Commercio equo e solidale in italiano, fair trade in inglese, è un mercato che ha a che fare con la trasparenza, il non-sfruttamento e la valorizzazione del Sud del Mondo. Si batte per l’uguaglianza, la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente. Nato come alternativo, lontano dal concetto mainstream di profitto economico, si sta diffondendo negli ultimi anni come una scelta necessaria per il raggiungimento di un benessere sempre più collettivo e meno individualistico.
I punti storici del commercio equo e solidale
Il commercio equo e solidale nasce negli anni Cinquanta nel Nord Europa da particolari enti con lo scopo di creare una rete commerciale in aiuto ai più bisognosi. Nel 1968, durante le manifestazioni studentesche, si trasforma in un segno di protesta verso le grandi multinazionali. Si sviluppa tramite mercati illegali, con vendite da casa propria di prodotti che saltano l’iter commerciale, arrivando direttamente al consumatore.
Nel 1969 apre il primo “negozio mondiale” nei Paesi Bassi. Lo scopo è quello di portare i principi del commercio equo e solidale al settore della piccola distribuzione, esponendo in vendita quasi esclusivamente beni prodotti in termini di commercio equo e solidale nei Paesi sottosviluppati.
Il primo negozio, gestito da volontari, ottiene un successo strepitoso. Dozzine di negozi simili vengono aperti presto nei Paesi del Benelux, in Germania e in altri dell’Europa occidentale. Migliaia di volontari iniziano così a vendere caffè dell’Angola e del Nicaragua in negozi mondiali, dietro le chiese, da casa loro o in stand localizzati in luoghi pubblici.
L’Organizzazione Mondiale del commercio equo e solidale
Da un primo approccio clandestino, il commercio equo e solidale viene regolarizzato e riconosciuto in un secondo momento da un ente internazionale: l’Organizzazione Mondiale del Commercio Equo e Solidale. I compiti principali sono quelli di rilasciare le certificazioni alle aziende che ne fanno richiesta e dare una linea guida ai Paesi che vogliono regolamentare questo tipo do commercio. Funge da punto di riferimento per tutte le organizzazioni che operano in questo settore.
Nel 2018 l’WFTO emana la Carta del Commercio Equo e Solidale, un documento che chiarisce quali sono i valori fondanti, ponendo al centro i valori fondanti e aprendosi alle sfide della lotta al cambiamento climatico e del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La crescita delle disuguaglianze, la povertà e l’acuirsi della crisi ecologica hanno portato la comunità internazionale a cercare nuovi modelli di produzione per costruire un’economia più equa e davvero sostenibile. Questa Carta è il punto di riferimento comune e il biglietto da visita per tutti coloro che vogliono conoscere meglio il lavoro del Commercio Equo e Solidale.
WFTO raccoglie oggi trentadue organizzazioni nazionali, oltre 330 organizzazioni di Commercio Equo e Solidale tra produttori, importatori, distributori, retailer, e altre trentaquattro organizzazioni di supporto al Commercio Equo e Solidale.
Come funziona?
Il commercio equo e solidale nasce per tutelare i piccoli produttori, soprattutto in campo agricolo. A differenza di un sistema economico tradizionale, il prezzo dei prodotti viene stabilito con il chiaro intento di dare il giusto prezzo al produttore, tenendo conto di tutte le spese da esso sostenute. La garanzia maggiore è anche quella di avere dei contratti pluriennali con prezzi minimi garantiti e una quantità minima di acquisto. Le industrie acquirenti a loro volta sono motivate a finanziare l’agricoltore. Gli anticipi permettono infatti al produttore di attuare procedure e cure durante la fase di coltivazione.
Per quanto riguarda la tipologia di prodotti, i più comuni sono: caffè, zucchero di canna, miele, orzo, frutta secca, noce moscata e tè. Tutti questi alimenti seguono la regole del non profitto. Vengono venduti secondo delle regole di salvaguardia, che permettono ai produttori di ottenere dei giusti guadagni. Questo meccanismo obbliga le grosse catene alimentari a non sfruttare le aree del mondo in cui questi prodotti proliferano, come appunto i Paesi del Terzo Mondo.
Questo tipo di commercio è quindi un sistema che permette di lavorare senza speculazione. Le giuste garanzie concordate tra acquirenti e produttori permettono di ottenere un prodotto di qualità, vantaggioso per ambedue le parti. La qualità viene garantita sia dai controlli che vengono adottati quotidianamente dalle organizzazioni operanti sul territorio che dalle tecniche di lavoro. Perché vige un rapporto di rispetto con la natura e l’ambiente, con un occhio sempre verso il territorio e i cambiamenti climatici.
Commercio equo e solidale e dati alla mano
Secondo il Rapporto Annuale di Equo Garantito nell’anno 2018 il commercio equo e solidale ha generato in Italia un fatturato di oltre 71 milioni di euro. Sopratutto grazie al commercio online che ha contribuito a creare un aumento del +2,4%.
Secondo l’ultimo Rapporto datato anno 2019 questo tipo di commercio sta ottenendo risultati molto importanti, verso numeri sempre più significativi. In Italia più di settanta organizzazioni di commercio equo e solidale e 202 botteghe offrono lavoro a circa 243 persone e contano un totale di 403 volontari. Anche il numero delle donne attive in questo settore è in aumento: sono circa 340 le figure femminili impiegate, rappresentando il 65% del totale.
Prendendo in considerazione anche un’altra fonte, ovvero l’OCIS (Osservatorio internazionale per la coesione e l’inclusione sociale), nel 2018 il 30% degli italiani ha fatto scelte di consumo responsabile. Dato che conferma la crescita da parte del consumatore di un nuovo tipo di consapevolezza, sia nell’acquisto che nelle abitudini alimentari.
La necessità di un’economia basata sul benessere
Un’economia basata sul benessere sia delle persone che dell’ambiente risulta quindi necessaria. Cambiare scelte di acquisto e abitudini non è sempre così facile, ma può diventare possibile se alla base esiste una corretta informazione, capace di sensibilizzare su una tematica che necessita di essere posta in primo piano.
Sostenere un mercato poco mainstream e comprare prodotti in grado di migliorare un po’ il futuro di molti è sicuramente un atto lodevole. Ma molto spesso poco attuato, perché manca una corretta educazione culturale, prima che una risoluta consapevolezza.
L’attenzione deve essere posta sopratutto sul consumatore, che deve essere invogliato a cambiare tipologia di acquisti. Condotto verso prodotti concepiti attraverso il concetto di filiera corta, dove la distanza tra chi produce e chi consuma è minore. Dove il risultato è quello di un’agricoltura e di una vita più sostenibile. Perché compiere scelte diverse è sempre più possibile e necessario.
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