Classe 1997. Varesina per nascita, Livia Chiffi è una giovane illustratrice, che dà vita alle proprie emozioni tramite Lil, un progetto nato più di tre anni fa e in costante crescita. Noi de Lo Sbuffo l’abbiamo incontrata. Anche se purtroppo, visto il periodo, solo virtualmente.
Parlaci un po’ di te. Chi è Livia Chiffi?
Mi chiamo Livia, e ho studiato comunicazione. Mi sono laureata a marzo e adesso sto studiando Editoria di Moda in Statale a Milano.
Ho iniziato, nel 2017, a pubblicare i miei lavori su Instagram in maniera abbastanza randomica, quindi senza alcuna pretesa o progetto di fondo. Non credevo minimamente che potessero essere apprezzati da qualcuno, né tanto meno ci speravo. Nel corso degli anni mi sono accorta che i miei lavori piacevano e che il mio profilo Instagram cresceva. Questa cosa mi ha spinto parecchio a buttarmi in maniera più sicura in questo progetto.
Nel settembre del 2017 ho registrato il mio marchio, che è appunto Lil, il nome con cui firmo i miei lavori. Ho iniziato a vendere delle stampe e delle mie illustrazioni. Sono molto contenta di come sta andando questa cosa perché è un progetto nato casualmente, in cui però mi rivedo parecchio.
Cos’è, o meglio Chi è una Lil?
Faccio fatica a definirla come un qualcosa o come un qualcuno. Lil è semplicemente il mio modo di dare forma a un’idea. Tutto quello che penso, immagino e vivo dentro di me, nel momento in cui devo riportarlo concretamente su carta o su qualsiasi altro supporto, per me ha quella forma. È semplicemente la forma di quello che io immagino, vedo, sento e vivo nella mia vita.
Ognuno, poi, può interpretarlo come preferisce. In fin dei conti, quando lo si vede su Instagram, Lil diventa poi il mio personaggio; senza colore della pelle, con i capelli in un certo modo, una struttura del viso ben definita. Quello è il personaggio Lil, ma non credo esista né una persona né una cosa con cui si possa definirlo. È, appunto, la concretizzazione delle mie idee.
Quali tecniche utilizzi per dar vita alle tue illustrazioni?
Lavoro sia su carta che in digitale. Inizialmente lavoravo su carta, quindi con una semplice penna a inchiostro nero, matita e sfumino. Con il tempo, poi, iniziando a lavorare con Lil, mi è parso necessario professionalizzarmi un po’. Il digitale è un modo molto più professionale e adatto per i tipi di lavori che svolgo e per i clienti che solitamente mi contattano. Lavoro con iPad Pro su Procreate, un’applicazione apposita per il disegno.
Non ho una preferenza tra il digitale e la carta, semplicemente hanno due rese diverse. Li reputo necessari entrambi in maniera diversa, in base ai momenti in cui mi trovo a disegnare.
Ho notato che quasi tutte le Lil hanno gli occhi chiusi. Come mai?
Sono solita a disegnare gli occhi chiusi, perché gli occhi chiusi lasciano di fatto un non detto. Io non amo imporre il significato che un’illustrazione ha per me a qualcun altro. Nel momento in cui condivido il mio lavoro con qualcuno, a parer mio, questo non è più esclusivamente di mia proprietà. In qualche modo diventa autonomo. Può essere letto e immaginato da altri in mille modi diversi rispetto al mio.
Io non sono una persona che ama raccontare il perché è nato un determinato lavoro. L’occhio chiuso mi aiuta in questo, perché evita un contatto diretto con chi guarda e un’imposizione di significato. Allo stesso tempo, l’occhio chiuso rappresenta uno po’ uno sguardo rovesciato, uno sguardo dentro di sé, una volontà a mantenere dentro di sé il segreto di quell’illustrazione, piuttosto che esporlo a tutti.
Ti senti ispirata a qualcosa in particolare?
Le ispirazioni sono sempre molto difficili da definire. Di fatto, l’ispirazione non è un qualcosa di cui ci si rende totalmente conto. Non so dirti se mi ispiro a qualcuno o a qualcosa. Sicuramente, nel momento in cui disegno, l’ispirazione deriva da un mio ragionamento. E questo può nascere da una foglia, da una canzone, da un discorso con qualcuno, da un’osservazione, da un luogo…
Solitamente, è l’elaborazione di un pensiero che ho analizzato nel tempo, che poi prende la forma di un’illustrazione.
Qualche volta, ti senti un po’ Lil?
Non mi sento un po’ Lil, io sono Lil. Come ti dicevo prima, le mie illustrazioni sono semplicemente la mia immagine e il modo in cui io rendo su carta le mie idee, i miei pensieri e la mia emotività. Quindi, io sono assolutamente Lil, la rappresentazione più sincera e reale di me.
Durante il tuo percorso, è nato uno shop online dove poter acquistare le tue creazioni. Ce ne vuoi parlare?
Ho creato uno shop perché avevo necessità di vendere le mie illustrazioni. Quando semplicemente le pubblicavo su Instagram, chi mi seguiva ha iniziato a chiedermi di poter acquistare le mie stampe. Quindi, ho aperto uno shop online. Oggi è su Big Cartel, e vi si accede tramite il mio profilo Instagram. Oggi vendo sia prodotti fatti a mano, ad esempio shopper dipinte e quadernetti, che le mie stampe o degli adesivi illustrati.
Stai lavorando a qualche progetto futuro? (Se si può dire)
Sto lavorando, più che a qualche progetto futuro, al mio futuro con Lil. Quindi sto lavorando al progetto di Lil, che è molto complesso e difficile da definire in un’unica direzione. Nascendo sui social non è totalmente libero da questa dimensione digitale e allo stesso tempo lo è. Bisogna un attimo capire che strada fargli prendere.
Nei miei progetti futuri c’è sicuramente una collezione di abiti dipinti a mano. Questa è una cosa a cui tengo molto, e che sto cercando di realizzare con tutta me stessa.
Sei molto giovane. Dove ti vedi tra dieci anni?
Questa domanda non può avere una risposta. Io non mi vedo neanche domani da qualche parte. Penso, comunque, a lavorare al mio progetto, portando avanti quello che di giorno in giorno sento essere la cosa giusta da intraprendere. Secondo me, non è la scelta giusta fare dei programmi o porsi degli obiettivi così a lungo termine. Bisogna sempre porsi degli obiettivi che possano essere realizzabili e impegnarsi perché questi si realizzino. Soprattutto bisogna farlo seguendo realmente quello che si vuole. Quello che voglio oggi potrebbe non essere quello che voglio domani.
Tra dieci anni spero, però, di aver trovato una direzione per questo mio progetto. Questa è una cosa che mi preme.