Claude Monet, il pittore che ci insegna ad amare la natura

Un albero adorno di foglie, verdi, gialle, marroni, poi improvvisamente spoglio. Un fiume che scende, risale, oggi in piena, domani in secca. La natura è soggetta a continue trasformazioni in un simbolico luogo dell’anima dove tutto cresce e rinvigorisce. Così Claude Monet, con le sue pennellate rapide, morbide e abbreviate, ha inseguito la natura, facendone il suo atelier, dove cogliere e fermare l’istante della percezione.

Sono passati 180 anni dalla sua nascita, ma la sua attenzione premurosa nei confronti dell’ambiente è un monito per riflettere sulle nostre responsabilità del presente e del futuro. Scopriamo quindi 5 capolavori del maestro dell’impressionismo francese.

Donne in giardino (1866-67)

MonetLa pittura en plein air consente a Monet di catturare l’impressione della realtà e di restituire ciò che l’occhio vede. In questo caso l’artista ritrae quattro donne che si intrattengono piacevolmente in un giardino fiorito di una giornata estiva. La giovane in primo piano osserva i fiori che ha appena raccolto, mentre si ripara dal sole con un ombrellino da passeggio. Dietro di lei, le sue due amiche conversano tranquillamente.

Mentre una di loro annusa il mazzo di fiori che ha tre le mani, la quarta fanciulla, sulla sinistra, si appresta a cogliere dei fiori bianchi su un cespuglio. Così le silhouette delle donne si stagliano con armonia sulle varietà di rossi, gialli e verdi delle piante e dei fiori. Una composizione spontanea e sincera che sembra un’istantanea di un momento di vita quotidiana.

La Grenouillère (1869)

MonetLa Grenouillère, ristorante galleggiante sulla Senna e luogo di svago domenicale per i parigini, è un luogo prediletto per dipingere en plen air. Anche qui l’occhio del pittore funziona come un obiettivo fotografico. Coglie dunque i valori cromatici del soggetto prescelto e li restituisce sulla tela con la maggiore fedeltà possibile.

Un elemento naturale che si presta particolarmente all’elaborazione della tecnica impressionista è proprio l’acqua. L’instabilità e la mobilità della sua superficie increspata la rende teatro di mutevoli effetti di riflessione della luce. Le onde della Senna appaiono quindi in movimento, al punto da espandersi verso l’osservatore, oltre i limiti della cornice.

Impressione: levar del sole (1872)

MonetA cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Monet perfeziona la tecnica di rappresentazione impressionista. L’artista accosta rapidi tocchi di colore puro che fissano una percezione immediata della realtà. Lo dimostra lo sguardo del sol nascente sul porto di Le Havre, che l’artista cattura in quello che è riconosciuto come il manifesto della pittura impressionista.

La tecnica abbreviata non impedisce a Monet di arricchire il paesaggio di elementi suggestivi. Traspaiono così in lontananza navi attraccate al molo, magazzini, banchine, ma anche gru e ciminiere fumanti, che evocano i ritmi frenetici della nuova civiltà industriale. Particolari più evocati che descritti, che tendono a smaterializzare la realtà in un gioco di riflessi e di accostamenti cromatici.

La cattedrale di Rouen (1892-94)

All’inizio degli anni Ottanta invece, Monet incomincia a realizzare cicli di opere sullo stesso oggetto, riprodotto in varie stagioni dell’anno a differenti ore del giorno. Così il maestro parigino riesce a registrare sulla tela le variazioni cromatiche e visive, in condizioni atmosferiche e luminose sempre differenti tra loro.

Lavoro con una lentezza che mi fa disperare. Ma più continuo, più noto che bisogna lavorare molto per riuscire a restituire ciò che si cerca: l’istantaneità, soprattutto l’involucro, la stessa luce diffusa dappertutto e le cose ottenute d’un solo getto mi disgustano sempre di più.

La serie dedicata alla cattedrale di Rouen, che comprende trenta dipinti realizzati in diversi mesi dell’anno, denota il cambiamento di percezione di un soggetto nel tempo, rispetto alle variazioni di luce e di colore. Monet ci dimostra che il mondo che viviamo è figlio dell’inesorabile scorrere del tempo, e che ognuno di noi si affaccia alla realtà con schemi mentali soggettivi, che inevitabilmente influenzano la nostra percezione.

Le Ninfee (1897-1926)

Monet trascorre gli ultimi anni della sua vita a Giverny, dove continua a lavorare fino alla morte, nel 1926. Il tema prediletto sono le ninfee che ornano l’immenso giardino acquatico della casa, curato personalmente dall’artista. Monet riversa tutta la sua energia nella rappresentazione di questo angolo di paradiso, mettendone in evidenza il fascino e la poesia.

Nella serie Le Ninfee, composta 250 composizioni, il maestro supera i canoni della pittura impressionista e si postula come un profeta involontario dell’astrattismo del XX secolo. La sua pittura perde progressivamente contatto con l’oggettività della rappresentazione. Anche a causa di una malattia agli occhi che indebolisce la sua vista, le forme risultano sempre più indistinte tra loro e le pennellate più lunghe e sinuose rispetto al passato.

Pur essendo ancora legata ai dettami del naturalismo, la lezione di Monet ha spianato la strada alle sperimentazioni delle avanguardie del primo Novecento. Come portavoce della modernità, è forse l’artista che più di tutti ha amato la natura, cercando di cogliere l’attimo fuggente e di rappresentare solo ciò che l’occhio è in grado di capire. Fino a dimostrare che non è necessario descrivere fedelmente la realtà per arrivare alla sua essenza.

Buon Compleanno Claude Monet!


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