napodano

Intervista a Napodano, tra ratti e malinconia

Negli ultimi anni, non sono pochi gli artisti ad aver recuperato la musica degli anni passati: basti pensare ad Achille Lauro con 1990, Dua Lipa nel suo ultimo album Future Nostalgia. La nostalgia per i tempi passati, soprattutto per gli Eighties, è trattata anche dal cantautore indie pop Napodano, nel suo ultimo singolo Maledetti anni 80. Per conoscere un po’ meglio lui e la sua insolita passione per i ratti, abbiamo deciso di intervistarlo.

L’intervista

Parti definendoti “metà artista, metà ratto”. Ratti a parte, cosa pensi che ti contraddistingua sul profilo musicale?

Cerco di essere artisticamente indipendente, nel senso che ascolto con interesse tutto quello che propone la scena musicale della quale cerco di fare parte, ne colgo gli aspetti che più mi affascinano restando però più personale possibile. Mischio insomma quello che mi piace di quello che esiste già con quello che penso mi renda diverso, unendo testi quantomeno mai banali a delle musiche scritte da un musicista con un solido senso armonico.

Maledetti anni ’80 è un pezzo molto nostalgico, sia per il suo testo sia per la sua melodia. Qual è la cosa che però più vorresti tornasse, di quel periodo?

Tutto quello che vivevo in quel periodo lo guardavo con gli occhi di un bambino, con la spensieratezza e l’incanto che solo gli occhi di un bimbo possono avere. Vivevo in mezzo alla musica, al mondo magico che prendeva vita di notte e dove tutti sembravano felici. Negli occhi avevo la meraviglia e il sogno che anche io un giorno avrei voluto essere come loro. Poi lo sono diventato ma erano passati decenni e quelle dolci emozioni erano diventate solo uno splendido ricordo di un momento che non tornerà più.

È abbastanza evidente che sei molto legato ai ratti, al punto da dedicarvi un brano (Storia di un ratto) e adottarne due. Cos’è che più ti affascina di queste creature?

Veramente poi sono diventati otto… E per precisare, sono stati loro a dettarmene il testo! Lo so, è bizzarro, ma osservare la loro indole e il loro comportamento così indipendente ma rispettoso, la loro empatia e intelligenza, mi ha portato ad essere come il tizio di Ratatouille, solo che i miei ratti invece di insegnarmi a cucinare, mi hanno suggerito un testo!

Al momento vivi in Belgio, ma c’è qualcosa della musica italiana che ti ha particolarmente ispirato?

Io vivo in Belgio ma ho artisticamente un piede sempre in patria. Ascolto quello che la musica italiana propone sia dai canali mainstream che da quelli indipendenti; non tutto mi piace, ovviamente, ma è fondamentale avere sempre la cognizione di quello che succede nel mio ambiente. Sono molto felice di vedere che dopo qualche anno di buio, c’è un fermento impressionante di artisti più o meno underground che si stanno spingendo con prepotenza in ogni canale fruibile dal grande pubblico. Questa cosa mi entusiasma davvero.

Uno dei tuoi brani s’intitola Sarà la libertà: che significato ha, per te, questo termine?

Ottima domanda… Per me la libertà è lo stato mentale che ti permette di poter cambiare la tua vita in ogni momento, di essere padrone della tua felicità e di poterti scrollare di dosso tutto quello che cerca di appiattirti e di renderti schiavo di una vita che magari non fa per te.

Qual è il pezzo di cui vai più fiero, che più ti rappresenta, al momento? O deve ancora arrivare?

Maledetti anni ’80 è un brano in cui sviscero l’essenza di una mia emozione, mettendo su carta qualcosa di tanto profondo da attraversare tre generazioni. Credo che questa sincerità sia stata il valore aggiunto per il quale questa canzone sta portando tante soddisfazioni.

In Equazione canti “Per credere ancora che basta volere per dare un senso al dovere”: senti che, effettivamente, tu riesca a dare un senso al tuo dovere?

L’equazione è un pezzo arrivato dopo un evento estremamente triste e che mi ha segnato profondamente. Quella frase è come un mantra motivazionale: in un momento in cui non ti va neanche di alzarti dal letto. devi credere fortemente di volerti alzare per poter ricominciare a lottare.

In Storia di un ratto, invece, ti chiedi se lo strano sei tu, o lo è il mondo. A che conclusione sei arrivato?

Sì, sono io, ma va bene così. Tanto è inutile cercare di snaturarsi per piacere a tutti se essendo te stesso puoi arrivare a chi è abbastanza aperto da volerti ascoltare.

Se non avessi intrapreso la carriera musicale, dove pensi che ti troveresti adesso?

Forse sarei un cuoco o più probabilmente avrei sfruttato il mio incredibile talento olfattivo diventando il miglior cane anti-droga del mondo!

La tua musica è contraddistinta sia da pezzi molto lenti, quasi malinconici, sia da brani più movimentati, e a volte entrambe le cose contemporaneamente. Cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi prossimi lavori? Hai già in mente qualcosa, o ti lascerai semplicemente guidare dall’ispirazione?

Se chiedessi a qualsiasi persona che conosci come si sentirà domani, cosa vedrà o semplicemente se avrà voglia di parlarne, credo che nessuno sarebbe in grado di rispondere. Vivo le mie giornate con le loro storie, ascolto le persone e cerco di essere più sincero possibile, poi l’ispirazione fa il resto.

FONTI

Materiale gentilmente fornito da Safe&Sound

CREDITS

Copertina e immagine gentilmente fornite da Safe&Sound

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.