Alcuni termini tecnici godono periodicamente di una fama smisurata, portati alla ribalta dagli eventi politici, per poi tornare chetamente ad essere utilizzati in modo esclusivo dal mondo giuridico e politico, in attesa di una nuova riscoperta. Impeachment è una di queste parole, un termine che abbiamo sentito, letto e pronunciato, ma di cui spesso non conosciamo a pieno la storia e il significato.
L’impeachment, o messa in stato d’accusa, è un istituto giuridico con cui si rinvia a giudizio un titolare di una carica pubblica: il caso più eclatante riguarda il Presidente, quando si ritenga che tale soggetto abbia commesso specifici illeciti nell’esercizio delle proprie funzioni. Si tratta, perciò, di una particolare forma di controllo e verifica cui i funzionari pubblici sono sottoposti, così da evitare o punire la commissione di gravi reati connessi con la carica ricoperta.
La storia dell’istituto è molto antica, essendo nato in Inghilterra nel 1376 con la messa in stato d’accusa per corruzione dei ministri del sovrano Edoardo III. Si tratta, quindi, di uno strumento proprio del common law, tanto che anche nello sviluppo successivo, trasformatosi in responsabilità ministeriale del gabinetto del sovrano e poi ancora, con l’avvento della Repubblica negli Stati Uniti, in un controllo delle cariche pubbliche repubblicane, si è sempre affermato principalmente in ordinamenti di stampo anglosassone o che da questi sono stati profondamente influenzati.
Oggi sono diversi gli ordinamenti giuridici nel mondo che prevedono l’istituto dell’impeachment, seppur con diversità anche molto profonde per quanto riguarda chi può essere soggetto a questa procedura, gli illeciti di cui si può essere accusati o, ancora, gli organi che hanno il compito di attivare tale strumento. Essendo principalmente utilizzato per poter sollevare il Presidente dalla propria carica in seguito alla commissione di determinati atti, si tratta di uno strumento presente maggiormente nei sistemi presidenziali e semi-presidenziali, pur con qualche eccezione anche nei sistemi parlamentari. La ragione di ciò è presto detta: nei sistemi che prevedono il rapporto fiduciario tra parlamento e governo, come il parlamentarismo italiano, uno strumento simile perde di utilità in quanto un ruolo similare e molto più snello viene svolto dalla mozione di sfiducia.
Il caso più emblematico riguarda l’impeachment negli Stati Uniti. In questo ordinamento possono essere sottoposti a tale procedimento i giudici e i membri dell’esecutivo, sino al Vicepresidente e al Presidente. Il Congresso svolge un ruolo fondamentale: è, infatti, la Camera dei Rappresentanti, l’organo preposto a valutare l’esistenza o meno dei presupposti per l’avvio della procedura, che necessita della maggioranza semplice dei presenti. In seguito il Senato svolge il compito di giudice, decidendo con la maggioranza dei due terzi dei presenti. Le sanzioni conseguenti all’impeachment sono l’interdizione dai pubblici uffici e la rimozione dalla carica. Inoltre è possibile che, contemporaneamente con la procedura di impeachment, che è di natura essenzialmente politica, il soggetto possa essere sottoposto a processo della giustizia ordinaria.
I precedenti in materia sono relativamente pochi ma estremamente famosi. In due casi – Johnson nel 1868 e, più recentemente, Clinton nel 1999 – il presidente fu assolto dal Senato. Il presidente Nixon, invece, non fu mai sottoposto alla procedura di impeachment, in quanto si dimise prima dell’avvio della stessa in seguito allo scandalo Watergate, forse ancora ad oggi il più grande scandalo politico made in USA. Nel febbraio 2020 il presidente Trump è stato assolto nel giudizio a suo carico, seppur spicca per importanza politica il voto di condanna espresso dal senatore repubblicano, in passato candidato alla presidenza, Mitt Romney.
Anche in Brasile l’impeachment svolge un ruolo fondamentale all’interno dell’ordinamento, soprattutto negli ultimi anni. Nel 2016, infatti, Dilma Rousself è stata rimossa dalla carica di presidente in seguito al voto favorevole del Senato, mentre per l’attuale presidente Jair Bolsonaro la strada verso l’impeachment sembra spianata, complice anche la sua completamente assurda e irresponsabile non gestione dell’epidemia Covid oltre che le molte accuse ricevute da parte di esponenti del proprio partito e dell’opposizione di ostruzione della giustizia, prevaricazione o superamento dei propri poteri.
Il Brasile, repubblica presidenziale ma di civil law, complice un multipartitismo esasperato e una polarizzazione politica sempre più forte, rischia di veder mutare l’istituto dell’impeachment da strumento politico di estrema gravità utilizzabile solamente in determinati casi a una mozione di sfiducia con cui vigilare su un potere presidenziale spesso fuori controllo, mancando gli adeguati contrappesi democratici tipici del sistema statunitense o della struttura politica del parlamentarismo puro.
L’impeachment è, quindi, uno strumento molto importante di cui è bene ricordare la gravità e la natura. Non si tratta di un processo giurisdizionale, affidato a magistrati, bensì di un giudizio politico nelle mani dell’organo rappresentativo del Paese. Può cambiare la storia di una nazione, distruggere la fiducia nella politica quanto accrescerla. Una strada necessaria ma pericolosa, da cui non si può tornare indietro e che quindi va utilizzata con cautela e altrettanta decisione.