Ci trovassimo in Germania – patria del vocabolo composto – esisterebbe già una parola per definire lo sconforto che prende quando una serie tv delude le ferventi aspettative, dopo averle alimentate per lungo tempo. Solo che in Germania non ci sarebbe forse bisogno di inventarla, questa parola. Perché negli ultimi anni il circuito produttivo tedesco ha saputo ben riorganizzarsi, diventando uno dei migliori d’Europa. Lo stesso, cioè, che si pensava stesse per accadere in Italia, soprattutto con l’ingresso di Netflix nel mercato audiovisivo. Invece, a cinque anni dal suo arrivo, il bilancio è assai meno positivo. Non solo la svolta definitiva che ci si aspettava non è ancora avvenuta, ma l’operato di Netflix Italia ha alimentato uno scetticismo diffuso e sempre più forte nei confronti delle sue nuove produzioni.
Il percorso di Netflix Italia, in breve
L’arrivo di Netflix sul mercato italiano, il 22 ottobre 2015, fu accolto con un misto di curiosità da parte del pubblico e preoccupazione da parte dei suoi potenziali concorrenti. La percezione piuttosto chiara a entrambe le parti, però, era che la strategia di Netflix – all’epoca basata sulla produzione di serie tv di qualità e su di una libertà creativa non concessa dalla televisione tradizionale – avrebbe provocato un importante cambiamento.
In termini di numeri, in questi cinque anni Netflix Italia ha seguito più o meno la stessa crescita ottenuta dall’azienda a livello globale. Secondo i dati dello scorso aprile, solo nell’ultimo anno il numero di nuovi utenti paganti è raddoppiato, superando i 182 milioni di iscritti in tutto il mondo. Di questi, gli utenti italiani sono circa 2 milioni, ma alcune ricerche stimano che durante il lockdown dovuto al coronavirus potrebbero essere diventati il doppio. (È difficile che Netflix rilasci volentieri dati più specifici sul suo andamento.)
In fatto di contenuti, dal 2017 Netflix Italia ha rilasciato 17 produzioni originali: otto film, quattro speciali di stand-up comedy e cinque serie tv. A questi si aggiunge la co-produzione della quarta stagione di SKAM Italia, che Netflix ha salvato dalla cancellazione, come spesso ha fatto con altri titoli.
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Gli aspetti positivi
Proprio quest’ultimo punto mostra come la presenza di Netflix sul mercato italiano si sia rivelata meno dannosa per i suoi concorrenti di quanto previsto in partenza. La stessa strategia globale dell’azienda consiste nel creare legami con le realtà produttive locali, investendo nei loro progetti in cambio dei diritti di distribuzione. In Italia Netflix ha stretto un accordo con Sky e avviato una collaborazione con Rai e Mediaset, con vantaggi per entrambe le parti. Da un lato Netflix ne co-produce o distribuisce i contenuti, e può così rimpolpare e diversificare con bassi costi il proprio catalogo; dall’altro Rai e Mediaset si assicurano un introito in più e una maggiore circolazione dei propri contenuti.
Tuttavia si tratta di un rapporto nel quale Netflix ha finora mantenuto una posizione di superiorità. Il che le ha consentito di seguire le proprie regole e introdurre una velocità e una regolarità produttiva che un po’ mancavano al mercato italiano.
Ilaria Castiglioni, manager delle serie originali italiane di Netflix, ha detto che l’azienda ha portato due novità importanti. La prima è il maggior peso del produttore creativo, cioè la figura che tiene le fila di tutte le fasi del progetto e ne garantisce così la coerenza. La seconda è che, nella scelta dei progetti, la storia ha la priorità sui nomi coinvolti.
Inoltre Netflix è famelica di progetti dal potenziale globale, e perciò ne garantisce da subito il finanziamento. Questo metodo, ha detto Castiglioni, ne fa un punto di riferimento stabile per gli sceneggiatori ancora poco conosciuti o impegnati in progetti sperimentali. Ma soprattutto, ha un effetto motivante, poiché consente loro di dedicarsi soltanto alla storia senza più preoccuparsi di trovarle uno sbocco sul mercato. Il problema, però, è che per ora la qualità dei contenuti originali prodotti da Netflix Italia non sembra riflettere questo cambiamento.
I problemi
Per quanto riguarda le serie tv, la linea seguita fin qui da Netflix Italia è ben precisa. Fatta eccezione per Suburra – la sua prima produzione – le altre serie originali sono molto simili. Si tratta di storie per adolescenti, con squadre creative giovani, interpreti poco conosciuti e confezioni visivamente accattivanti. Ciò le rende perfette per la strategia social di Neflix, che coinvolge anche serie simili prodotte per altre realtà locali, come la spagnola Élite.
A dispetto della loro apparente freschezza, tuttavia, queste serie si trascinano molti dei vizi radicati nel sistema produttivo italiano. La questione non si lega certo al genere e nemmeno all’inesperienza di attori e creatori. Da tempo esistono serie tv per adolescenti di ottima qualità anche se scritte da autori giovani e interpretate da volti perlopiù sconosciuti (come SKAM). L’impressione, piuttosto, è che i progetti di Netflix Italia siano partiti da idee tutto sommato valide e curiose, ma si siano persi in una realizzazione poco scrupolosa.
Castiglioni ha spiegato che “più una storia riesce a essere radicata nel territorio e più risulta vera nelle intenzioni e nella narrazione”. In effetti tutte le serie prodotte finora – ossia Baby, Summertime e Curon – hanno tentato di trattare le loro ambientazioni come veri personaggi. Ma gli sceneggiatori le hanno piegate alla propria visione del mondo, anziché osservarne le dinamiche reali e sfruttarle a livello narrativo. A ciò si aggiunge poi il prevalere di una scrittura molto semplicistica, una regia spesso didascalica e interpretazioni non sempre fluide. Si comprende così la ragione per cui nessuna di queste serie sia riuscita a farsi percepire come autentica, soprattutto dal suo stesso pubblico di adolescenti.
Su questi fattori pesa infine la comunicazione spesso fuorviante con cui Netflix è abituata a promuovere i propri contenuti. L’esempio migliore è il caso di Baby. Nel 2018 fu presentata come un dramma criminale sulla prostituzione minorile, ispirato a un noto caso di cronaca. La serie si rivelò invece un teen drama ben più semplice e ingenuo, che spiazzò il pubblico e indispose la critica.
Certo, bisogna considerare che rispetto ad altre co-produzioni italiane (come L’amica geniale, I Medici, The Young Pope), queste serie hanno avuto a disposizione budget più modesti. Ma esistono realtà – quella africana in particolare – nelle quali Netflix è riuscita a produrre contenuti ben fatti pur partendo da risorse economiche e artistiche minori.
Il futuro
In questi suoi primi anni Netflix Italia si è concentrata sulle serie tv per adolescenti per due semplici motivi: il genere era abbastanza trascurato dal mercato italiano e molto gettonato tra le proposte degli stessi sceneggiatori. Tuttavia delle sue prossime produzioni solo una rientra nel genere: si tratta di Zero, una serie soprannaturale creata dallo scrittore Antonio Dikele Distefano.
Per il resto, Netflix sembra essere proiettata verso il dramma puro. Tra le produzioni in corso ci sono infatti Fedeltà e La vita bugiarda degli adulti, tratte dai rispettivi romanzi di Marco Missiroli ed Elena Ferrante. In quest’ultimo caso un elemento incoraggiante è la supervisione dell’autrice, che esige uno stretto controllo sulla trasposizione delle sue opere.
L’obiettivo, ha detto Castiglioni, è raddoppiare il numero delle serie italiane entro il 2020. In questo modo Netflix arriverebbe a produrre dieci titoli all’anno, rispetto ai cinque attuali. L’intenzione di puntare su risorse artistiche perlopiù giovani e poco conosciute resta invece invariata. Infine due fattori potrebbero avere un forte impatto sul futuro di Netflix Italia: la scelta di aprire una sede a Roma; e la recente nomina di Eleonora Andreatta – ex direttrice di Rai Fiction – a vicepresidente delle serie originali italiane.
In particolare, resta da capire se questi cambiamenti possano portare anche a un miglioramento delle serie già uscite. (Solo Suburra ha finora corretto con efficacia le proprie incertezze iniziali.) I numeri di visualizzazione sono piuttosto buoni, infatti. Ma pian piano c’è da grattare via l’etichetta non proprio lusinghiera di piccoli piaceri proibiti.
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