Tutti l’hanno sentita almeno una volta, magari in televisione in occasione di una visita ufficiale oppure semplicemente a una partita di calcio. L’inno nazionale francese, meglio noto come “Marsigliese”, è uno dei più antichi d’Europa. Un inno nato dalla Rivoluzione francese, sopravvissuto a due guerre mondiali, sul quale a lungo si è discusso a causa della crudezza di alcuni suoi versi.
Allons enfants de la Patrie Avanti, figli della Patria
Le jour de gloire est arrivé! Il giorno della gloria è arrivato!
Il nome dell’inno deriva dal fatto che a cantarlo per la prima volta furono i fédérés, ovvero i volontari della Guardia Nazionale, provenienti da Marsiglia e diretti a Parigi con l’obiettivo di assaltare il Palazzo delle Tuileries, dove si trovava il re. Il suo nome originale era però Chante de guerre pour l’Armée du Rhin (Canto di guerra per l’Armata del Reno) e pare fosse stato composto nel 1792 da un ufficiale dell’esercito francese, Claude Joseph Rouget de Lisle, che l’avrebbe dedicato al bavarese Nicolas Luckner, comandante dell’armata renana. Tuttavia, l’assenza di una firma ufficiale sul primo spartito ha scatenato la fantasia dei più sospettosi: costoro non solo hanno trovato delle somiglianze tra la Marsigliese e il concerto per pianoforte e orchestra n. 25 in do maggiore di Mozart, ma hanno addirittura attribuito la paternità del componimento ad un italiano, Giovanni Battista Viotti, fuggito dalla corte parigina dove soggiornava in qualità di musicista agli inizi della Rivoluzione. A sostenere quest’ipotesi troviamo nientemeno che il violinista italiano Guido Rimonda, il quale daterebbe la composizione al 1781 in base a una scritta sul frontespizio. Effettivamente, ascoltando Tema e Variazioni in Do Maggiore di Viotti, si notano non poche somiglianze con l’attuale Marsigliese, ad esclusione del testo scritto.
La controversia rimane attualmente irrisolta, anche se secondo alcuni l’opera di Viotti sarebbe un falso storico: la data 1781 sarebbe stata semplicemente aggiunta da seconda mano agli inizi dell’800.
In ogni caso, la rilevanza storica di questo inno prescinde dall’autore. La Marsigliese piacque subito alle maggiori personalità dell’esercito, e in poco tempo divenne il canto portatore degli ideali della Rivoluzione. Ben presto, per la precisione il 14 luglio 1795, fu proclamato inno nazionale. Eppure, la sua storia non si conclude affatto qui, poiché prima di divenire il definitivo inno francese nel 1876, venne bandito diverse volte. La prima nel 1807, per ordine di Napoleone.
Aux armes, citoyens Alle armi, cittadini
Formez vos bataillons, Formate i vostri battaglioni
Marchons, marchons! (Marchez, marchez!) Marciamo, marciamo! (Marciate, marciate!)
Citoyens era il modo con cui si chiamavano i francesi durante la breve repubblica, perché i titoli nobiliari erano stati aboliti. Un richiamo forse eccessivo al periodo rivoluzionario e agli ideali antimonarchici? Certo è che nemmeno l’imperatore Napoleone III adottò La Marsigliese, preferendole un componimento scritto da sua madre (o perlomeno, così pare, dato che ella aveva scarsissime doti musicali. Ma questa è un’altra storia).
Infine, l’inno venne vietato durante l’occupazione tedesca della Francia nella Seconda guerra mondiale. Certo Hitler non avrebbe gradito la definizione “sangue impuro” canticchiata da un francese qualsiasi e riferita a un qualche biondo soldato tedesco.
Qu’un sang impur Che un sangue impuro
Abreuve nos sillons! Bagni i nostri solchi!
Proprio questi sono alcuni dei crudi versi a cui si accennava inizialmente. Essi si riferivano certamente ad austriaci e prussiani, da sempre nemici del popolo francese. Durante la Seconda guerra mondiale, nessuno avrebbe biasimato i francesi se avessero sentito il desiderio di cantare proprio questo pezzo dell’inno. Attualmente, però, la brutalità di questi versi colpisce chiunque sia in grado di tradurli. Negli scorsi decenni sono nate diverse polemiche a riguardo, che hanno addirittura spinto cento tra politici e intellettuali francesi a firmare una petizione, nel 1992, per cambiare le parti più cruente dell’inno. Tuttavia la richiesta fu respinta, anche perché quell’anno ricorrevano i 200 anni dalla sua composizione.
Già in passato, però, erano state fatte alcune considerazioni piuttosto rilevanti dall’allora presidente della Repubblica Valéry Giscard d’Estaing (1974-1981) sull’anacronismo di tali versi. Egli aveva infatti evidenziato come fosse inappropriato cantare una canzone che parla di versare il sangue prussiano durante una visita di stato, ad esempio, del cancelliere tedesco.
Le controversie non sono finite qui, ma da qualche anno il dibattito sembra essersi spento. O forse aspetta il momento giusto per ripresentarsi. Sicuramente l’inno francese non cesserà facilmente di stupirci.