Quando sulla parità di genere aleggia troppo ottimismo

È possibile misurare la portata di un problema, basandosi sulla percezione che le persone hanno di questo? La risposta è no, in particolare se parliamo di discriminazione di genere.

I dati parlano chiaro, nel Gender Equality Index 2019, stilato dall’Istituto europeo per la parità di genere, l’Italia ha registrato il punteggio più basso d’Europa alla voce “lavoro”. Il tasso di occupazione delle donne, che è del 53%, risulta inferiore del 20% rispetto a quello degli uomini. Di questo 53%, il 33% lavora part-time, mentre tra gli uomini la percentuale di lavoratori part-time è del 9%. Questi numeri sono mortificanti, ma descrivono una realtà di cui spesso non ci rendiamo conto.

Le risposte al nostro sondaggio

Secondo un sondaggio condotto dalla nostra redazione, alla domanda “Pensi che femmine e maschi abbiano le stesse opportunità lavorative?”, il 24,7% ha risposto “si”. In particolare, il 28% ritiene che uomo e donna abbiano le stesse possibilità di raggiungere posizioni dirigenziali. Addirittura, la metà dei partecipanti sostiene che uomo e donna abbiano le stesse opportunità in ruoli non dirigenziali. Cosa dimostrano questi numeri? Che almeno un quarto delle persone che hanno risposto, hanno una visione decisamente ottimista della parità di genere nel mondo del lavoro. I dati dell’ISTAT, infatti, dipingono una realtà molto diversa, come dimostra questa tabella:

Composizione degli occupati per genere e inquadramento. Fonte: ISTAT – Sistema Informativo I.Stat
Il gender gap in Italia è del 18%

Un’altra voce che il Gender Equality Index prende in considerazione è quella relativa alla situazione economica tra uomo e donna. Anche in questo caso l’Italia registra un punteggio più basso rispetto alla media europea. Il divario maggiore è quello che riguarda il salario. Secondo l’Eige, le donne guadagnano il 18% in meno degli uomini e il gap diventa più ampio al crescere del livello di istruzione. I numeri sono davvero poco incoraggianti, eppure alla domanda “Esiste un divario tra il salario medio di un uomo e quello medio di una donna, a parità di mansioni?” solo il 25% ha affermato che l’uomo guadagna circa il 20% in più della donna.

Le uniche risposte che rispecchiano i dati reali sono quelle relative alla gestione degli impegni famigliari. L’85% dei partecipanti al sondaggio sostiene che impegni come figli o parenti anziani da accudire siano più discriminanti per la donna che per l’uomo. Questa percezione rispecchia effettivamente la realtà. Sempre secondo l’Eige, in Italia sono principalmente le donne ad occuparsi della cura dei famigliari. Per quanto riguarda la gestione dell’ambiente domestico poi, il divario tra uomo e donna è addirittura del 60%.

Una visione troppo ottimista del problema

Dopo questa carrellata di numeri appare subito evidente che in tema di parità di genere siamo piuttosto ottimisti. Percepiamo una situazione più rosea di quella che in realtà stiamo vivendo. Da cosa è dato questo ottimismo? Forse dalla forte riduzione che il gender gap ha subito nel nostro Paese negli ultimi quindici anni. Dal 2005 ad oggi, infatti, l’Italia è salita di dodici posizioni nella classifica del Gender Equality Index e il suo punteggio è cresciuto di 13,4 punti. Questo è un dato molto positivo e ci dice che il punteggio italiano sta crescendo più velocemente rispetto alla media Europea.

La crescita positiva degli ultimi quindici anni non deve però trarre in inganno. È vero che il gap tra uomo e donna si sta riducendo più velocemente rispetto agli altri paesi europei, ma l’Italia rimane comunque al di sotto della media europea per quanto riguarda la parità di genere. Ogni giorno ognuno di noi si confronta con una società che non è a misura di donna. Per rendersene conto non è necessario leggere documenti e statistiche chilometriche, basta guardarsi attorno. Ogni volta che una donna viene stereotipata, inquadrata nel suo ruolo di moglie o madre, è lì la radice di tutto.

La situazione non è rassicurante neanche a livello mondiale. Il Word Economic Forum ha stimato che per colmare definitivamente il gender gap globale ci vorrebbero circa 257 anni. Il trend positivo degli ultimi anni, infatti, sta subendo una battuta d’arresto. Il rallentamento è dovuto soprattutto alla diffusione di nuove professioni, in particolare quelle che richiedono competenze tecnico-scientifiche, in cui la donna è poco rappresentata.

Lo stereotipo della donna come moglie e madre

Per tornare al nostro sondaggio, alla domanda “Una donna dovrebbe dare priorità al suo ruolo di madre/alla sua famiglia, piuttosto che alla sua professione?”, il 25% si è dichiarato d’accordo. Inoltre, quando abbiamo chiesto se una donna in gravidanza è una spesa per il datore di lavoro, il 30% ha risposto “si”. È da qui che parte il problema, dalla perpetuazione di un doppio standard di giudizio tra uomo e donna. Un doppio standard che non solo è profondamente discriminatorio, ma è anche dannoso a livello economico. La McKinsey & Co, società di consulenza strategica, sostiene infatti che “uno scenario di piena parità fra i sessi, in termini di accesso al mercato del lavoro, porterebbe nel 2025 ad avere un PIL globale annuo superiore di 28 trilioni di dollari, pari al +26%”.

Tirando le somme, emerge un dato curioso. Da un lato, è diffusa una percezione ottimista del problema delle disuguaglianze di genere. Dall’altro lato, però, sono altrettanto diffuse quelle convinzioni da cui le disuguaglianze traggono fondamento. In sostanza, non si può che riconoscere che il problema è molto più grande e complesso di quanto in realtà venga percepito. Ci si auspica che prima o poi caschi il velo di Maya mostrando a tutti la realtà dei fatti: la disparità di genere è un problema enorme, urgente e riguarda ognuno di noi.

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