Nei sogni un po’ macabri, ogni tanto può comparire quella donna dalle grosse narici e gli occhi demoniaci. Acquattata nel buio, in attesa di acchiappare qualche bambino e trasformarlo in un topo o in una statua di pietra. Sembrerebbe la descrizione di un incubo dal quale liberarsi, e invece le pagine di Roald Dahl rimangono per i lettori un ricordo eccitante e indelebile. Il suo celebre romanzo, intitolato Le streghe, è un racconto travolgente e penetrante, adatto sia a grandi che piccini. A distanza di quasi trent’anni, ha ispirato il film The Witches, in uscita questo Halloween in tutte le sale italiane.
Nelle fiabe le streghe portano sempre ridicoli cappelli neri e neri mantelli, e volano a cavallo delle scope. Ma questa non è una fiaba: è delle STREGHE VERE che parleremo.
Come è evidente, è proprio lo stesso Dahl, sin dall’incipit, a sottolineare quanto il suo romanzo – tradizionalmente catalogato nella “narrativa per ragazzi” – non sia solo una semplice fiaba. A prestarvi attenzione dovranno essere anche gli adulti, se desiderano preservare la vita dei loro figliuoli dalla malvagità delle vere streghe. Non si tratta, cioè, delle vecchiette delle fiabe, sdentate e a cavallo di una scopa malandata. Le vere streghe vivono nel mondo reale e sono perfettamente somiglianti a signore eleganti e rispettabili. Nonostante mascherino la loro vera identità partecipando ad associazioni benefiche come la “Società per la protezione dell’infanzia maltrattata”, in realtà il loro unico scopo è eliminare ogni bambino dalla faccia della terra.
Una VERA STREGA odia i bambini di un odio così feroce, furibondo, forsennato e furioso, da non poterselo immaginare. […] Il suo più grande divertimento è farli fuori ad uno ad uno; non pensa ad altro. […] Quando passa al tritacarne un ragazzino, è soddisfatta come noi quando mangiamo fragole con panna.
I lettori di Dahl, ragazzini dai 10 ai 14 anni circa, sono solitamente abbastanza grandi da comprendere che gli scenari descritti nel libro non sono in realtà davvero possibili. Eppure, la macabra ipotesi del romanzo, sorretta anche dalle sfuggenti illustrazioni di Quentin Blake, ha la capacità di catapultare il lettore in uno stato di inquietudine tale da credere veramente, per un attimo, nell’esistenza di questi esseri spaventosi. Dietro ogni donna qualunque – la cassiera del supermercato, la vicina di casa o la maestra delle elementari – può celarsi una creatura demoniaca, capace di trasformare bambini in lumache, topi o qualsivoglia oggetto, per poi nascondere impeccabilmente le prove del misfatto. Come non provare almeno un brivido di terrore?
Roald Dahl: uno scrittore sessista?
Molti critici hanno visto ne Le streghe una trasposizione dei sentimenti anti-femministi comunemente (e sconsideratamente) attribuiti a Roald Dhal. D’altronde, è lo stesso autore a specificare che “Le streghe sono tutte donne”: ma è questa una ragione sufficiente per additare il romanzo come un’opera sessista?
Puntare il dito contro Le streghe accusandolo di sessismo, basandosi solo sulla costatazione che le demoniache protagoniste del libro condividono le fattezze di belle donne, è una semplificazione raffazzonata, che non tiene conto di alcuni fondamentali aspetti. In primo luogo, è risaputo che il termine “strega” sia riportato singolarmente nella tradizione, senza un corrispettivo maschile che ne inglobi precisamente le caratteristiche. E infatti:
Non voglio parlar male delle donne. In genere sono adorabili. Ma tutte le streghe sono donne: è un dato di fatto.
D’altra parte, i vampiri e i lupi mannari sono invariabilmente uomini. E nessuno si è mai sognato di definire Dracula – ad esempio – come un’opera sessista.
In secondo luogo, Dahl rimarca ripetutamente la peculiarità di questi esseri diabolici: non si tratta di donne autentiche, nonostante comunichino e si comportino esattamente come loro. Le streghe sono creature completamente diverse, demoni in forma umana che con le donne condividono soltanto pochissime fattezze esteriori. Le sue creazioni, a dirla tutta, rappresentano la parodia dello stereotipo femminile: all’apparenza sono donne estremamente rispettabili, che si vestono in maniera elegante e offrono dolcetti ai bambini. Sotto la superficie, invece, odiano proprio tutte quelle costrizioni estetiche a cui solitamente le donne sono tenute a sottoporsi nella società patriarcale. Si costringono ad indossare scomodissimi tacchi a punta, soffrendo terribilmente; curano nei minimi dettagli il proprio look per omologarsi alle altre donne; dispensano sorrisi falsi e gentilezze anche quando dentro di sé vorrebbero soltanto urlare. Insomma, le streghe di Dahl rappresentano, con una buona manciata di black humor, quello stereotipo di femminilità subordinata, frustrata e arcaica che tutti, grandi e bambini, dovrebbero voler finalmente estirpare.
Alla luce di questo, si può argomentare che lo scrittore non intendesse beffarsi delle donne in quanto tali, ma, piuttosto, delle falsificazioni a cui la società spesso le costringe. Sebbene, secondo certi cliché, ci si aspetti che le donne aderiscano a determinati stereotipi – come la maternità, la cura di sé, la gentilezza – non è detto che rispettare tali caratteristiche sia una garanzia di qualità. E forse l’incompreso messaggio di Dahl era esattamente questo: diffidare dalle apparenze, perché è proprio dietro di esse che, spesso, si nascondono i mostri peggiori.
Roald Dahl, Le streghe, Salani Editore, 2000.