non voglio che clara

L’arte del sapersi reinventare: il ritorno de i Non voglio che Clara

Dopo cinque anni di assenza ritornano i Non voglio che Clara, storica band del bellunese i quali hanno pubblicato, lo scorso 29 febbraio, il nuovo album Superspleen vol. 1 per Dischi Sotterranei. Dopo aver pubblicato i singoli Croazia e Superspleen, il gruppo ha messo insieme pezzi scritti tra il 2017 e il 2019 in un unico album creando quello che ora è un album maturo ma al passo con il mercato musicale odierno.  Come si può dedurre dal titolo, il progetto prevede anche una seconda parte del progetto, Superspleen vol. 2, ma di questo non si sa ancora nulla.

Il progetto vede l’evoluzione di una band e di come questa, nonostante la maturità artistica, testi nuovi sounds. Per i fan dei Non voglio che Clara l’hype era alto, lo avranno rispettato? Abbiamo ascoltato l’album e abbiamo avuto l’occasione di far loro qualche domanda.

L’intevista

Dopo cinque anni di assenza, siete tornati nella scena musicale. Notate qualcosa di diverso in questa?

Durante le lavorazioni del disco ci siamo confrontati spesso sulla scena musicale, sul significato stesso di far musica e credo che queste discussioni abbiano influenzato il nostro lavoro, ma mi piace pensare che Superspleen si collochi musicalmente su un percorso che si è tracciato da sé in molti anni di lavoro di gruppo piuttosto che sulla scia di una scena musicale in continuo mutamento.

La pausa dalle scene è dovuta ad una pausa di riflessione o semplicemente per migliorarvi dal punto di vista musicale?

Non si è trattato di un letargo cominciato all’indomani di L’amore fin che dura fino al giorno in cui è uscita La Croazia. Abbiamo fatto concerti, scritto nuove canzoni, lavorato su dischi altrui. Ripensare alla nostra musica però è stato forse il primo tacito obbiettivo per avvicinarci alle nuove canzoni, una volta concluso il tour del disco precedente. Sentivamo la necessità di mettere a fuoco maggiormente il lavoro di band, provando a portare in studio l’esperienza live.

Dei vostri primi album avete avuto delle recensioni piuttosto positive, abbiamo visto che vi hanno paragonato a grandi cantautori come Luigi Tenco. Abbiamo ascoltato “Superspleen vol. 1” e sicuramente ha un sound più sperimentale. Cosa vi ha spinto a questo cambiamento?

Ad ogni nuovo disco abbiamo cercato di modificare il nostro approccio alla scrittura, ma credo che l’evoluzione del suono dal nostro debutto a Superspleen vol.1 sia avvenuta in modo graduale. Il primo lavoro era quasi totalmente privo di sintetizzatori, da Dei Cani in poi la componente sintetica si è presa un po’ di più spazio. Per noi si è sempre trattato di sperimentare in effetti, non nel senso di comporre musica “sperimentale” quanto in quello di trovare un modo di scrivere e comporre che fosse di volta in volta diverso.

Nel brano La Croazia dite “il coraggio di cambiare, nell’anno del maiale”. Sentite di aver provato, qualche volta, questo coraggio?

Musicalmente? Difficile a dirsi. Un’artista è coraggioso quando compie delle scelte che lo avvicinano al pubblico (un tempo si parlava di musica commerciale) o il contrario? Personalmente nella musica non amo molto le safe-zone quindi sono portato a pensare che avere coraggio significhi prendersi il rischio di fare qualcosa col rischio di non incontrare totalmente i gusti del pubblico, ma si tratta di un terreno scivoloso in cui il pubblico rischia di diventare il capro espiatorio quando le cose non funzionano a dovere.

Uno dei brani che ci ha maggiormente colpiti è Liquirizia. Sembra quasi di assaporarne il gusto, quando la si ascolta. Quanto è difficile però riuscire a tramandare all’ascoltatore le sensazioni che provate quando scrivete un pezzo?

Non ci provo nemmeno, il bello delle canzoni è che ognuno può trarne le sensazioni che preferisce, senza preoccuparsi necessariamente dell’intento di chi quelle canzoni le ha composte, però la compenetrazione fra musica e testo è un aspetto che mi ha sempre affascinato.

Non voglio che Clara, come avete già affermato in passato, è un nome tratto da un romanzo di Pennac. Siete particolarmente affezionati a questo scrittore? Come mai?

Non è un mistero come l’influenza dei libri, più che quella delle canzoni, rivesta un ruolo prominente nella mia scrittura, ma il rapporto con Pennac è stato piuttosto fugace: qualche romanzo circoscritto a un periodo piuttosto breve. Non lo leggo da anni.

Parlate spesso di estate. È collegata in un certo senso al tema della malinconia, o la vedete solo come fonte di gioia?

Sono abbastanza sicuro che fra i brani su cui abbiamo lavorato quelli con la parola “estate” sian finiti tutti in questo primo volume, mentre la parola “inverno” comparirà più di frequente nel secondo. L’estate de La Croazia e di San Lorenzo è una stagione piena di sogni e di speranze, né gioiosa né malinconica ma foriera del tempo che ci aspetta.

Restando sul tema malinconia, nei vostri brani vi è spesso un ritorno al passato. Questa sorta di effetto “amarcord” è un omaggio ai vostri vecchi lavori?

Siamo tutti ossessionati dal nostro passato più di quanto siamo preoccupati del nostro presente, che in realtà è l’unica cosa di cui dovremo curarci. Anche musicalmente viviamo in un tempo in cui abbiamo smesso di pensare al futuro, in termini di evoluzione musicale, continuiamo a rincorrere il passato, il nostro sguardo è sempre proiettato all’indietro, come una trappola in cui è impossibile non cadere.

C’è un artista della scena odierna con cui vorreste collaborare?

Dovrei pensarci, ma nel frattempo ti posso raccontare questa cosa: qualche anno fa avevamo provato a coinvolgere Enzo Carella, ci sarebbe piaciuto portare dal vivo tutto Vocazione. Il primo approccio con Enzo non fu molto incoraggiante, forse sbagliai atteggiamento o forse glielo chiesi in una circostanza non troppo favorevole. Fatto sta che non se ne fece nulla e purtroppo non ebbi modo di riprovarci perché nel frattempo era venuto a mancare.

Solitamente, le band di provincia vogliono “restare nel loro” e avere una cerchia ristretta di fan. Vi categorizzate tra queste band? E se sì, perché?

Dici? Non credo esistano musicisti che vogliono avere “una cerchia ristretta di fan”, personalmente sono contento se la nostra musica arriva a più gente possibile.

Finita l’emergenza Covid avete in progetto qualche data?

Abbiamo appena pubblicato un terzo estratto dal disco, un video di Epica Omerica realizzato in collaborazione con l’Atelier Teatro Danza in cui le coreografe Marianna Batelli e Chiara Casella hanno messo in atto proprio una delle nuove soluzioni auspicate dal testo. Stiamo anche lavorando al secondo volume di Superspleen, che ci piacerebbe far uscire già entro l’anno, e proveremo a riprogrammare il tour non appena vi saranno le condizioni per farlo.

A tratti malinconici, Superspleen vol.1 secondo noi ha rispettato le aspettative. Cosa ci ha lasciato questa band? Oltre ad un bell’album che suona bene, i Non voglio che Clara sicuramente ci hanno insegnato una cosa: bisogna sempre cimentarsi in qualcosa di nuovo e di non focalizzarsi su un solo genere.

FONTI

Materiale gentilmente fornito da Conza

CREDITS

Copertina gentilmente fornita da Conza

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