I think it’s something visual about it.
You know, the old buildings and things. Something about it.
And I just think it happened to come out in Cuzco, that’s all.
Best of all.
(Penso che sia qualcosa di estetico.
Sai, i vecchi edifici e le cose. Qualcosa al riguardo.
E penso solo che sia successo a Cuzco, tutto qui.
Meglio di tutto.)
Harry Callahan
Questo è il commento lasciato dal fotografo statunitense Harry Callahan dopo aver intrapreso un fortunato viaggio attraverso il Perù.
Viaggio fotografico
Nell’estate del 1974 Callahan è in viaggio per il Perù con la famiglia e, consigliato da vicini di casa, decide di raggiungere la città di Cuzco, che a quel tempo non godeva ancora di notorietà turistica. Qualche anno prima era tornato da un viaggio produttivo in Messico; è la ricerca del medesimo ambiente primordiale che lo conduce in Perù, superando così i viaggi romani (1968) che di fatto lo lasciano profondamente insoddisfatto.
I got some things that were pretty good, but I think that made another kind of an influence on me. And we came back and we went to Mexico the next year, and I think for the first time I really got something, finally did something in Mexico, and then I went to Mexico again and I got more and it just seemed to spark something and when I . . . . Last summer we went to Peru and I stayed in the little town of Cuzco.
( Ho avuto buoni risultati, ma penso che mi abbiano influenzato in modo diverso. E quando siamo tornati negli Stati Uniti e poi ripartiti per il Messico l’anno successivo, credo che per la prima volta ho davvero ottenuto qualcosa, finalmente ho fatto qualcosa in Messico, e poi sono andato di nuovo in Messico e ne ho scattate di più e mi è sembrato di scatenare qualcosa e quando io . . . . L’estate scorsa siamo andati in Perù e ho soggiornato nella piccola città di Cuzco)
Possiamo ritrovare una buona parte del progetto Cuzco tra le fotografie scattate da Katherine Keller durante la personale al MoMA del 1976 curata da John Szarkowski, a quel tempo direttore del Dipartimento fotografico del museo.
L’enorme mole di lavoro e il ricco archivio custodito al Center of Creative Photography in Arizona può in parte spiegare la natura del fotografo che, come raccontano alcune testimonianze di studenti, era in perenne ricerca e sperimentazione, tanto che spesso interrompeva un progetto per riconsiderarne altri, o ritirava fuori fotografie scattate tempo addietro, per rielaborare e comporre nuove visioni.
Elementi della ricerca
La figura umana è per il fotografo oggetto di continui studi. Dagli scatti alla moglie Eleanor ai passanti di Chicago ed Aix-en-Provence, Callahan muta il suo approccio, passando dalla sperimentazione di tipo stilistico-tecnico della multi-esposizione al cambio di inquadratura, focalizzando l’attenzione sul viso e sull’espressione curiosa dei passanti. Conseguenza di questo mutamento è la serie di scatti alla figlia Barbara e alla moglie Eleanor tra esterni ed interni dove, con più libertà, ha modo di indagare sulle forme del corpo e sulla loro valenza astratta.
In seguito all’esposizione del progetto Cuzco al MIT, Anna Parson ci lascia una recensione dettagliata e calzante del progetto:
Peruvians themselves are not the subject of these prints. Their shadows are what exist before they arrive, what’s left after they gone.
(Gli stessi peruviani non sono oggetto di queste stampe. Le loro ombre sono ciò che esiste prima che arrivino, ciò che resta dopo che se ne sono andati).
Diversamente dagli scatti precedenti Cuzco, l’attenzione sembra qui focalizzata alla vastità degli spazi. Le figure sono eroici arresti delle ombre che prevalgono, un intricato gioco di architetture e scorci nati dagli angoli solari sulla città.
Anna parla di uno Spirito rassegnato e una Fiducia in propagazione, ma aggiunge:
The twentieth-century pressures are absent.
(L’oppressione del ventesimo secolo è assente)
Con questa frase vuole intendere che non c’è ombra di un intento reportagistico ne tantomeno una volontà di denuncia delle condizioni di povertà del paese.
Tra le fotografie scattate a Cuzco l’elemento che ricorre è il paesaggio urbano, fatto di bianchi muretti, qualche palo della luce e strade deserte. L’elemento umano ⎼ quando presente ⎼ è inserito a completamento della composizione
and the landscape through which they walk remains untouched by their presence.
(e il paesaggio attraverso il quale camminano rimane intatto dalla loro presenza)
Callahan compone le ombre e la struttura della città, arrivando spesso a toccare l’astrattismo già sperimentato in altri contesti e crea un forte interesse per l’oggetto fotografico. Sono espedienti già visti nelle strade di Aix-en-Provence e a Chicago, ma a Cuzco hanno una valenza spirituale nuova. Ci riporta in una visione di perpetuità quasi antica, considerata sia dal punto di vista spaziale (in ogni luogo), che in quello temporale (in ogni tempo).
Le grandi metropoli americane sfuggono dalla ricerca di un’architettura scarna. La luce, le nuvole e le ombre non prevalgono sulle costruzioni di Chicago ne a Cuzco.
L’importanza di questo progetto, inserito nella produzione di un artista così complesso come lo è stato Callahan, può essere letto come una volontà, e talvolta una necessità, di dover fermarsi e riprendere una visione pura e semplice del mondo che questo luogo in un certo senso incarna.
We are faced with an aesthetic world that is simultaneously intimately familiar and infinitely remote.
(Siamo di fronte a un mondo estetico che è allo stesso tempo intimamente familiare e infinitamente remoto.)
FONTI
A. Parson Photography Reviews: Harry Callahan—Cusco, Peru <<New Boston Review>> June 1975