Tra i numerosi settori a cui è possibile applicare i cosiddetti studi di genere (gender studies in inglese) c’è anche quello della medicina. Se uomo e donna devono avere lo stesso peso, bisogna riconoscere loro un approccio medico ugualmente attento alle loro differenti specificità. Questo approccio va sotto il nome di medicina di genere, o più correttamente gender-specific medicine.
Sesso e genere
Innanzitutto un doveroso chiarimento. Sesso e genere non sono la stessa cosa.
Per sesso si intende il sesso biologico, cioè l’insieme di caratteristiche genetiche, anatomiche, endocrine che concorrono a differenziarci fisicamente in maschi e femmine.
Per genere, invece, si intende l’insieme di categorie socio-culturali che in un determinato contesto sono ritenute maschili o femminili, e in cui ci identifichiamo (anche in modo non binario). Ciò ha delle conseguenze dal punto di vista psicologico e sociale, nonché delle ricadute sulla salute stessa.
Possiamo definire la Medicina di Genere come la scienza che studia l’influenza del sesso (accezione biologica) e del genere (accezione sociale) sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le malattie per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna.
Non dunque una medicina “fissata” sulla donna, in qualche modo esclusiva, come spesso si crede. Siamo piuttosto di fronte ad una medicina che guarda alle specificità di ogni paziente, uomo o donna che sia (e che si ritenga). Una medicina che si interessa della sua vita e ne correla gli elementi ai problemi di salute, come parte integrante della sua anamnesi. E che facendolo su larga scala contribuisce a creare conoscenza da spendersi in prevenzione mirata.
Esempi
La differente incidenza di patologie può essere dovuta sia alle differenze biologiche che a quelle sociali e, dunque, legate al genere. Vediamo degli esempi per questo secondo caso.
La mancanza di personale medico-sanitario femminile può rappresentare una barriera per servirsi delle relative prestazioni. In certi popoli le donne devono chiedere il permesso di curarsi al marito, oppure non hanno affatto la possibilità di accedere alle cure. È stato riscontrato che le donne del Sud-Est asiatico riconoscono meno i sintomi delle malattie, finendo per non trattarli. D’altro canto nelle culture in cui la donna che fuma è malvista, quasi solo gli uomini muoiono di tumore al polmone.
Gli uomini risultano avere scarsa attitudine alla prevenzione e ricercare cure in stadi più avanzati di malattia. La tendenza del maschio ad esibirsi come virile e la conseguente minore prudenza possono essere correlate al maggior numero di incidenti stradali per gli uomini. Nelle culture che ammettono la poligamia maschile e senza l’uso del condom, l’uomo può diventare veicolo di malattie sessualmente trasmissibili.
Si possono osservare conseguenze cliniche anche da modificazioni culturali. Basti pensare al fatto che oggi le donne lavorano, ma in molti casi si trovano ancora a svolgere la maggior parte delle attività domestiche. Se lo stile di vita influenza la nostra salute, va da sé che questo sovraccarico di impegno e responsabilità comporta maggiore stress. Infatti tale è
il motivo per cui le patologie legate allo stress sono in crescita tra le donne, con un conseguente aumento di malattie cardiovascolari che, non è una coincidenza, sono divenute la prima causa di morte per le donne.
Ricadute di queste conoscenze
Perché è importante tenere a mente questi elementi? Come aiutano la figura del medico e quella del paziente?
Innanzitutto, si possono ridurre i margini in cui un problema viene sottostimato. Questo è stato ampiamente riscontrato nei secoli scorsi, quando la medicina tendeva a considerare la donna come una sorta di piccolo uomo. Gli studi erano condotti principalmente su soggetti maschili, e si riteneva che i loro risultati fossero applicabili ad entrambi i sessi e i generi.
Imprecisioni di questo tipo riguardavano anche i bambini, visti come adulti in miniatura, prima che una specializzazione pediatrica si affermasse come nettamente distinta dalle altre.
In secondo luogo, si possono impostare percorsi di prevenzione e sensibilizzazione mirati, volti a non far sottovalutare una malattia in primis al paziente stesso.
Infine, non si possono escludere le ricadute positive in fatto di rapporto medico-paziente ed esito di un’eventuale terapia. È importante vedersi visitati con un’attenzione maggiore alle proprie specificità, specie quando si è in una situazione di bisogno. Ci spinge, infatti, ad una maggior fiducia verso lo specialista e verso la terapia proposta, che quindi ha maggior probabilità di riuscita.
La medicina di genere si inserisce, così, nella direzione complessiva che sta prendendo il settore: la personalizzazione degli approcci e delle terapie. Il futuro, se ne parla già, potrebbero essere la medicina di precisione e la medicina personalizzata.