Lucciole: l’estinzione è imminente

Secondo il rapporto IPBES (la Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi creata dalle Nazioni Unite) del 2019, circa un milione di specie, tra animali e vegetali (tra cui le lucciole), sarebbero a rischio estinzione per colpa dell’uomo. Facciamo ancora troppa fatica a ricordare che non viviamo soli su questo pianeta: la tutela della biodiversità spesso passa in secondo piano di fronte alle nostre necessità (o capricci?).

Una delle notizie più recenti riguarda appunto l’imminente estinzione delle lucciole. Si tratta di un problema già notato da tempo, tanto che già nel 1975 Pier Paolo Pasolini accennava ad una loro diminuzione nella sua raccolta Scritti Corsari. Tuttavia, risale a febbraio di quest’anno lo studio condotto dai ricercatori della Tufts University (Stati Uniti) in collaborazione con l’International Union for the Conservation of Nature (IUCN), nel quale emerge l’urgenza di salvaguardare le lucciole, pesantemente colpite dalle attività antropiche.

Molti bambini, oggi, non le hanno nemmeno mai viste. Fino a qualche decennio fa, invece, era normale, passeggiando in una calda notte estiva lontano dai centri abitati, notare la presenza di una folta moltitudine di puntini luminosi che svolazzavano, regalando all’ambiente un aspetto fatato. Oggi, però, la magia è finita. Nello studio vengono infatti evidenziate le cause della drastica diminuzione del numero di lucciole negli ultimi anni. In maniera più o meno rilevante, sono tutte correlate all’uomo.

La perdita dell’habitat naturale: senza ombra di dubbio, è questa la minaccia più critica per la sopravvivenza delle lucciole nella maggior parte delle regioni geografiche. Ad esempio, la Pteroptyx tener, tipica della Malesia, vive solamente sulle mangrovie. Peccato che queste piante siano state progressivamente sostituite da piantagioni di palme da olio e allevamenti di acquacoltura. Ovviamente, la popolazione delle lucciole ne ha risentito, diminuendo notevolmente in breve tempo. A questo proposito Sara Lewis, la ricercatrice che ha guidato lo studio della Tufts University, afferma:

Molte specie di animali selvatici stanno diminuendo perché il loro habitat si sta restringendo. Alcune lucciole vengono colpite particolarmente duramente quando il loro habitat scompare perché hanno bisogno di condizioni speciali per completare il loro ciclo di vita.

Anche il rapido sviluppo urbano toglie alle lucciole molti spazi dove vivere. La crescita delle città ha portato poi all’inquinamento luminoso, un problema comune a livello globale. La luce notturna, cresciuta esponenzialmente negli ultimi decenni, destabilizza i bioritmi naturali di molte specie. Inoltre, i lampiridi (nome tecnico delle lucciole) nella stagione amorosa sfruttano il fenomeno della bioluminescenza, ovvero la capacità di emettere luce attraverso particolari reazioni chimiche, nel corso delle quali l’energia chimica viene convertita in energia luminosa.

Pure le larve sono luminescenti; tuttavia, negli adulti l’emissione luminosa è connessa al corteggiamento: in molte specie, il maschio della lucciola emana ritmicamente segnali di luce, così da attrarre la femmina, la quale, se interessata, risponde con frequenze differenti. La presenza di numerose luci artificiali, però, confonde le femmine, perché diventa sempre più difficile per loro riconoscere i segnali luminosi dei maschi da quelli delle nostre lampadine. Ciò ovviamente interferisce con il rituale di accoppiamento e, in seguito, con la riproduzione.

Un’ulteriore complicazione che mette a rischio questi animali è data dall’uso eccessivo di pesticidi, il quale non danneggia solo la nostra salute, ma anche quella di molti insetti non nocivi per l’uomo. Questo accade con alcuni insetticidi, come gli organofosfati e neonicotinoidi, tecnicamente progettati per colpire solo parassiti; ma nella pratica non è così. L’esposizione ai pesticidi avviene in gran parte durante le fasi larvali, che per le lucciole possono durare anche due anni, nel corso dei quali esse vivono sottoterra o sott’acqua.

In tutto il mondo, vi sono circa duemila specie di lampiridi. Alcune sono più deboli, come la lucciola blu (Phausis reticulata): la femmina di questa specie non può volare, e dunque spostarsi lontano, pertanto è destinata all’estinzione. Altre, come la le lucciole di Big Dipper (Photinus pyralis), negli Stati Uniti, sono più robuste e hanno molte probabilità di sopravvivere anche qualora il loro habitat naturale dovesse scomparire, perché hanno grandi capacità di adattamento.

Ma perché preoccuparsi così tanto di questi piccoli insetti luminosi? La questione non riguarda soltanto il fatto che le nostre nottate estive potrebbero essere meno piacevoli a causa della loro assenza. Tutelare le lucciole vuole dire preservare la biodiversità del nostro territorio: stiamo minando le basi del nostro habitat, distruggendo ecosistemi, e lo facciamo dimenticando che le nostre risorse sono limitate.

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