come protagonista in prima persona. Grazie anche a queste prime apparizioni in cui si occupa di tematiche politiche e società, inizia ad interessarsi e a documentarsi sul mondo mafioso. Pubblica nel 2012 un racconto intitolato Sarà stata una fuga di gas, inserito all’interno della raccolta Dove eravamo: Vent’anni dopo Capaci e Via d’Amelio, un’opera scritta a più mani per commemorare il ventesimo anniversario degli attentati che causarono la morte dei due magistrati Falcone e Borsellino.
La mafia uccide solo d’estate e i primi riconoscimenti
La necessità di voler raccontare e descrivere il mondo della mafia lo porta nel 2013 ad approdare al mondo del cinema, non solo come autore, ma anche davanti alla macchina da presa. Egli è protagonista de La mafia uccide solo d’estate, il primo lungometraggio in cui Pif decide di portare sul grande schermo l’altissimo tasso di criminalità di matrice mafiosa concentrato tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso. Pif sceglie di concentrarsi proprio su Palermo, sua città natale, per narrare una storia drammatica, mantenendo però un tono leggero. Questa è la chiave che rende diversi e unici i lavori di Pif: racconta un dramma, non risparmia nomi e riferimenti concreti, ma la sua sceneggiatura affronta il tema da un punto di vista nuovo che, nonostante l’apparente leggerezza, è in grado di far nascere nello spettatore riflessioni profonde.
Leggerezza non banale
Quella di Pif non è superficialità, tutt’altro. Ha la capacità di saper raccontare una storia che egli in prima persona sente di aver vissuto indirettamente sulla sua pelle e proprio per questa vicinanza è in grado di restituire un racconto che possa essere riflessivo e attento senza cadere nella banalità. L’abilità di saper lavorare su temi così delicati senza mai essere superficiale viene premiato e apprezzato dalla critica, tanto che per La mafia uccide solo d’estate riceve il David di Donatello come regista esordiente e un Globo d’oro come miglior sceneggiatura. Inoltre, dal film è nata un’omonima serie televisiva, per la regia di Luca Ribuoli.
Ritorno al cinema
Alcuni anni dopo torna al cinema per raccontare un’altra storia nel film intitolato In guerra per amore, dove le vicende hanno come sfondo il dramma della Seconda Guerra mondiale e il momento dello sbarco americano in Sicilia. Pif decide di riportare la sua terra in primo piano, protagonista di un’altra storia. Anch’essa è una pellicola dai toni leggeri, che gli vale altri riconoscimenti, inseguendo così la scia del successo del suo primo lavoro cinematografico.
Non solo film
La sua sensibilità per i temi sociali più delicati e il suo interesse per il mondo politico permettono a Pif di spiccare nel mondo del cinema italiano e non solo. Negli ultimi anni ha confermato la sua abilità anche in altri settori, come quello della scrittura. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo romanzo intitolato …Che Dio perdona a tutti, per poi tornare nel 2019 sul grande schermo con Momenti di trascurabile felicità, pellicola nata dalla regia di Daniele Luchetti, che vede Pif nei panni del protagonista Paolo.
Dunque, la leggerezza di Pif fa nascere un sorriso: questo non significa che con i suoi lavori egli non sia in grado di dare spunti per riflessioni più complesse: ciò offre una chiave di lettura inaspettata, ma che, grazie alle novità che porta con sé, è in grado di far riflettere pur con un sorriso sulle labbra.