Il legame tra arte figurativa e musica ha sempre caratterizzato la storia delle pratiche artistiche, assumendo forme diverse a seconda degli specifici contesti storico-culturali. Si parte dalle allegorie della musica illustrate in pittura, passando per le nature morte con strumenti musicali, fino ad arrivare alla nascita di una corrente pittorica geneticamente legata alla musica (l’astrattismo di Kandinskij). In tutte le sue sfaccettature, la correlazione tra arte e musica è sempre stata molto forte.
Scavando quindi all’interno della storia delle immagini si potrà individuare un profondo legame tra arte figurativa e musicale. Questo rapporto, però, è da intendere in senso bilaterale. Ovvero, così come l’arte ha subito l’influenza della musica, allo stesso modo anche la musica trova spesso ispirazione nell’arte, nei dipinti e nelle vicende biografiche degli artisti.
Frequentemente, cantanti, musicisti e cantautori si rivolgono alla storia dell’arte, trovando in questa gli stimoli per la propria produzione musicale. La storia dei cantautori italiani, da questo punto di vista, è ricca di interessanti aneddoti relativi a canzoni ispirate al mondo dell’arte figurativa.
Domenico Modugno e Marc Chagall
Era il 1958 quando Domenico Modugno vinceva il Festival di Sanremo, cantando a braccia aperte Nel blu dipinto di blu. Con un gesto poeticamente liberatorio, quasi a voler sancire simbolicamente la rinascita di un’Italia ferita dal periodo post-bellico, il cantautore consegnava agli ascoltatori quella che sarebbe diventata una delle canzoni più amate dagli italiani, nonché una tra le più importanti della storia della musica leggera, vincitrice di due Grammy nel 1959 come “canzone dell’anno”.
Che relazione può esserci, però, tra Modugno e Chagall? Nella canzone si parla di un sogno in cui il protagonista si dipinge “le mani e la faccia di blu” e incomincia a “volare in un cielo infinito”, libero da qualsiasi riferimento terrestre.
Certamente la tematica del volo può essere stata in parte influenzata dal periodo storico. Quelli erano infatti gli anni in cui URSS e USA cominciavano a darsi battaglia per la conquista dello spazio. Risale infatti al 1957 il lancio di Sputnik 1. Ma l’ispirazione che sta alla base di questa pietra miliare della canzone italiana ha ben altre origini.
L’atmosfera onirica della notte
Nel blu dipinto di blu fu composta a quattro mani da Modugno e dal paroliere Franco Migliacci, il quale dichiarò di aver scritto il testo della canzone ispirandosi in particolare al dipinto di Chagall Le coq rouge dans la nuit del 1944.
A ben vedere, in effetti, esistono delle forti analogie tra il contenuto della canzone di Modugno e l’opera di Chagall. Oltre al tema cromatico del blu che domina il dipinto fungendo da sfondo notturno, un altro elemento comune è sicuramente dettato dall’atmosfera onirica e quasi fiabesca che pervade le due opere caricandole di poesia e leggerezza. In entrambe poi troviamo la presenza di una figura femminile negli occhi della quale “il mondo pian piano scompare…”, come scrive Modugno.
È curioso peraltro che nel dipinto si trovi raffigurato uno strumento musicale che sembra intonare quella “musica dolce che suona” in quel “cielo trapunto di stelle”.
Vinicio Capossela e Amedeo Modigliani
Restando sempre nell’ambito del cantautorato italiano, un altro autore ad aver omaggiato l’arte con la canzone è Vinicio Capossela. In particolare, il riferimento va al suo pezzo Modì, inciso nel 1990. Contenuta nell’album omonimo, essa è dedicata a uno dei maggiori pittori italiani del primo Novecento: Amedeo Modigliani.
Evocandolo con il diminutivo Modì, quasi rivolgendosi a un vecchio amico o impersonando la sua amata Jeanne Hébuterne, Capossela ci racconta attraverso le sue strofe il tormento di un pittore dannato e maledetto. Un uomo che dalla piccola Livorno si trasferì nella grande Parigi degli anni ’10, per trovare la redenzione del suo spirito irrequieto.
Ed è qui che Modigliani diventa il pittore che tutti conosciamo. È a Parigi che conosce Picasso, Gertrude Stein e si avvicina a quel primitivismo tipico delle avanguardie degli anni ’10. Qui il suo animo bohémienne trova l’ispirazione e dà forma a quei “volti strani” dagli “occhi senza età” che costituiscono, insieme alla sinuosità delle figure, i tratti distintivi della sua pittura.
Modì come uomo
Ma nella canzone Capossela ci parla sopratutto dell’uomo Modigliani, piuttosto che dell’artista. Colui che si innamora di Jeanne Hébuterne, sua amata e musa, che brancola tra le strade brumose costeggiate dai “vetri appannati dei bar” della Parigi anni ’10, senza tuttavia riuscire a trovare pace al suo animo turbolento e morendo alla giovane età di 35 anni.
La canzone di Capossela, abile nell’identificarsi con la figura di Jeanne e nel rendere l’umanità dell’artista, è dominata da un sentimento malinconico che traspare tanto sul piano strumentale, quanto su quello testuale. Attraverso il nostalgico suono di una fisarmonica immerge l’ascoltatore nell’atmosfera artistica della Parigi di quegli anni. L’abilità sta nell’evocare i colori, i suoni e le sfumature emotive che percorrevano lo spirito di un artista come Amedeo Modigliani.
Si adagia la sera
su tetti e lampioni
e sui vetri appannati dei bar
e il freddo ci mangia
la mente e le mani
e il colore dell’ambra dov’è?
FONTI
V. Sgarbi, Il Novecento. Volume 1. Dal Futurismo al Neorealismo, La Nave di Teseo