Il 16 ottobre scorso la Francia è stata sconvolta dalla decapitazione di Samuel Paty, quarantasettenne professore a Conflans-Sainte-Honorine, piccolo comune a nord di Parigi.
L’omicida di Paty non è un suo studente o una persona legata all’ambiente scolastico. È un diciottenne ceceno, Abdoullakh Anzorov, in Francia dal 2008, venuto a conoscenza della lezione del professore grazie ai social network. Una studentessa infatti aveva raccontato al padre il contenuto della lezione tenuta dal professore sulla libertà d’espressione. Il padre della ragazza si era indignato, condividendo sui social uno dei video dell’autoproclamato imam Abdelhakim Sefrioui, già noto alle forze dell’ordine, mentre inveiva contro il professore. È a questo punto che Anzorov è venuto a conoscenza del discorso di Paty.
L’immagine è il limite alla libertà d’espressione?
Nel gennaio del 2015 milioni di cittadini francesi scesero in piazza per denunciare gli attacchi a Charlie Hebdo, “colpevole” di aver utilizzato una satira troppo pesante nei confronti di Maometto. Cinque anni dopo la Francia è nuovamente sconvolta e sono ancora le immagini ad indicare il presunto limite massimo della laicità.
Se manifestare in piazza in ricordo di Samuel Paty è stato necessario, è altrettanto necessario prendere una posizione netta nei confronti di quanto successo. In primo luogo, scrive il direttore di Le Monde, serve smettere di credere che i conflitti nati all’interno della scuola debbano essere risolti tra le mura degli istituti. Non secondario inoltre è l’uso degli strumenti digitali, che in quest’epoca amplificano a dismisura ogni evento e discorso. Il professore in questione è stato infatti vittima di calunnia e linciaggio online. A questo punto, l’opinione pubblica pretende che il sistema scolastico francese si riformi, smettendo di mandare allo sbaraglio gli insegnanti. Lo Stato, conclude Fenoglio, deve garantire che in Francia nessuno muoia più per l’insegnamento.
A Samuel Paty è stato dedicato un omaggio nazionale in Sorbona alla presenza di tutte le massime autorità politiche. Il Presidente Macron ha parlato di Paty come dell’ “insegnante diventato il volto della Repubblica e della libertà”. Lo ha descritto come il professore “assassinato perché aveva deciso di insegnare ai suoi alunni a diventare cittadini, a capire le libertà per poi esercitarle”. Il discorso del Presidente ha cercato di colpire il cuore dei presenti, senza rivolgersi mai direttamente al colpevole: “Difenderemo la libertà che voi insegnate così bene e porteremo alto il laicismo. Non rinunceremo alle caricature, ai disegni, anche se altri indietreggiano.”
Riformare l’islam radicale: il progetto di Macron
Il ministro dell’interno Gérald Darmanin ha dichiarato di voler portare avanti un’offensiva contro l’islam radicale nel Paese. A rincarare la dose è intervenuto il ministro della pubblica istruzione, Jean-Michel Blanquier, che ha parlato di “complicità intellettuale con il terrorismo”. Egli ha fatto riferimento ad un diffuso “islamo-gauchismo” tra gli ambienti universitari. Accusa fuori luogo e respinta puntualmente al mittente dalla conferenza dei rettori, che ha affermato con chiarezza come l’università sia un luogo di dibattito e costruzione dello spirito critico.
Il Presidente Macron da tempo lavora ad un progetto di legge volto a risolvere alla radice il problema del separatismo islamico interno alla Francia. L’obiettivo è evitare la formazione di una “società dentro la società” che veda nel fondamentalismo islamico il principio dominante.
Risulta difficile tuttavia fare una divisione chiara e netti tra i militanti islamici e i fedeli. Pur sottolineando l’errore derivato da un’assimilazione tra le due categorie di persone, Macron ammette la responsabilità politica nel processo di ghettizzazione urbana dei cittadini di religione musulmana.
La proposta di Macron si sofferma anche sull’insegnamento. Egli vorrebbe imporre la fine dell’istruzione a domicilio e l’introduzione dell’insegnamento della lingua araba all’interno delle scuole. Questo è un provvedimento che mira a facilitare il dialogo interculturale e rompere il monopolio legato all’insegnamento di questa lingua, ad oggi appresa solo nei centri religiosi islamici.
Farhad Khosrokhavar è un sociologo iraniano e dal 1998 è direttore di ricerca dell’EHESS, école des hautes études en science sociale, di Parigi. Egli spiega come l’interpretazione francese della laicità abbia paradossalmente “aiutato” la radicalizzazione: “La maggioranza si sente presa di mira, la laicità diventa una sorta di simbolo del dominio neo- coloniale e una negazione della loro dignità”. I musulmani di Francia ad oggi rappresentano oltre il 10% della popolazione totale e la maggior parte di questi vede come discriminatorio il nuovo progetto di legge. Questo clima non fa altro che alimentare odio e diffidenza nei confronti del mondo arabo ed islamico, creando così l’atmosfera favorevole per l’insorgere di nuovi attentati.
“Francia sotto attacco”
Il 29 ottobre la Francia è stata di nuovo scossa da un attentato. Un uomo, armato di coltello, ha fatto irruzione nella cattedrale di Nizza uccidendo tre persone. Ferito dalla polizia, l’uomo è stato portato in ospedale. I testimoni della scena hanno raccontato di come l’uomo avesse urlato “Allahou akbar” prima di commettere gli omicidi. Il sindaco di Nizza e il Presidente Macron hanno entrambi definito l’attacco come un attentato terroristico di matrice islamica. Il presidente ha poi annunciato l’invio di nuovi dei soldati nell’ambito dell’operazione “Sentinelle”, il cui scopo è proteggere scuole e luoghi di culto; si tratta 7000 soldati in tutta la Francia.
“In Francia non c’è che una comunità, quella nazionale. Dobbiamo restare uniti e non cedere allo spirito di divisione”; queste sono state le prime dichiarazioni di Macron in seguito al terribile evento. Ha ribadito inoltre come la Francia sia stata attaccata, vocabolario che rimanda ad uno scenario di guerra. In questi casi però è fondamentale comprendere e identificare il nemico, come riporta Anthony Samrani su «Internazionale». Il rischio è infatti quello di relegare ai margini l’intera comunità musulmana (molto corposa in Francia), offrendo così ancora più motivazioni per la radicalizzazione.
FONTI:
Anthony Samrani , Gli errori della Francia nei rapporti con l’Islam. Internazionale numero 1382, pp. 43 – 44
Internazionale, Nessuno deve più morire d’insegnamento, J. Fenoglio, numero 1381, pp. 32