Eric Eugène Murangwa è un ex calciatore ruandese, sopravvissuto al crudele genocidio del 1994. In quei giorni bui, un soldato gli risparmiò la vita perché lo riconobbe: era il grande calciatore della sua squadra del cuore, il Rayon Sports Football Club. Miracolato per alcuni, fortunato per altri, Eric Eugène Murangwa deve sicuramente oggi la sua vita al calcio. Quello stesso che, a distanza di anni, utilizza come strumento salvifico di beneficenza, per aiutare chi sogna un futuro migliore.
Eric Eugène Murangwa e il Rayon Sports
Eric Eugène Murangwa nasce nel 1975 nell’est del Ruanda, in un piccolo paese chiamato Rwamagana, da una famiglia di etnia tutsi. Fin da piccolo è un grande tifoso del Rayon Sports Football Club. La squadra venne fondata a Nyanza, nella sede della monarchia ruandese, a sud del paese. Aveva radici e tradizioni profonde, contava su una tifoseria variegata e vivace, al di là di qualsiasi confine geografico e sociale. Il Rayon Sport Football Club univa tutti i ruandesi, era dominato da uno spirito di unità. Le differenze sociali ed etniche non hanno mai trovato terreno ostile in quel club. Fin dal principio, era una squadra con qualcosa di speciale.
Dopo l’indipendenza, nel 1962, il centro del potere del paese si trasferisce a Kigali. Il club e molti altri cittadini, tra cui anche la famiglia di Eric Eugène Murangwa, sono costrette a spostarsi, seguendo lo stesso cammino. La nuova casa di Eric Eugène Murangwa si trova esattamente vicino al campo di allenamento del Rayon Sports. Eric passa le intere giornate dietro quella porta e sogna un giorno di diventare uno di loro. Di giocare insieme ai suoi miti. Non il centrocampo, non l’attacco o la difesa, la porta è il suo obiettivo. Studia ogni movimento del portiere, lo fissa per tutto il giorno. Smette di farlo solo quando va a recuperare i palloni fuori dal campo.
Poi un giorno, precisamente del 1989, accade l’impossibile per Eric Eugène Murangwa: gli viene chiesto di sostituire il portiere di riserva della squadra ufficiale. Quella mattina il giocatore non si era presentato all’allenamento. Eric, essendo alto e ben formato, era il prototipo ideale di sostituzione. Da quel momento, a soli sedici anni, Eric mostra a tutti il suo grande talento, totalmente innato. Dopo diversi mesi, esordisce in prima squadra e inizia a vivere il tanto atteso sogno: giocare come professionista in un club nazionale.
I giorni del genocidio dei tutsi
È un giorno di scontri a fuoco, quello in cui Eric Eugène Murangwa rischia di perdere la vita. Si trova nella sua a casa a Kigali, in compagnia di un soldato Hutu che ha il compito di ucciderlo. Sdraiato a terra, con la testa rivolta verso il basso, tiene premuta sulla sua schiena la canna di un kalashnikov. Le minacce di uccisione da parte dei soldati erano all’ordine del giorno, non sarebbe stata quella l’ultima volta.
Il momento tra le minacce e il possibile sparo viene definito più volte da Eric come un momento di totale annullamento: “Non pensavo a niente, la mente si era bloccata completamente. È una perdita di umanità. Non ero spaventato, anche se sapevo che stavo per morire.” La forza, anche solo di pensare alla famiglia, alla carriera, al lavoro, allo sport, al Paese, in quel momento svanisce. Non resta che rimanere immobile e aspettare una sola cosa: lo sparo.
“Il calcio mi ha salvato la vita”
La milizia paramilitare hutu, quando fa irruzione nella sua casa, con la scusa di cercare delle armi nascoste da qualche parte, produce un grandissimo caos. Fino al momento in cui un album di fotografie cade dal tavolo, aprendosi su alcune immagini di Murangwa con la maglia del Rayon Sports.
Uno dei soldati chiede degli spiegazioni, esorta Eric a dichiarare la verità. È lui il gran tifoso del Rayo Football Club. Eric intravede in quella dichiarazione una possibilità di salvezza: “Sono io. Se conosci la squadra, sai chi sono”. Tutta la rabbia, l’odio e le minacce che avevano deformato il volto di quell’uomo, trasformandolo in un assassino, improvvisamente scompaiono. Di colpo sorride e aiuta Murangwa a rialzarsi, sedendosi accanto a lui sul divano e iniziando a parlare del suo sport preferito con uno dei suoi idoli.
Dopo tanti anni Eric Eugène Murangwa ricorda quell’episodio ancora incredulo: “Mi ero rassegnato alla morte, e poi quel soldato mi ha detto che era un tifoso. Abbiamo rievocato alcune famose vittorie e alcune parate. Se n’è andato senza farci del male, dandoci dei consigli su come evitare guai in futuro. Non c’è dubbio: il calcio mi ha salvato la vita”.