Tra pandemia ed elezioni americane, è sempre affascinante scoprire nuove scintille, nuovi artisti pronti a offrire il meglio di sé al mondo musicale. Oggi siamo orgogliosi di presentarvi Luca Floridi – in arte Floridi, appunto – che ha esordito lo scorso mese con il suo primo album È solo un momento no. A riguardo, l’artista afferma:
Siamo così, cupi e solari, pigri ed energici, falsi e veri, rabbiosi e dolci, passiamo anni a cercare di capire chi siamo, senza mai riuscirci nemmeno più di tanto. Questo disco è stata la mia panacea, il mio sfogo per comprendermi, la pacca sulla spalla di un amico, la consapevolezza che una cosa la devi fare prima per te stesso che per gli altri e che la felicità la si deve trovare dentro di noi, nelle cose che più amiamo.
Non è la prima volta, però, che Floridi si affaccia al panorama indie italiano: nel 2019 aveva fatto la sua bella figura con i singoli Una notte ubriaca e Maestro Zen, che gli hanno fatto guadagnare – e tenere per un bel po’ – un posto nella playlist Spotify “Scuola Indie“.
Un ottimo inizio, non c’è che dire. E visto l’interessante progetto È solo un momento no, possiamo essere sicuri che la buona stella di Luca gli stia sorridendo – e che il ragazzo sia da tenere d’occhio, decisamente. Scopritelo con noi nella nostra intervista!
L’intervista
Ciao Luca, piacere di poterti intervistare. Com’è iniziato il tuo percorso nella musica?
Ciao amici de «Lo Sbuffo», è cominciato tutto nel Natale 1995, la prima tastiera, le prime lezioni di pianoforte, il coro dei bambini della mia città… La musica mi è entrata dentro con prepotenza e non se n’è più andata. A quindici anni ho iniziato a cantare con le mie parole le prime delusioni d’amore, i primi passi falsi, mi resi conto di quanto fosse propedeutico per me scrivere e sfogare tutto quello che avevo dentro in una canzone. Dal 2012 al 2017 con la mia ex band (BetterPlace) abbiamo registrato due EP e suonato un bel po’ in giro per l’Italia. L’11 settembre 2020 è uscito il mio primo album da solista È solo un momento no.
Hai descritto È solo un momento no come la tua panacea. Ti va di parlarne?
Venivo fuori da un momento di grande delusione, non riuscivo più mettere al centro la musica, ero entrato in un turbinio emotivo che mi aveva allontanato dallo scrivere canzoni, suonare, ne sentivo la mancanza ma non riuscivo a reagire. Poi all’improvviso mi sono sbloccato ed è nato questo album, è stata la mia panacea, la mia terapia. Scrivere canzoni per me è una necessità, scrivere questo album è stata una salvezza.
Qual è il pezzo del disco a cui sei più affezionato? Che storia ha dietro?
Agosto è la canzone alla quale sono più legato affettivamente. Mi trovavo a Misano con un caro amico, mi ero portato la chitarra, si era da poco conclusa l’esperienza con la mia band, ero un po’ al perso. Il mese di Agosto rappresenta spesso l’apice del delirio estivo, delle nottate di stelle cadenti, delle cotte di una settimana, delle sbronze infinite, insomma uno di quei mesi che non vorresti finisse mai, ecco io e Elia non vedevamo l’ora che quel cazzo di mese finisse. Una sera di fine agosto così senza pensarci troppo ho riversato tutta quella frustrazione, quella rabbia nelle parole di questa canzone.
“Quasi quasi la invito a ballare / La guardo un po’ già mi guarda male / Ma scusa cosa avrei dovuto fare / Guardarti in faccia e poi lasciarti andare?” (Bosco). Effettivamente, preferisci agire e poi pentirtene o non agire per nulla?
Assolutamente agire per poi magari pentirmene.
Per cosa vorresti essere ricordato da chi ti ascolta?
Per essere riuscito a descrivere le loro emozioni raccontando le mie. È una sensazione fighissima quando qualcuno che ti ascolta ti scrive “la tua canzone mi fa commuovere perché sembra che parli di me”, cioè io onestamente quando leggo queste cose volo altissimo (ride). L’empatia non è una cosa così scontata, trovo che sia la chiave. Credo anche che l’empatia vada di pari passo con la verità (o almeno io la vedo così) quindi quando scrivo cerco sempre di essere onesto con me stesso e con chi mi ascolta, voglio essere ricordato per la verità dei miei testi.
Com’è nato È solo un momento no?
L’idea di uscire con un album si è concretizzata dopo l’incontro con la mia attuale etichetta, Labella Dischi. Abbiamo fatto squadra e lavorato al progetto, sono molto orgoglioso di quello che è venuto fuori.
C’è stato un momento particolarmente emozionante nella scrittura del disco? Parlacene.
Mi viene in mente quando ho iniziato a scrivere Magellano, ero a casa del mio videomaker, stavamo lavorando da ore al montaggio di un video e avevo bisogno di staccare la testa, in camera sua sopra il pianoforte digitale ha appesa la bellissima foto di Doisneau Bacio davanti all’hotel De Ville. non chiedetemi perché, ma mi sono totalmente focalizzato su quell’immagine, mi sono estraniato dalla realtà, ho cominciato a suonare a caso alcuni accordi e a scrivere di getto… Ne è uscito una canzone che mi emoziona ogni volta che la suono.
Nella tua musica vengono fatti riferimenti a luoghi come la Bretagna, l’Oriente, la più vicina Bologna. Prendi spesso ispirazione dai posti che visiti? Cos’è che, al momento, più ti dà ispirazione?
Trovo che tutte le immagini che si sovrappongono nelle mie canzoni siano merito della mia passione per i viaggi ed anche delle mie letture che spaziano molto, amo molto la letteratura sud Americana. In questo momento no per tutti, mi faccio dei viaggi mentali di un certo spessore, cerco di trovarla li la giusta ispirazione.
Qual è il brano di È solo un momento no che sei più impaziente di suonare in live?
Ho una voglia matta di suonare live Forse sì, è il pezzo un po’ più spinto dell’album. Abbiamo lavorato ad un arrangiamento live che spettina, non vedo l’ora…
Pensi che la musica in sé possa essere un modo per uscire da un “momento no”?
Senza la musica non so come avrei potuto affrontare questo periodo… Credo nel potere terapeutico delle canzoni. A presto, un abbraccio!
Materiale gentilmente offerto da RC Waves