Devi sapere, ragazzo, che discutevamo di aborto ancora prima che tu nascessi.
Toon Verhoeven
Quando parliamo di diritti, e più nello specifico, di diritti umani, andiamo verso un’unica direzione: l’appartenenza al genere antropico. L’uomo, in quanto essere vivente, si rapporta continuamente al contesto sociale in cui vive, e per farlo deve tener conto di due prerogative fondanti: il diritto e il dovere. Queste non si escludono a vicenda, anzi, hanno persino la capacità di rafforzarsi qualora decidessero di entrare in un rapporto simbiotico e reciproco.
Risale ormai a settantadue anni fa la Dudu, meglio conosciuta come Dichiarazione universale dei diritti umani, un documento redatto e fortemente voluto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Recita: “Tutti gli essere umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti […]”. Sono queste le parole dell’articolo capostipite, al comando di tutti i successivi.
Nonostante il diritto sia innato in ognuno di noi, soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale si percepì il bisogno di regolare questa mancanza. Sebbene di anni ne siano passati tanti, ancora oggi si fatica a comprendere a pieno il suo reale significato. Un diritto umano, in quanto tale, dovrebbe rappresentare una sicurezza insita e non, al contrario, una volontà non congenita. Eppure non sembra mai esserci stata una cessazione in questo senso. Gli esseri umani combattono da sempre e continueranno a scontrarsi con un destino che, almeno per ora, non dimostra di voler cambiare orientamento.
Accanto a chi ogni giorno si batte per far valere i propri oneri, coesiste una categoria di persone che, al contrario delle prime, si preoccupano semplicemente di sfruttare a pieno i rispettivi benefici. In che modo? Usufruendo a pieno dei diritti guadagnati nel tempo, senza preoccuparsi più di tanto delle conseguenze.
Negli ultimi giorni è al centro del mirino il dibattito italiano riguardante la legge 194 che, dal 1978, disciplina le modalità di accesso all’aborto. Prima di allora, l’interruzione volontaria di gravidanza era considerata dal codice penale italiano un reato a tutti gli effetti. Chiunque decidesse di intraprendere un percorso simile, in quanto cittadina del mondo, ha il diritto di non sentirsi, in nessun modo, inadeguata o giudicata. Soprattutto se le cause di scelta sono convenute.
In quale situazione può essere accettato o meno l’aborto da parte di una società?
In Italia, prima di pochi giorni fa, la decisione spettava esclusivamente alla donna, in quanto piena detentrice del diritto. Tuttavia, il 10 giugno scorso, in Umbria la giunta leghista ha cancellato la possibilità di effettuare l’aborto farmacologico con la pillola Ru486 senza il ricovero in ospedale. L’intera regione è scesa in piazza a manifestare. Le donne non ci stanno, e lo dimostrano gridando a pieni polmoni.
Nel corso degli anni numerose personalità si sono distinte per sfrontatezza riguardo a questo delicato tema. Tra di loro, la più citata è l’artista serba Marina Abramović, spesso fulcro dei dibattiti riguardanti l’aborto e la libertà d’azione. Più volte lei stessa ha affermato: “Ho avuto tre aborti durante la mia vita. Un figlio sarebbe stato un disastro per la mia carriera”.
Un’affermazione che di certo non passa inosservata, e anzi, fa riflettere ancora una volta sulla sua singolare personalità. Regina indiscussa della Performance art, è sempre riuscita a trasmettere qualcosa in più al suo pubblico, perennemente inerme di fronte alla sua genialità intrinseca.
La sua peculiarità lavorativa è stata quella dello stupore, misto a un’indifferenza appena percepibile. La sua arte è sempre stata caratterizzata da elementi contrastanti, ma allo stesso tempo in perfetta armonia tra di loro. È un’artista che ha fatto del lavoro la sua intera esistenza. Per questo e per altri infiniti motivi, la sua scelta pare essere in linea con ciò che ha sempre voluto essere: l’artista controcorrente per eccellenza.
La sua dichiarazione riguardante la scelta di abortire più volte viene percepita da chiunque con estrema serenità. Da una parte perché non ci si potrebbe aspettare altrimenti da un personaggio come il suo. Dall’altra perché ognuno di noi ha il diritto di scegliere cosa volere o meno nella propria vita.
La scelta dell’artista serba è, senza dubbio, influenzata dal suo percorso lavorativo, il quale altrimenti avrebbe preso una strada differente. Ma ciò che va sottolineato è il fatto che ogni essere umano ha il diritto di scegliere per sé, in base alle proprie esperienze, ai propri pensieri e alle proprie aspettative. Nessuno mai potrà mutare questo concetto. Se non le leggi, che troppo spesso si trasformano nei nostri peggiori nemici.
Bisogna sempre avere il coraggio delle proprie idee e non temere le conseguenze perché l’uomo è libero solo quando può esprimere il proprio pensiero senza piegarsi ai condizionamenti.
Charlie Chaplin