Tradotto da Giacomo Cuva e recentemente pubblicato in Italia da Fazi Editore, L’ultima nave per Tangeri di Kevin Barry è uno dei finalisti del Man Booker Prize. È un romanzo di un’ironia amara e rara, indaga i misteri dell’amore e della vita in generazioni diverse e distanti, con un pizzico di thriller e una spolverata di Samuel Beckett. Dalla particolarità dei dialoghi, all’attesa costante, dal climax inesistente ai flashback di una vita che sembra non essere neanche la stessa, Kevin Barry con L’ultima nave per Tangeri regala un’assurdità unica.
Si siedono vicini sulla panchina. Con loro il dolore di una vita. La pena. Sono di nuovo alla deriva fra i ricordi.
Trama
Maurice Hearne e Charlie Redmond sono due uomini irlandesi, di mezza età, e si trovano all’estremo sud spagnolo, al porto di Algeciras. Aspettano. Si guardano intorno. Sono alla ricerca di Dilly, la figlia di Maurice (o di Charlie, ma un po’ di tutti e due). I due uomini si conoscono da sempre e condividono un passato tormentato e buio: sono stati trafficanti, si sono fatti di eroina, hanno avuto fortuna e sfortuna nello spaccio e sono dovuti scappare e nascondersi, hanno bevuto tanto e hanno amato (e tradito) Cynthia. Entrambi.
Maurice e Charlie sono ormai due uomini lontani dal mondo criminale, con pochi soldi in tasca: degli strani personaggi ora ben noti nel proto di Algeciras dove sono, semplicemente, in attesa. Aspettano Dilly. La stanno cercando. Intanto pensano a tutto ciò che è successo nelle loro vite.
Riflessioni
Flashback e dialoghi fanno da protagonisti in questa particolare narrazione di un’attesa infinita. Gli eventi avvengono tra 1994 e il 2018, ma sembra quasi non esserci né un’inizio né una fine. Potrebbe non risultare troppo facile entrare a capofitto nel labirinto delle battute senza molta punteggiatura o indicazioni che non siano le parole stesse pronunciate dai protagonisti. Una volta, però, che si entra nel racconto, che sia stato veloce o travagliato l’ingresso, bisogna prestare bene attenzione ad ogni piccolo dettaglio, perché si nasconde lì la vera storia.
I protagonisti sono due e nessuno prevale sull’altro. Maurice e Charlie vengono piano allo scoperto nel corso delle pagine attraverso i racconti del passato che li hanno visti legati nel bene e nel male. Aspettando Dilly, o aspettando piuttosto di arrivare ad una pace con il passato, Maurice e Charlie scavano tra i ricordi con un’ironia amara e non si capisce mai se siano amici o rivali, se si vogliano bene davvero o si sono semplicemente trovati a restare insieme in quell’attesa e nella vita che l’ha preceduta.
Insomma, ai nostri tempi eravamo una coppia tremenda. Selvaggi. Oh, cosa non abbiamo combinato. E giravano soldi a palate, il che complicava tutto. È lì che la vecchia amica cupidigia viene a fare toc toc.
Erano degli uomini violenti e sicuri, ora sono nostalgici e incerti. Aspettano Dilly o aspettano la morte, aspettano la fine della storia.
Non è l’odio la risposta all’amore; la risposta all’amore è la morte.
Nei racconti del passato, i due protagonisti si svelano nelle loro fragilità e debolezze, con malinconia ed ironia, con l’humour irlandese che permette loro di affrontare il presente, la realtà.
Parlano dell’avanzare dell’età e della morte. Parlano di quelli che hanno incrociato e di quelli che hanno aiutato, dei loro primi amori e degli amori perduti, dei nemici e degli amici. Parlano dei giorni andati a Cork, e a Barcellona, e a Londra, e a Malaga, e nella città fantasma di Cadice.
Due semplici uomini in attesa, invecchiati e stanchi, malinconici e deboli e un romanzo che, più che raccontare la loro storia, lascia a loro il compito di descrivere la vita nei suoi angoli fondamentali. L’unica luce è Dilly, ma lei viaggia da sola: in testa dei dreadlocks e alle spalle esperienze di malavita, scappa verso Tangeri, che il lettore attende fin dal titolo del romanzo. Quando arriva, Dilly sparisce. E noi, così come Maurice e Charlie, non possiamo sapere niente della sua vita. Così la lasciamo scappare, come le aveva consigliato la madre prima di morire. Intanto ci sediamo sulla panchina al fianco di Maurice e Charlie, ancora lì, nell’assurdità dell’attesa, della malinconia della vita.
Kevin Barry, L’ultima nave per Tangeri, traduzione di Giacomo Cura, Fazi Editore, 2020
Copertina