“It’s amazing how you can speak right to my heart; without saying a word, you can light up the dark…”
Era il 1999. Sono passati esattamente vent’anni. Eppure, dopo tutto questo tempo, nessuno ha dimenticato le dolci parole di When you say nothing at all. Nessuno ha dimenticato la voce di Ronan Keating. Nessuno ha dimenticato Notting Hill.
Realizzata da Roger Michell ormai due decenni or sono, la romantica commedia britannica divenuta celebre per le impeccabili interpretazioni di Hugh Grant e Julia Roberts, riesce ancora oggi ad emozionare. Infatti, sebbene non rappresenti una pietra miliare in grado di segnare con evidenza la storia del cinema, la pellicola, saggiamente sceneggiata da un brillante Richard Curtis, ha saputo ritagliarsi uno spazio di tutto riguardo nei cuori di milioni di spettatori.
La domanda sorge spontanea. Qual è il motivo di un successo di tale portata? E in che modo Roger Michell, i suoi collaboratori e l’intero cast sono riusciti nella difficile impresa di mettere d’accordo critica e grande pubblico?
La risposta è in realtà molto semplice. Notting Hill è una fiaba; una fiaba come tante altre, eppure così speciale. Una fiaba come quelle che i grandi raccontano ai bambini poco prima di addormentarsi, ma straordinariamente immersa nel panorama urbano della nostra quotidianità.
Hugh e Julia, attori da favola
Come ogni fiaba che si rispetti anche Notting Hill ha un suo eroe, un principe azzurro londinese di nome William Thacker. In realtà, William non ha nulla di eccezionale. Non ha un cavallo, non ha una spada né una forza fuori dal comune. William è un ragazzo come tanti, gentile e sensibile; un ragazzo messo alla prova dalla vita e dalle difficoltà di ogni giorno, ma anche un ragazzo dall’inguaribile ottimismo e favolosamente quotidiano.
Ed è proprio la noiosa quotidianità del suo lavoro a portare il prode William al cospetto della bella principessa Anna Scott, una famosa ed affermata attrice statunitense capitata quasi per caso in un’anonima libreria di Notting Hill.
E così ha inizio la favola. Una favola fatta di amore, di gag comiche, di “perdindirindina” Cavalli e Segugi, di ex fidanzati e paparazzi. Una favola di disneyana memoria che molto deve ai suoi due maggiori interpreti, quegli Hugh Grant e Julia Roberts capaci di restituire alla perfezione gli stati d’animo che attraversano le avventure di una giovane e stramba coppia di innamorati. Due attori in grado di muoversi magistralmente anche all’interno di una trama che non ha (e a ragione) nulla di eccezionale; e la cui interpretazione viene ulteriormente esaltata da quelle di comprimari essenziali, scritti e diretti in maniera sorprendente.
Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico. (Albert Camus)
Notting Hill punta tutto sui suoi personaggi. E, se l’intera storia ruota attorno ai due protagonisti e al loro folle amore, un ruolo altrettanto importante è ricoperto da quelle persone che per William rappresentano una vera e propria seconda famiglia.
L’unica effettiva consanguinea è la stravagante e bizzarra sorellina Honey Thacker, i cui grandi occhi a palla, i capelli variopinti e gli strani gusti in fatto di abbigliamento ne fanno un personaggio facilmente caricaturabile, sebbene molto affettuoso e pronto ad aiutare il fratellone nelle sue disavventure amorose. Abbiamo Bernie, intermediario finanziario scontento di un lavoro che sembra proprio non fare per lui, uomo dolce e a tratti goffo, ma amico fedele di William. E naturalmente Max e Bella, la coppia di sposini formata dal migliore amico del protagonista, impiegato e cuoco pessimo ma purtroppo recidivo e la ex fiamma di Will, donna forte e avvocato paraplegico, ma sfortunatamente impossibilitata ad avere figli.
E’ proprio a casa di Max, in occasione della cena per il compleanno di Honey e dopo una faraona davvero immangiabile, che si consuma una delle sequenze meglio riuscite dell’intera pellicola. Seguendo le tradizioni di famiglia Will, Anna e i quattro amici si contendono l’ultima prelibata fetta di torta, da aggiudicare alla storia di vita più triste. Notting Hill, senza cadere nella tentazione di facili lacrime, decide di prendersi gioco delle sventure, anche delle peggiori e questo mini-concorso a premi si trasforma nella possibilità di cercare la forza di sorridere e tirare un “cazzotto” alla propria esistenza. Ognuno dei personaggi trova il coraggio di mettere a nudo il proprio io e, attorno a quel tavolo di legno, le differenze sociali evidenti scompaiono come per magia di fronte alle difficoltà che la vita ha posto di fronte a ciascuno dei presenti.
“Brutto cazzone avariato”
Una menzione speciale va al personaggio di Spike, pittore gallese e coinquilino di William, che quest’ultimo non esita a definire “la persona più stupida della terra”. Spike è forse il comprimario meglio riuscito e sceneggiato, indispensabile per abbattere comicamente i toni romantici della pellicola e personaggio a cui viene affidata buona parte della leggerezza e della mai esagerata volgarità all’interno del film. Spike è il folle, l’idiota, ma è anche l’uomo sensibile e imprevedibile che si innamora di Honey, l’unica persona in cui la sua stravagante pazzia trovi riflesso. L’amico sincero, senza peli sulla lingua che non ha paura di contraddire Will e definirlo un “cazzone avariato” quando si accorge che il protagonista sta buttando all’aria la propria felicità per futili motivi.
The end
Notting Hill è tutto questo e molto altro. Notting Hill è l’espressione timida e impacciata di Will e il sorriso luminoso di Anna, è la maglietta “give me a fuck” di Spike, il pollo bruciato di Max e la sedia a rotelle di Bella; è l’arancione dei capelli di Honey, la pancetta di Bernie e la stupidità travolgente di Martin, il buffo e gioviale impiegato di William in libreria.
Notting Hill è semplicemente una fiaba meravigliosa. Quella che ognuno di noi sogna di vivere uscendo dal portone blu della propria vita.
Surreale, ma bella…
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