Anche l’occhio vuole la sua parte. No, non siamo in una puntata di Masterchef dove Chef Barbieri fa le pulci all’impiattamento delle pietanze preparate dai concorrenti. L’estetica del piatto non è solo una prerogativa degli chef. Molti pittori si sono ispirati al cibo, mettendolo al centro della propria arte con un’attenzione minuziosa ai dettagli in tutte le loro sfaccettature. Dalle nature morte di Caravaggio ai mangiatori di patate di Van Gogh, vi presentiamo di seguito 5 quadri da mangiare con gli occhi, dove il cibo fa da padrone. Pronti ad avere l’acquolina in bocca?
Canestra di frutta, Caravaggio
Tra le nature morte della storia dell’arte, questa è sicuramente tra le più famose. La Canestra di frutta di Caravaggio, realizzata nel 1599, è oggi conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Sebbene l’opera conservi un senso di monumentalità, dato dalla composizione centrale e simmetrica, è la prima volta che la natura diventa protagonista nella sua corruzione.
In epoca classica – non lontana da Caravaggio – la natura e le cose dovevano essere rappresentate al meglio. Immortalate nella loro perfezione. Qui però tutto si può dire tranne che la frutta sia in perfetto stato. Le mele sono bacate, i chicchi d’uva secchi, le foglie avvizzite e ricoperte di macchie. Il significato nascosto dietro a questo quadro studiato nei minimi dettagli è la caducità della vita, il tempo che passa e non risparmia. D’altronde, come diceva Dorian Gray «Beauty fades with time» e questo, ahimè, vale anche per la frutta.
I mangiatori di patate, Vincent Van Gogh
È risaputo che Van Gogh si avvicinò alla pittura per testimoniare una profonda difficoltà e tragicità interiore. La sua è un’arte realistico-sociale che denuncia le terribili conseguenze dello sfruttamento economico e dell’emarginazione delle classi più povere. I mangiatori di patate rappresenta quindi un’immagine di vita quotidiana, un vero quadro contadino, dove una povera famiglia consuma un semplice piatto di patate alla luce timida di una lucerna ad olio.
I personaggi non hanno alcuna aspirazione alla ricchezza, anzi, sono orgogliosi della loro umile posizione sociale. Vengono ritratti in tutta la loro rozzezza, con i quotidiani vestiti da lavoro. Sono impegnati nel più comune dei riti familiari: «chi preferisce vedere i contadini col vestito della domenica faccia pure come vuole».
La colazione dei canottieri, Pierre-Auguste Renoir
Quando è in gioco la rappresentazione di tranche de vie, gli impressionisti sono i numeri uno. La colazione dei canottieri rappresenta un pranzo al ristorante La Fournaise a Chatou lungo le rive della Senna. Il cibo offre un motivo di aggregazione e di unione tra le persone. L’atmosfera è leggiadra, conviviale, rallegrata dal tepore del pomeriggio caldo e soleggiato che si intravede nello scorcio oltre la vegetazione. La tavola è ricca di avanzi del pasto, quasi a voler alludere a una moderna natura morta che spicca sul bianco della tovaglia ricca di riflessi tipicamente impressionisti.
Il mangiafagioli, Annibale Carracci
Un altro capolavoro tutto italiano che esemplifica il binomio cibo-arte è Il mangiafagioli di Carracci, realizzato tra il 1584 e il 1585 e conservato nella Galleria di Palazzo Colonna a Roma. Come ne I mangiatori di patate, la scena è probabilmente ambientata in una taverna, vista l’assenza di ornamenti e lussi. Il pittore bolognese riesce perfettamente nell’intento di riprodurre una scena quotidiana, fotografando lo stupore dell’uomo nell’atto di mangiare un piatto di fagioli, cipolle e funghi.
L’effetto sorpresa è accentuato dalla bocca spalancata, dal cucchiaio sospeso e dalla mano sinistra che afferra la pagnotta, quasi in un gesto istintivo di difesa. Con un soggetto semplice e popolano, Carracci voleva superare le artificiosità delle opere dell’epoca e ristabilire un contatto diretto con la realtà.
Minestra in scatola Campbell’s, Andy Warhol
Anche il maestro della Pop Art ha saputo trasformare il cibo in arte. Come dimenticare le immagini iconiche dei suoi barattoli di zuppe in scatola della Campbell’s o delle bottiglie di Coca Cola? Attraverso il meccanismo della ripetizione seriale, Warhol sfrutta le tecniche della cultura di massa per proporre una comunicazione più moderna, efficace e incisiva. E lo fa strizzando l’occhio al mondo della pubblicità, elogiando un mondo in cui il cibo unisce luoghi e culture, senza differenze di classe.
FONTI
G. Bora, G. Fiaccadori, A. Negri, I luoghi dell’arte, vol. 5, Mondadori, Milano, 2010.