Come qualsiasi disciplina artistica, anche la storia della musica è trapuntata di pietre miliari. Ogni genere e qualsiasi epoca hanno le loro icone, capaci di avere introdotto stili e atmosfere differenti attraverso le loro canzoni. Se si pensa agli anni Sessanta e Settanta, non può non venire in mente il nome di Joni Mitchell, ancora oggi una delle più grandi chitarriste e cantautrici dello scorso e di questo secolo. Nel 1971, l’artista canadese ha pubblicato quello che ancora oggi resta un capolavoro. Si tratta dell’album Blue e delle sue dieci tracce, tra cui spicca la meravigliosa A Case Of You.
Al pari di tutti i grandi brani di successo, A Case Of You è un brano che non si dimentica. Può non essere trasmesso di frequente in radio e, allo stesso modo, potrebbe non essere scelto come hit di sottofondo nei programmi televisivi mainstream, ma ciò non toglie che il pubblico di ogni età sia ancora in grado di riconoscere una vera perla musicale quando ne sente una. Infatti, questa canzone di Joni Mitchell si è vista catapultata nel presente durante l’attuale versione di X Factor. Una giovane diciassettenne, Elisa, in arte CASADILEGO, ha calcato il palco del celebre talent portando proprio A Case Of You. Con qualche giro di chitarra e una voce soave, ha fatto rinascere la magia.
La musica a colori di Joni Mitchell
Il sound delle canzoni di Joni Mitchell è inconfondibile. Big Yellow Taxi, Both Sides Now, River e California fanno parte dei suoi brani più conosciuti, dove si possono rintracciare le linee guida del suo stile e della sua ricerca musicale. Non passa inosservata la sua costante combinazione delle melodie e dei testi con la pittura. Come lei stessa ha dichiarato, la pittura risulta una costante nella sua vita. Nei periodi di poca creatività nel mondo delle sette note, Joni dedicava animo e corpo alla stesura dei colori su tela. Questo procedimento le permetteva di dare forma a sentimenti ed emozioni, che trovavano poi concretezza anche in musica.
Se Goethe sosteneva che l’arte musicale e la pittura fossero impossibili da mettere a confronto, nel caso di Joni Mitchell questo accostamento è, però, necessario. Diversi musicisti con cui ha collaborato hanno riferito come, per dare indicazioni su come desiderasse i suoi suoni, utilizzasse i colori come metafore. Tra questi, spicca il blu. La scelta dell’artista canadese ricorreva spesso su tale tinta perché voleva creare una sorta di scenario. Questo sfondo le serviva per proiettarvi ogni sorta di disagio psicologico o di problema relazionale. Nella sua storia si susseguono episodi di questo tipo, a partire da quando appena ventiduenne dovette dare in affido la figlia, conosciuta solo trent’anni più tardi.
Il blu, colore per eccellenza della malinconia, divenne emblema di quello che ancora oggi è il suo album più celebre. Al suo interno, si trovano canzoni senza veli, che non temono la sincerità e la fragilità.
Blue: l’album dell’interiorità di Joni Mitchell
Nel 1979, a 8 anni dall’uscita del disco, la cantautrice rivelò a «Rolling Stone»:
Nell’album “Blue” non c’è una sola voce disonesta nel testo. In quel periodo della mia vita, non avevo difese personali. Mi sentivo come l’involucro trasparente di un pacchetto di sigarette. Mi sentivo come se non avessi assolutamente alcun segreto nei confronti del mondo e non potessi fingere di essere forte. O felice. Tuttavia, il vantaggio di tutto ciò in musica è stato questo: nemmeno lì ci sono difese.
Con queste parole Joni ha descritto quello che davvero è uno degli album più onesti esistenti, anche per molto tempo è stato mal interpretato. La genesi di Blue risale al 1970, quando la Mitchell si prese una breve pausa dalle scene e visitò diverse mete europee. Ognuna di queste fu segnata da incontri e da conclusioni burrascose delle sue storie d’amore. Sebbene queste vicende abbiano avuto un impatto sulla composizione testuale e musicale dell’artista, il disco presenta un tema ben più ampio e articolato. Si tratta di quel malessere, spesso senza volto e senza nome, che serpeggia nella vita quotidiana. A questo fil rouge, si aggiunge l’analisi delle vicende personali di Joni che portano in dure ammissioni di colpa. In questo clima malinconico, colpisce il suo costante anelito per la libertà e la sua ricerca romantica della felicità, nonostante essa appaia impossibile da raggiungere.
L’amore etereo e sublime raccontato in A Case Of You
L’apogeo della visione di Joni Mitchell in quel periodo lo si trova in A Case Of You. Se nel brano Blue e in The Last Time I Saw Richard cantava di un amore solo “concreto”, nella penultima traccia dell’album il focus evidenzia una transizione in senso quasi mistico.
L’amore carnale fa capolino solo all’inizio, nel verso «Just before our love got lost», che ne indica già subito la conclusione. Successivamente, la Mitchell descrive il potere che questo sentimento ha su di lei in termini religiosi, paragonandolo al vino della comunione e facendo sembrare questo amore molto più profondo di una normale avventura. Non manca il consueto riferimento alla pittura, dove si capisce la coerenza della cantautrice nella sua combinazione tra arte e musica.
Oh I am a lonely painter
I live in a box of paints.
Oltre al testo particolarmente originale, la melodia soave e delicata incanta chiunque l’ascolti. La voce di Joni Mitchell si snoda per tutto il brano con un intimismo senza pari. Le armonie che crea tra i bassi e gli acuti colpiscono per la loro gracilità e, al tempo stesso, per la loro perfezione. Il riff di chitarra si dipana in modo insolito, sorprendendo l’ascoltatore con il suo sviluppo mai scontato.
Date queste premesse non c’è stupirsi del fatto che A Case Of You e Joni Mitchell riescano a ottenere consensi anche dai giovanissimi di oggi mentre guardano un talent show in prima serata. Quando si è di fronte a una canzone nata dal profondo dell’anima e a un’artista non restia a mostrare la sua essenza, nasce la magia. A differenza di quanto venga dimostrato oggi, i capolavori in qualsiasi disciplina sono frutto di fragilità, onestà e assenza di veli. E tutto ciò, non smetterà mai di incantare.
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