Più passano gli anni, più gli artisti non devono pensare solo ai testi o alle melodie dei propri brani. La copertina dell’album è importante perché deve catturare l’attenzione. Le foto da pubblicare sui social hanno lo scopo di suscitare interesse e i videoclip sono ormai parte integrante delle canzoni. Quindi, l’immagine e l’estetica hanno assunto un ruolo fondamentale nell’industria musicale. Tuttavia, talvolta si arriva a “casi limite” in cui al cantante in questione viene richiesto un personaggio basato principalmente sul suo corpo e su un atteggiamento spiccatamente sensuale: ecco che l’ipersessualizzazione diventa così protagonista della musica pop.
In generale, si parla di sessualizzazione quando l’aspetto esteriore e sessuale costituiscono l’unico filtro con cui si guarda una persona. Viene ignorato ciò che pensa, ciò che avrebbe da dire e ciò che la differenzia dalle altre. La sua attrattiva è ridotta al solo fatto di incarnare un modello che susciti attrazione fisica.
Quando bisogna andare oltre alla musica
L’argomento dell’ipersessualizzazione nella musica pop è particolarmente complesso. Infatti, si può correre il rischio di fraintendere alcuni concetti, come quello di sensualità, sessualità e persino il tema del femminismo. Ciò che si riscontra sempre più spesso nel mondo musicale è che i brani da soli non bastano più. L’inizio di tutto questo risale alla nascita del videoclip ma con il tempo quest’ultimo è passato dall’essere uno strumento di fruizione della canzone al diventare il vero protagonista. Non stupisce, perché da anni la società dell’immagine si è consolidata e con gli odierni mezzi di comunicazione la fa da padrona.
Che un pezzo sia bello o brutto non importa poi molto. Allo stesso modo passano in secondo piano la melodia, l’arrangiamento e persino se l’artista in questione sappia realmente cantare. Insomma, i brani da soli non bastano. Si sente l’esigenza di creare un personaggio, uno in grado di colpire e scioccare. Diverse case discografiche e manager s’impegnano ogni giorno a modellare involucri di questo tipo che non trasmettono nessun messaggio, ma solo una visione.
L’ipersessualizzazione femminile sul panorama musicale
A settembre 2020 ha fatto scalpore una dichiarazione rilasciata da Noel Gallagher. Il cantante ha dichiarato di aver visto in diretta la cerimonia degli MTV Music Awards e di essere rimasto colpito da un commento fatto da suo figlio durante l’esibizione di Miley Cyrus. Infatti, il ragazzino di 9 anni gli ha chiesto come mai inquadrassero solo le gambe dell’ex Hannah Montana. In un’intervista al Daily Star, Gallagher ha detto:
Le donne sono sessualizzate per colpa dell’America, la cultura britannica non lo farebbe mai. Questa roba viene tutta dall’America: una cultura infantile e idiota.
Effettivamente, l’esigenza di creare a tutti i costi un personaggio alle pop star più o meno emergenti riguarda soprattutto le donne e l’industria discografica americana. Le cantanti devono essere strabilianti non soltanto dal punto di vista vocale, ma ancora di più dal punto di vista fisico ed estetico.
La stessa regista Gina Prince-Bythewood ha riscontrato questo fenomeno mentre faceva delle ricerche per il suo film Beyond The Lights.
Sono stata molto fortunata perché ho potuto parlare con un po’ di artiste che sono state molto oneste con me. Alcune hanno combattuto contro la spinta dell’ipersessualizzazione e altre hanno ceduto. È stato prezioso sentire quelle cose e il modo in cui certe di loro hanno combattuto. È là fuori, sta accadendo ancora e ancora, quindi la vera domanda è perché e che cosa possiamo fare per cambiare la situazione.
Un fenomeno che dura da anni
Quando una cantante è in grado di scegliere in maniera autonoma che cosa indossare e come comportarsi sul palco, allora ci troviamo di fronte alla libertà di espressione. Si pensi a Madonna negli anni Ottanta e Novanta, nei diversi episodi che sconvolsero “la pudica opinione pubblica” tanto da bandire la popstar dal Vaticano. Dietro a quelle provocazioni c’era l’idea di musica pop dell’artista. Tuttavia, da diversi anni a questa parte, tale libertà è molto spesso un’utopia. Guardando i videoclip delle più famose canzoni degli ultimi vent’anni, si nota come il comune denominatore sia evidente, ai limiti dell’ossessione: il “perfetto” connubio tra corpo e sesso. Questo aspetto va oltre al video. Infatti, anche molti testi sono ricchi di allusioni di natura sessuale, come se questo dovesse essere l’unico – o almeno il prevalente – argomento della musica pop contemporanea.
L’immagine che molte delle artiste più celebri offrono può prendere due direzioni. Da una parte si ha la donna forte, messa in evidenza da coreografie con altre ballerine su note scattanti, che ha potere sul suo partner. Questo ruolo è solo all’apparenza moderno perché ricade sotto quell’etichetta di bad girl che di nuovo non ha proprio niente. Dall’altro lato, invece, si trovano interpreti che ricoprono lo stereotipo vero e proprio di ragazza in balia del compagno che ha accanto. In ogni caso, tutto ciò si presenta con look che lasciano davvero poco spazio all’immaginazione fino arrivare anche ai casi “estremi” di semi nudità com’è successo per il video scandalo di Miley Cyrus e la sua Wrecking Ball.
La stessa cantante ha dichiarato nel 2017 di come si sia resa conto solo successivamente di come certe proposte che aveva inconsapevolmente accettato costituissero un via libera all’ipersessualizzazione del suo corpo:
A un certo punto, la mia vecchia immagine è diventata qualcosa che ci si aspettava da me. Non volevo presentarmi ai servizi fotografici come la ragazza che avrebbe tirato fuori le tette e la lingua. All’inizio lo facevo come per dire «Fanc*lo, le ragazze dovrebbero poter avere la loro libertà e tutto il resto». Poi, però, sono arrivata a un momento in cui mi sono sentita davvero sessualizzata. […] Io voglio essere solo me stessa.
L’inversione di marcia dell’ultimo periodo
In molti sostengono che le voci fuori dal coro delle regole non scritte della musica pop esistano ma che vivano al di fuori del mondo dello spettacolo più mainstream. In realtà, non è così. Sul panorama pop internazionale si sono sempre contraddistinte delle cantanti che hanno voluto scindere la propria immagine dalle canzoni. Un nome tra tutti? Adele.
Non ci sono scuse: l’artista inglese ha battuto negli anni record su record a livello di vendite e ascolti. Ha vinto un Oscar, ha cantato nelle più prestigiose venue in giro per il mondo e ha continuato a raccogliere consensi anche durante i suoi lunghi momenti di pausa dalle scene. Con i suoi abiti ampi, le acconciature un po’ retrò e un trucco per niente marcato, Adele è probabilmente il primo grande esempio di questo secolo di come sia possibile essere pop e avere un vasto seguito di ascoltatori senza essere costretta a stacchetti che lei non vuole fare o a look che lei non vuole indossare.
La risposta sicuramente più attuale all’ipersessualizzazione nella musica pop consiste in Billie Eilish. La cantante di Los Angeles ha fatto una proposta artistica così controcorrente da ottenere il risultato contrario, ovvero quello di entrare a pieno diritto nell’Olimpo del pop contemporaneo. Billie racconta nei suoi brani i temi scomodi e tendenzialmente poco popular. Va dal suicidio e dalla depressione a storie di universi distopici fino a testi con i punti di vista di criminali psicopatici, come in Bellyache. Siccome siamo nella società dell’immagine non possiamo non osservare anche quella che lei presenta in pubblico. Su ogni red carpet sfila con vestiti larghi dalle tinte mimetiche, senza nessuna acconciatura stravagante se non fosse per la tinta verde dei suoi capelli.
Billie è l’esempio moderno di una voce talmente fuori dal coro che ha fatto unire sotto la sua egida tutti coloro che prima avrebbero potuto sentirsi outsider. L’artista americana non rinnega chi esprime la sua femminilità nel modo “più tradizionale”, ma si considera la portavoce di chi non riconosce se stessa in quell’estetica.
Un caso ancor meno studiato: la sessualizzazione maschile
Chi pensa che l’ipersessualizzazione nella musica pop esista solo dalla prospettiva femminile sbaglia. Questo fenomeno è evidente anche per i cantanti anche se il ruolo in questo caso è rovesciato. Se le donne si dilettano in balletti in abiti succinti nei loro videoclip, gli uomini interpretano quel ruolo ormai diventato secolare del macho. Vestiti di tutto punto, sono loro a essere contornati da ballerine, una controparte senza storytelling che perché si limita spesso a guardare in camera con fare più o meno ammiccante. Un esempio lampante in questo senso è Blurred Lines di Robin Thicke. Lui in giacca e cravatta si destreggia in un gruppo di ragazze che, a differenza sua, hanno lo scopo di attirare l’attenzione del pubblico maschile di cui si sta esaltando la prospettiva.
Harry Styles e Achille Lauro contro l’ipersessualizzazione maschile
Fortunatamente, anche in questo senso, stanno arrivando sempre più risposte in antitesi. L’idea di una popstar che esprime la propria virilità ammiccando a delle ballerine avvenenti inizia a non piacere più alle nuove generazioni. Quest’ultime apprezzano icone maschili che vivono la loro sessualità senza etichette o ruoli da ricoprire.
Ecco che così spiccano nomi come quello di Harry Styles o Achille Lauro, che sono diventati simbolo di fluidità e apertura,
Proprio lui che nei primi anni della sua carriera ha dovuto subito e affrontato continui commenti da parte di giornalisti e non solo che lo dipingevano come un latin lover. Lo stesso Styles ha ammesso come la sessualizzazione nei suoi confronti l’abbia messo spesso a disagio. Come via di fuga rispetto a essa, ha messo in atto un distacco quasi totale dai social network, tenendo la sua vita privata come tale e parlando di sé solo attraverso la sua musica. Così come bisognerebbe tornare a fare in generale nel mondo della musica pop.