Se i gatti sono i protagonisti indiscussi del web, Matteo Salvini, che ne è perfettamente consapevole, è riuscito a diventare il politico più seguito nei social. E per farlo, ha usato anche i gattini.
La prima vera “invasione”
Il 7 maggio 2015 la pagina Facebook di Matteo Salvini è stata invasa da una pioggia inarrestabile di foto di gattini: il flashmob virtuale, promosso dal gruppo Progetto Kitten, ha coinvolto migliaia di utenti. Nonostante gli organizzatori abbiano specificato di essere apolitici e apartitici, è evidente che per molti si sia trattato di un gesto di opposizione, seppur innocuo e bonario.
C’è voluto davvero poco perché l’hashtag #GattiniSuSalvini diventasse virale: i post del segretario della Lega sono stati sommersi da meme e foto di gattini con una foga tale da non dare il tempo ai moderatori di cancellare i commenti indesiderati, disvelando il grandissimo potenziale della rete. Allora, Salvini era ben lontano dal diventare ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, e di certo chi ha partecipato al flashmob non immaginava di star nutrendo quella che in futuro sarebbe diventata famosa come “Bestia”, cioè l’attività di comunicazione social di Salvini.
Altre opposizioni feline
A distanza di qualche anno, lo scontro tra i gattini e Salvini non è finito: nel maggio 2019, in previsione delle elezioni europee del 26 maggio, i comizi elettorali della Lega sono stati accolti in tutta Italia da striscioni di protesta. Alcuni slogan, spesso piuttosto innocui, hanno scatenato l’intervento dei vigili del fuoco per la rimozione obbligata degli striscioni, in un gesto di censura tutt’altro che democratico. I Sentinelli di Milano, seguiti da altre associazioni sparse per l’Italia, hanno raccolto la sfida lanciando l’hashtag #SalviniTogliAncheQuesto e dato via a una pioggia spontanea di striscioni sui balconi di tutta la Penisola. Tra i più gettonati non potevano certo mancare slogan come “Più gattini, meno Salvini” e simili.
Nello stesso periodo, è nata un’estensione per Google Chrome, sviluppata da Michele Riva e disponibile sul Chrome Web Store, chiamata Salvini-Blocker. Funziona esattamente come gli ad-blocker ma promette di sostituire le foto di Salvini in qualsiasi sito internet con foto di gatti.
La strumentalizzazione
Nel frattempo, Salvini ha cercato di appropriarsi dell’espediente che era stato usato contro di lui, chiedendo ai suoi seguaci di lasciare nella sua pagina Facebook le foto dei loro gatti. Il vecchio hashtag del 2015 si è trasformato in #GattiniPerSalvini, ed ecco che magicamente i gattini sono diventati suoi amici e sostenitori, nel tentativo di farci dimenticare le origini della questione.
In particolare, i gattini sono tornati in scena nel novembre 2019, quando Salvini ha postato alcune foto di gatti che mangiano sardine, chiaro riferimento al Movimento delle Sardine, che gli si oppone con manifestazioni in piazza e milioni di consensi. Follower ed elettori di Salvini hanno risposto calorosamente all’invito; rigirare la questione a suo favore è stato molto facile.
Una mossa molto abile (e forse prevedibile) dei suoi addetti alla comunicazione, senz’altro, ma in fondo non dissimile da quello che il politico leghista propone quotidianamente nei suoi profili social: persino la stampa straniera ha appurato ormai da tempo che la strategia mediatica della Lega si basi su Nutella e gattini.
Ma a cosa servono i gattini a un leader politico? In un articolo di novembre 2018, Daniele Biaggi spiega con una metafora molto efficace il ruolo dei gattini nei social di Salvini:
C’è bisogno di spiegare, a chi si ferma a guardare quei gattini e ne sorride – e potete starne certi, parliamo di centinaia di migliaia di persone -, che cosa significhino: sono fuochi d’artificio sparati in aria per farci alzare lo sguardo, mentre sotto succede di tutto. E siamo disposti a sopportare quel tutto, proprio in virtù dei botti che fanno un gran rumore e ci distraggono, mentre sotto, in mezzo alle brutture della Storia, non c’è nessuno che riesca a far più rumore e riportarci con lo sguardo sulla terra.
Insomma, i gattini ci distraggono dalle questioni che dovrebbero interessarci davvero, oltre a darci un’immagine edulcorata del politico leghista che per il resto del tempo manda messaggi d’odio e intolleranza verso l’immigrato, lo straniero, il diverso.
https://www.instagram.com/p/B5Dypm8IObv/?igshid=1sd1hpesah9ek
Il gattino e la Bestia
A capo della Bestia, la macchina social del leader della Lega, vi è il consulente d’immagine di Matteo Salvini, Luca Morisi. In una lezione per aspiranti spin doctor organizzata da YouTrend nell’ottobre 2019, Morisi ha dato qualche informazione sulla struttura della Bestia: trentacinque esperti digitali sono incaricati di seguire Salvini nel suo quotidiano tutti i giorni, allo scopo di coprire in maniera precisa e continuativa la sua presenza nei social. Questo team è quindi responsabile di propaganda e narrazione social affinché il politico risulti quanto più vicino al popolo italiano, con tutti gli ingredienti in regola per il suo populismo di destra. Dalle ruspe ai gattini, dai porti chiusi alla pasta Barilla, l’importante è dire ai suoi elettori quello che vogliono sentirsi dire, senza dimenticare il “fattore tenerezza”. L’obiettivo è rendere il politico più umano, così umano da ragionare sempre e solo con la pancia, come ci si aspetta dal popolo. Allora ben vengano i gattini, che piacciono a tutti, anche se viene da chiedersi quali siano i costi di un’operazione mediatica così rigorosa.
La Lega – o meglio, Salvini, perché il partito ha scelto di concentrare le risorse sul volto del suo leader – investe molto più denaro nelle inserzioni Facebook rispetto agli altri partiti italiani. Facebook permette a chiunque di consultare lo storico delle inserzioni attivate dalle pagine, con dati parziali sulle cifre spese, ma comunque eloquenti: a metà maggio 2019, a ridosso delle elezioni europee, per sponsorizzare una ventina di post di Salvini sono stati spesi tra i 27.000 e i 96.000 euro. Per comprendere l’entità della questione, a queste cifre si contrappongono quelle dei suoi rivali, molto più contenute: Fratelli d’Italia ne ha sponsorizzato una trentina, ma senza superare i mille euro per post; il Partito Democratico una quindicina, investendo però meno di cento euro per post; Forza Italia ha attivato cinque inserzioni, Più Europa due, il Movimento 5 Stelle nessuna (e nemmeno la pagina di Luigi Di Maio).
Secondo l’«Espresso», la campagna elettorale di Salvini, che non si è mai fermata nel corso del suo mandato come ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio del Governo Conte I (terminato a settembre 2019), è costata agli italiani più o meno mille euro al giorno. Niente di illegale, in realtà, ma siamo sicuri che sia giusto spendere così tanti soldi pubblici per postare foto di gatti?
Anche una struttura solida come quella della Bestia può vacillare. Tra febbraio e marzo 2020, durante la pandemia di COVID-19, l’attenzione mediatica si è concentrata sull’emergenza sanitaria, lasciando poco spazio a polemiche e propagande. Per Matteo Salvini, questo ha significato un arretramento nei sondaggi elettorali: secondo le medie ponderate di YouTrend del 6 marzo 2020, l’indice di gradimento della Lega è sceso sotto il 30% che manteneva ormai da luglio 2018. Davanti a una vera emergenza mondiale, dunque, la retorica dei leghisti ha dovuto fare qualche passo indietro. I gattini del web, d’altra parte, rimangono intoccabili.
Immagine 1: Uno striscione a Milano, maggio 2019, © Veronica Orrù
Un commento su “Matteo Salvini: populismo e gattini”