Elefanti asiatici: basta con i maltrattamenti!

Ricordate la triste storia di Dumbo? Un piccolo elefantino, separato dalla madre per i capricci degli esseri umani. Purtroppo per molti elefanti questo genere di sofferenze non è una favola un po’ triste, bensì una raccapricciante realtà. In diversi stati del Sud-Est asiatico, infatti, elefanti adulti e cuccioli vengono impiegati senza alcuna pietà come intrattenimento per i turisti – specialmente europei. Questo accade soprattutto in Thailandia; nonostante le numerose proteste degli animalisti c’è ancora molta strada da fare per tutelare questi bellissimi animali.

Gli elefanti asiatici, infatti, sono una specie a rischio estinzione, innanzitutto a causa del bracconaggio. A differenza dei loro cugini africani, hanno dimensioni minori, orecchie più piccole e tendenzialmente solo i maschi presentano le zanne. Purtroppo, però, l’avorio che si ricava da esse è ancora molto redditizio: rivenderne 1 kg al mercato nero cinese, il più ampio al mondo per questo genere di traffici, può fruttare circa $3.000 dollari statunitensi. Per questo, molti elefanti maschi vengono ancora oggi uccisi, generando, inoltre, un problematico squilibrio demografico nella specie.

Un’altra minaccia per i pachidermi è la scomparsa dell’habitat naturale, fortemente compromesso dal rapido aumento della popolazione umana e dalla conseguente estensione delle aree dedicate all’agricoltura. La deforestazione rende pertanto inagibili zone in cui questi imponenti animali hanno vissuto liberi per secoli. Secondo le stime dell’associazione World Animal Protection, in Thailandia oggi circa 2.800 grandi mammiferi purtroppo trascorrono la loro esistenza in cattività.

Gli elefanti asiatici hanno una corteccia cerebrale dotata di un’ampiezza notevole: non a caso, si tratta di animali estremamente intelligenti, in grado di imparare a svolgere molti lavori utili all’uomo, come il trasporto di merci pesanti. Per tale ragione, gli uomini hanno sempre sfruttato la loro forza, impiegando gli elefanti anche in guerra. Oggi, tuttavia, questi splendidi pachidermi sono minacciati soprattutto dal turismo irresponsabile. Vengono infatti sfruttati per performance di vario genere, insegnate con metodi crudeli che comportano l’utilizzo del gancio da toro, uno strumento di metallo usato per pungere le aree sensibili degli animali.

Inoltre, troppo spesso gli elefanti sono utilizzati dai turisti come mezzo di trasporto: cavalcare un pachiderma sembra un’esperienza accattivante, spacciata per tradizione dai locali, specialmente in Thailandia. Ma un elefante non è un cavallo. Questi mammiferi, nonostante la loro immensa mole, non dovrebbero trasportare carichi pesanti, né essere cavalcati, perché la loro spina dorsale (soprattutto quella dei cuccioli) è molto delicata. Per giunta, gli animali sfruttati per questi scopi sono spesso catturati in natura ancora piccoli; dopodiché vengono brutalmente separati dalle loro madri e subiscono un addestramento violento volto a renderli mansueti di fronte alla presenza umana.

Ha fatto scalpore un video, risalente a giugno 2020, nel quale un elefantino subisce il cosiddetto crushing, ovvero viene schiacciato tramite l’utilizzo di costringimenti fisici come corde e catene. Il filmato è stato reso noto dalla World Animal Protection, che da tempo si batte per i diritti degli elefanti. Questi crudeli addestramenti, spesso corredati con lunghi periodi di privazione di cibo e acqua, non urtano gli animali solo a livello fisico, a causa del dolore inflitto, ma affliggono gli elefanti per tutta la vita, per i traumi subìti e lo stress causato. Non dimentichiamo, infatti, che questa specie di mammiferi è molto intelligente ed è dotata di un’incredibile memoria.

Turisti che fanno il bagno con un elefante presso il santuario di Chiang Mai

Dunque, se dovessimo visitare la Thailandia, non potremmo in alcun modo avere contatti con gli elefanti? Falso: fortunatamente, infatti, esistono nel paese i cosiddetti santuari, dove gli elefanti che hanno subìto in passato dei maltrattamenti vengono portati per vivere in pace e tranquillità. Questi animali, infatti, difficilmente riuscirebbero a ritornare a vivere in natura. Per chi fosse interessato a una forma di turismo etico, vi sono molti santuari visitabili dove è possibile dare da mangiare agli elefanti, accarezzarli, giocare e fare il bagno con loro, senza però cavalcarli. L’interazione con gli elefanti avviene così all’interno del loro ambiente naturale, sotto il controllo degli addetti ai santuari.

La presenza di tali luoghi è certamente un modo per sensibilizzare i turisti stranieri rispetto al problema degli elefanti in Thailandia, ma anche per tutelare gli animali da ulteriori maltrattamenti. A causa della pandemia di Covid-19, per molti pachidermi la situazione purtroppo è peggiorata, perché in Thailandia circa 85 centri che ospitavano elefanti hanno dovuto chiudere: senza il turismo, non c’è guadagno, di conseguenza non ci sono i soldi per mantenere gli animali. Né le persone, dato che circa 5.000 dipendenti hanno perso il lavoro.

Turista che dà da mangiare ad un elefante presso il santuario di Chiang Mai

Molti elefanti sono stati costretti a percorrere diversi chilometri per ritornare, dai centri dove si trovavano, presso l’abitazione dei loro padroni. Altri, invece, sono stati impiegati nell’industria del legname per il trasporto della materia prima. La World Animal Protection ha quindi lanciato una petizione che chiede una soluzione a lungo termine a questa situazione, tramite la chiusura del mercato di elefanti e il divieto di riproduzione in cattività, al fine di preservare altri animali da un tragico destino. Queste le parole di Audrey Mealia, in rappresentanza dell’associazione animalista:

L’industria del turismo si è fermata a seguito di COVID-19, ma si ricostruirà: questa è l’occasione ideale per un futuro migliore. Chiediamo al settore turistico di rivedere le loro politiche sulla fauna selvatica e smettere di offrire esperienze di sfruttamento ai propri clienti.

Rimane però fondamentale che i turisti si informino adeguatamente prima della partenza. Questo vale ovviamente per ogni animale e per qualunque paese: non dimentichiamo che solo in questo modo le specie a rischio estinzione possono essere tutelate. Lo sfruttamento di specie selvatiche, oltre a causare sofferenza agli animali, mette infatti a rischio numerosi ecosistemi e ci mette di fronte al rischio di nuove pandemie, diffuse da animali che non dovevano essere allontanati dal loro habitat.

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Fotografie scattate e concesse da Anna Colombo [/one_half_last]

 

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