I braccianti agricoli in Italia sono costretti a vivere e lavorare in condizioni inaccettabili. È il momento giusto per parlarne, mentre tutto il mondo mostra solidarietà alle proteste del movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti, dove l’emergenza coronavirus ha reso ancora più evidenti le disparità ai danni della comunità afroamericana. Partecipare con coscienza al dibattito sul razzismo sistemico negli USA significa anche dover prendere atto di quello che succede in Italia: i braccianti agricoli sono soprattutto immigrati, costretti a lavorare in nero con paghe misere pur di sopravvivere.
La morte di Mohamed Ben Ali
All’alba del 12 giugno, un incendio nella baraccopoli di Borgo Mezzanone, nel foggiano, ha causato la morte di Mohamed Ben Ali, bracciante senegalese di soli 37 anni. Lo ha annunciato nei vari canali social Aboubakar Soumahoro, sindacalista dell’Unione sindacati di base (USB) e maggiore portavoce della lotta al caporalato.
Mohamed Ben Ali è morto ingiustamente dopo aver vissuto altrettanto ingiustamente in dimore fatiscenti, lavorando nei campi tutti i giorni per pochi euro al giorno per permettere agli italiani di comprare frutta e verdura a basso costo. La sua storia somiglia a quella di molti altri, che emigrano per scappare dalla povertà – soprattutto dall’Africa – e si ritrovano vittime di un sistema che guadagna dalla loro povertà.
https://www.instagram.com/p/CBVS_2biGwf/?utm_source=ig_web_copy_link
Le proteste al decreto rilancio
Poche settimane prima della tragica morte di Mohamed Ben Ali, il 21 maggio, migliaia di braccianti si sono riuniti proprio lì, nel foggiano, per protestare contro il nuovo decreto rilancio. “Lo sciopero degli invisibili”, come è stato chiamato da Aboubakar Soumahoro, si è svolto pacificamente con una marcia a cui hanno aderito anche i Verdi-Europa Verde e il Movimento delle sardine.
Lo scopo dello sciopero, oltre a creare un generale grido d’allarme per le condizioni di vita e di lavoro disumane riservate ai braccianti stranieri, era di contestare i provvedimenti di regolarizzazione del decreto rilancio, giudicato troppo superficiale e inadeguato rispetto all’emergenza reale.
Il decreto rilancio è stato pensato per reagire alla crisi causata dal coronavirus, che ha esacerbato le problematiche legate al lavoro irregolare. Sono previste varie agevolazioni per aziende, piccole imprese e lavoratori, con estensioni della cassa integrazione, dei congedi parentali e del bonus babysitter. Ma soprattutto, come annunciato con una certa commozione dalla ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova, il decreto rilancio permette la regolarizzazione dei lavoratori irregolari impiegati nel settore agroalimentare, insieme a colf e badanti.
Un bel traguardo, sicuramente, non fosse che il provvedimento esclude altri settori gravemente interessati dal lavoro nero, come l’edilizia e la logistica, e che i lavoratori stranieri possono richiedere la regolarizzazione solo se posseggono un permesso di soggiorno scaduto e hanno già lavorato in passato nello stesso settore (e sono in grado di dimostrarlo). Il decreto sorvola sull’emergenza coronavirus e sulle baraccopoli che di sicuro non garantiscono il distanziamento sociale – insomma la regolarizzazione non agisce con la giusta urgenza sulla salute dei lavoratori, anzi mette in primo piano la loro produttività a discapito dei loro diritti.
https://www.instagram.com/p/CBXkRjJiqgQ/?utm_source=ig_web_copy_link
I primi risultati – scarsi – della sanatoria
La morte di Mohamed Ben Ali ha inasprito una situazione già molto critica: è una storia già sentita. Non è la prima volta che l’incendio di una baraccopoli mette in grave pericolo i braccianti agricoli. A un giovane gambiano toccò la sua stessa sorte nel 2018, proprio nella stessa baraccopoli di Borgo Mezzanone, ma le stesse dinamiche si ripetono di anno in anno in zone diverse.
Si dovrebbe sperare che il nuovo decreto rilancio sia il primo passo verso una vera regolarizzazione del lavoro nero (che non riguarda solo gli stranieri, anche se i migranti vengono sfruttati più facilmente), ma la prima risposta generale lascia poco spazio all’entusiasmo: a tot settimane dalla cosiddetta Sanatoria 2020, i lavoratori stranieri ad averne fatto richiesta sono meno di 20.000, ben al di sotto delle aspettative del governo. Le previsioni puntavano a raggiungere addirittura 220.000 beneficiari, e già questo numero comprendeva solo un terzo della totalità di lavoratori irregolari in Italia.
Bisognerebbe pensare più spesso a questa ingiusta gerarchia sociale e ascoltare il grido di chi dice «non sono invisibile». Adesso, mentre il dibattito sul Black Lives Matter è più che mai vivo e partecipato, l’Italia deve ascoltare coloro che si occupano dei lavori più duri e malvisti, dalle pulizie domestiche alle dodici ore sotto il sole per raccogliere pomodori.
Lo sciopero del 16 giugno
La mattina del 16 giugno, Aboubakar Soumahoro ha annunciato di aver intrapreso uno sciopero della fame e si è incatenato davanti a Villa Pamphilj, a Roma, in occasione dei cosiddetti “Stati Generali dell’Economia”, per aprire un dialogo immediato con il governo sui diritti dei lavoratori dei campi e dei migranti.
Le richieste principali sono: la riforma della filiera agricola, contro il caporalato; modifiche alle politiche migratorie e di cittadinanza, cancellando gli accordi con la Libia e i decreti sicurezza; infine un piano nazionale di emergenza lavoro a favore di tutte le persone che hanno perso il lavoro (o rischiano di perderlo) a causa dell’attuale crisi sanitaria.
Una delegazione di braccianti, guidati da Soumahoro, sono stati finalmente ricevuti nel tardo pomeriggio dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, insieme ai ministri Gualtieri e Catalfo. Il sindacalista ha affermato che Conte abbia apprezzato le proposte e garantito che i temi toccati stiano a cuore al governo, e ha concluso con queste parole il video pubblicato al termine dell’incontro:
Questo risultato è merito della lotta, del contributo, della solidarietà, della simpatia umana di ognuna e di ognuno di voi. Non è una questione dei braccianti ma è di tutti gli invisibili, tutti gli esclusi.
FONTI
CREDITS