“Per il professionismo abbiamo stabilito la partenza per la Serie A nella stagione 2022/2023”. Queste le parole di Ludovica Mantovani, presidentessa della Divisione calcio femminile, al termine dell’ultima riunione del consiglio federale della FIGC. La notizia però non va accolta a braccia apertissime perché le incognite sono tante.
In primo luogo le evidenti difficoltà di gestione da parte della Federazione, che ha chiuso la stagione 2019/2020 (assegnando il titolo alla Juventus Women, in vantaggio di 9 punti) quando mancavano solo sei partite. Sul tema è intervenuta in prima persona la CT Milena Bertolini, artefice della straordinaria cavalcata delle azzurre negli scorsi Mondiali di Francia 2019.
“Ci sono state squadre che mentre facevano allenare gli uomini non trovavano un campo per le donne. È accettabile? La verità è che c’è ancora qualcuno che si rifiuta di capire che queste ragazze sono un patrimonio del calcio italiano”.
La posizione delle calciatrici
Riguardo la possibile riapertura del campionato le atlete erano “scese in campo” attraverso una lettera aperta firmata dalla stragrande maggioranza delle calciatrici di Serie A e condivisa sui social. Il motto era uno, ed era semplice, “o scendiamo tutte in campo o non ci scende nessuna”. Questo perché le idee che aleggiavano erano tante, tutte ugualmente confusionarie. Tra queste prendeva piede però l’ipotesi di una sorta di play off e play out con il coinvolgimento di sei squadre rispetto alle dodici presenti nel torneo. Tale idea è stata chiaramente respinta lungo la lettera perché “non vediamo come possa essere tutelato il merito sportivo”. Oltre al momento presente però, le calciatrici si sono unite anche nella rivendicazione di più ampie tutele in tutto il sistema e lo hanno fatto attraverso parole inequivocabili.
“Quello che appare in sintesi ai nostri occhi è che il nostro sistema va riformato. È tempo di decidere quale direzione dobbiamo prendere. È ora di garantire le giuste tutele a tutte quante, uno status da professioniste e condizioni reali di professionismo”.
A dimostrazione che il fare non è mai l’ovvia conseguenza del dire, se il professionismo si ferma alla carta non serve a nessuno.
A detta di alcuni è stato questo il motivo per cui la trattativa con la FIGC per la ripresa del campionato si è interrotta, ma ancora una volta è Bertolini a intervenire. “Giudichiamo i fatti. Su 12 squadre due, Juve e Milan, hanno considerato le atlete un valore, dando loro dignità. Io capisco le difficoltà dei quattro club dilettantistici, ma i restanti sei? Sono rimasti fermi, e questo dice tanto. Ci dice che avere la sezione femminile per alcune società è un investimento importante, per altre solo una questione di immagine, priva di sostanza”.
Professionismo femminile votato all’unanimità
Il Consiglio della Federcalcio ha deliberato con voto unanime la proposta fatta da Gravina, presidente della FIGC, del progetto inerente al professionismo nel femminile. Viene visto come un passaggio fondamentale per il raggiungimento della pari dignità, si ricorda infatti che professionismo non significa stipendi al pari del settore maschile, ma uguali tutele. Detto questo, è altrettanto necessario che a questa decisione facciano seguito ingenti finanziamenti per renderla attuabile e non lasciare il peso sulle sole squadre. Introdurre il professionismo inevitabilmente porterà alla riduzione del gap con gli altri paesi europei, in cui è già vigore.
Discorso a parte resta il confronto con gli Stati Uniti, al momento di un altro pianeta in termini di calciatrici parte del movimento e attenzione mediatica. Sul tema costi Gravina resta vago: “Siamo consapevoli che il professionismo comporta maggiori oneri e costi. Dobbiamo garantire la sostenibilità e far sì che il calcio femminile possa puntare sempre più in alto senza perdere pezzi per strada”. Cosa che succederà, se le promesse di investimenti non si dovessero tramutare in realtà.
Carolina Morace, stella del calcio italiano e ex allenatrice di AC Milan, è di parere diverso riguardo la mancata ripresa del campionato, che non considera come un’occasione mancata. “Questo stop non deve essere un alibi ma una spinta per l’anno prossimo. Ora servono idee se ce le hanno. Il calcio femminile non vive di diritti televisivi e biglietteria. Io dico pensiamo al futuro e alle riforme: questo tempo deve aver fatto venir fuori qualcosa, io mi aspetto qualcosa”.
Qualcosa è effettivamente arrivato, c’è da vedere se si percorrerà quella strada oppure no.