Ego-Matteo: quando la comunicazione diventa incontinente

La comunicazione è la chiave di volta della politica, soprattutto quella che gioca sulle emozioni più che sul ragionamento. Per questo motivo personalità come Berlusconi, Renzi, Salvini e a modo suo anche Grillo hanno sempre avuto un grande appeal per una gran parte dell’elettorato. Con la caduta nei sondaggi, si è vista poi la vera anima di questi individui. Berlusconi si è dato da fare negli anni coi suoi processi, lo scandalo Ruby (a parere del Cavaliere è nipote di Mubarak) e l’ormai defunto “stalliere” di Arcore Vittorio Mangano, condannato per duplice omicidio e legato alla mafia. Renzi invece, col suo costante teatrino nel governo Conte II e le sue invocazioni ai morti in Parlamento, cerca ancora, invano, di imitare il suo maestro.

L’ineffabile Bestia

Il nuovo Renzusconi è ovviamente Salvini, il Capitano che pare si stia iniziando a sgonfiare nei sondaggi. La sua tendenza a mentire e distorcere la realtà, lo rende pericoloso tanto quanto i suoi due illustri predecessori. Per non essere accusati di sproloquiare, ecco alcuni esempi. Il 22 marzo da Giletti Salvini dichiara che le zone rosse a Codogno e Vo’ sono state istituite dai suoi governatori Zaia e Fontana. Basta aprire un articolo del Corriere per dimostrare la falsità di tale affermazione: la decisione era stata presa dal governo. Ovviamente, tutto questo è potuto accadere perché, riprendendo una definizione di Travaglio, “Non è l’arena: è Salvini”. Si tratta infatti di una televisione senza contraddittorio dove il Capitano è libero di espettorare  senza interruzione e con domande di circostanza, quasi carezze sul muso.

Per quanto riguarda il distorcere la realtà basta solamente scorrere la pagina Facebook del Maestro. Oltre ai post di foodblogging e le legittime critiche al governo (ignorando la sobrietà del font), quello che più inquieta è il report annalistico dei crimini, o presunti tali, commessi da persone di colore. Infatti, questi post hanno il solo scopo di terrorizzare le persone e incitare alla discriminazione: non a caso i titoli parlano di “libico che ammazza”, “domenicano che massacra”.

Oltre a ingigantire il problema della sicurezza (si vedano i due decreti “sicurezza”), questo genere di post è espressamente razzista. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’importanza di sottolineare (o addirittura evidenziare in giallo) la nazionalità. Forse tutte le persone di colore sono violente? Oppure sono gli immigrati a essere essenzialmente violenti? In attesa di una spiegazione più plausibile, queste ipotesi paiono le più ragionevoli. Ragionevoli ovviamente per chi non ragiona: quale sarebbe infatti la correlazione tra un dominicano (caraibico ispanofono) e un libico (nordafricano arabofono)? Il problema, certo, non è solo di Salvini ma di gran parte dell’informazione.

Tele-Matteo, una storia a puntate

Siamo nel 2015, presidenza Renzi, la Lega ha 15 seggi in Senato e 18 alla Camera. Le elezioni erano state vinte da Bersani che non era riuscito a formare un governo a causa di una mancata maggioranza assoluta in Senato. Napolitano aveva dunque scelto Enrico Letta, scalzato poi dal Rottamatore di Rignano sull’Arno.

In questa fase, Salvini, con un 4% sia al Senato sia alla Camera, era già all’opera in tutte le televisioni a tutte le ore. Secondo i dati Agcom (garante delle comunicazioni), dal 1° gennaio al 25 febbraio 2015 Salvini è stato il politico più presente in tv dopo il premier Renzi. Più precisamente, si parla di diciotto ore di parola e ventiquattro ore totali di presenza. Sostanzialmente, parlava più di Grillo e Berlusconi (che avevano una rappresentanza parlamentare molto più ampia) messi assieme. Già nel 2015 era iniziato infatti l’idillio con Giletti: proprio a Non è l’Arena si verificavano infatti gli share più alti, anche grazie alla presenza del Capitano.

Facciamo un salto in avanti: è il 2019. Salvini conduce più o meno in tutti i programmi per le presenze, contendendosela con il premier Giuseppe Conte. Se nei TG c’è un’apparenza di parità, nei programmi extra-tg, specialmente quelli di Mediaset, Salvini domina. Stesso discorso per i dati di inizio 2020 dove rimane accesa la competizione tra il Presidente del Consiglio e il Capitano. Tra le poche piacevoli soprese durante il Covid, c’è invece la riduzione dell’assillante presenza televisiva di Salvini, che comunque non si allontana mai troppo dal podio, specie nei programmi di “approfondimento giornalistico”. Il ritorno in auge, stando ai dati Agcom, avviene proprio a Maggio 2020 con la fine della quarantena stretta. Ovviamente, Salvini domina in particolar modo a La7 e sulle reti Mediaset. Con quest’ultima che assomiglia sempre di più (o forse lo è sempre stata) a Fox News, per chi si intende di televisione americana.

Un bellissimo 2 giugno

Tra tutte i grandiosi spettacoli che Salvini ci ha offerto, la manifestazione del 2 giugno rappresenta certamente l’acme, qualcosa di irripetibile. L’unico evento paragonabile è forse quello del campanello prima delle elezioni in Emilia-Romagna. Come tutti sanno, il 2 giugno è la festa della Repubblica perché proprio quel giorno, nel 1946, nasceva la Repubblica Italiana. Questo significa che non si tratta di una festa “schierata” ma di una celebrazione nazionale.

Transigendo sulle affermazioni passate del Salvini padano che per il tricolore aveva in mente un utilizzo preciso, la vicenda rimane comunque grottesca. A maggio, mentre l’Italia iniziava a ripartire, il duo magico Salveloni con la stampella forzista presenta la propria richiesta: vogliono deporre una corona all’altare della patria. Pare strano che tra le file di questa destra così illuminata su occupazione, immigrazione e sicurezza nessuno si sia fatto una semplice domanda: a cosa serve il Presidente della Repubblica? Proprio così, il Presidente della Repubblica ha funzioni rappresentative e quindi è “simbolo” di tutta la nazione italiana. Ovviamente, Salveloni, ben consapevole di ciò, ha montato ad arte una scenata per lagnarsi dell’assenza di democrazia e del governo autocratico dittatoriale. Un pessimo tentativo di appropriazione di qualcosa che dovrebbe essere di tutti e non della destra italiana.

https://www.instagram.com/p/CAPgUh2jvmF/

Ma la farsa non finisce qui: il duo proclama una manifestazione “simbolica” in centro a Roma con un enorme (tipico buongusto) tricolore. Manifestazione “simbolica” equivale a “rappresentativa” e prevede che si siano appunto dei rappresentanti in luogo della classica folla manzoniana. Ma nulla, il 2 giugno una piccola ma inappropriata folla scatenata si presenta alla manifestazione con il disappunto della sorella d’Italia e la gioia del Capitano. Segue ovviamente il classico bagno di folla con selfie senza mascherine, perché tanto il Covid è sparito.

La farsa nella farsa

Finito il momento delle celebrazioni arriva quello delle scuse e delle giustificazioni che aggiunge sapore alla complicatissima farsa. La prima reazione è quella classica: e il 25 aprile? Ebbene, occorre essere onesti, erano state organizzate delle manifestazioni assolutamente non autorizzate in alcune parti d’Italia per la ricorrenza della Festa della Liberazione

Tuttavia, andando oltre al luogo comune del “chi ha più buonsenso lo usi”, bisognerebbe fare una piccola distinzione. Infatti, alle “celebrazioni” per il 25 aprile non c’era né l’ANPI né i segretari dei partiti di sinistra. Non si può invece dire lo stesso per quanto riguarda la manifestazione del 2 giugno, a cui erano presenti personalità di spicco come Salvini, Meloni, Tajani e molti parlamentari. Costoro, rappresentando un partito politico e quindi una fetta della popolazione, dovrebbero dare il “buon esempio”, soprattutto durante il post pandemia. Invece di celebrare una festa nazionale e unitaria hanno preferito quindi continuare nel processo di polarizzazione dello scenario politico.

Ovviamente, la ciliegina (riferimento casuale) sulla torta ce la offre Salvini nel suo ambiente preferito: i talk show. Interrogato da Floris sulla questione della mascherina, Salvini gli domanda se non può togliersela per fare delle foto. Al secco no di Floris (che ha sconvolto anche il presentatore stesso), si può vedere Salvini afflosciarsi su se stesso, forse maledicendosi per l’ingenuità. Una magra figura quella di Salvini che, per smarcarsi, si lancia sul suo nuovo tema preferito: la cassa integrazione e i lavoratori.

La vera ciliegina sulla torta

Ovviamente, parlare delle gesta di Salvini richiede anche essere disposti a parlare di temi poco istituzionali come le ciliegie. Per chi non avesse avuto la possibilità di seguire l’avvincente storia segue un piccolo riassunto. Durante una conferenza stampa con il presidente della Regione Veneto Zaia, Salvini ha dato prova di contegno e moderatezza mangiandosi dieci ciliegie in meno di un minuto. Tutto condonabile per carità, se non fosse che Zaia stesse parlando di bambini morti in ospedale e, ceduta la parola a Salvini, quest’ultimo si sia limitato ad applaudire con la bocca ancora mezza piena.

https://www.instagram.com/p/CBvZGqyq-p7/

La prima scusa (ormai il processo dovrebbe essere chiaro a tutti) è stata dire che non aveva pranzato, decidendo però poi di ritrattare. Infatti, interrogato su questa vicenda da una giornalista di Sky, ha risposto piccato, negando con fare sdegnoso che egli possa essere accusato di un simile comportamento. Dunque, o la memoria di Salvini sta calando oppure riesce a mentire in maniera spudorata anche sulle ciliegie.

La spiegazione più plausibile di questo comportamento arriva da «Libero», giornale noto come il Capitano per la sua sobrietà. Innanzitutto, colpisce la finta aria di superiorità che impregna l’articolo, come se le ciliegie fossero il tema meno aulico trattato su quelle pagine. Ma andando al fulcro della difesa di Salvini, scopriamo che, a Fuori dal Coro (sobria trasmissione di Mario Giordano), egli ha affermato di rappresentare “l’Italia normale” (cassintegrati, lavoratori; le orecchie di questi poveretti ormai fischiano quotidianamente). Al che sorgono spontanee le condoglianze per “l’Italia normale”, apparentemente diventata il VI girone dantesco.

Per un bilancio finale

Purtroppo, come già si sospettava, la vicenda delle ciliegie non costituisce un’eccezione alla comunicazione Salviniana ma la regola. Proprio recentemente, riguardo al disegno di legge Zan contro omotransfobia e non solo, Salvini si è espresso dicendo che se questo progetto verrà trasformato in legge, egli proporrà una legge sull’eterofobia. Il suo ragionamento si basava sostanzialmente sul fatto che picchiare  Nichi Vendola equivale a picchiare Matteo Salvini.

Ovviamente, come tipico, la sua è una mezza verità in quanto, seppur vero che è sempre reato istigare violenza o usare violenza verso qualcuno, esistono anche le aggravanti come “razza” e religione. Se quindi proteggiamo ulteriormemte persone che vengono discriminate per la loro religione, perché non dovremmo tutelare chi viene discriminato per l’orientamento sessuale o identità di genere. Soprattutto in quanto sono spesso pregiudizi religiosi, poco importa se islamici, cristiani, ebraici o di qualunque altro credo, che portano a questi atti discriminatori. Questo non vuol dire che la colpa sia della religione in sé, quanto della interpretazione che si decide di darne.

Stupisce poi l’affermazione di Salvini, sempre volta a delegittimare la proposta di legge, per cui l’Italia è un Paese che non discrimina. Rimane da chiedersi perché allora lui e i suoi alleati (ma non solo) siano così popolari. Del resto, se Salvini pensa che l’aggravante non abbia valore perché “uno vale uno” dimostra che non ha compreso l’articolo 3 della Costituzione, soprattutto quando si parla di “rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale”.

Questi sono solo alcuni dettagli della comunicazione salviniana. Comunicazione che andrebbe definita bulimica: un termine da usare con cautela ma che si rivela adatto alla situazione. Infatti, la voracità con cui Salvini macina presenze in televisione e post sui social è decisamente borderline, soprattutto per la qualità dello spettacolo che offre. Le gesta qua citate sono solo alcune e tralasciano lampi di genio come l’Eterno Riposo recitato insieme alla D’Urso o la brillante spiegazione del funzionamento del MES (“clausole in cauda venenum”). Sarebbe dunque ora che “l’Italia normale”, che si sente rappresentata da costui, aprisse gli occhi.

 

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