«Guardare la realtà con occhi nuovi». Questo sembra il più grande insegnamento che possiamo trarre dall’incubo degli ultimi mesi. Ma proprio quando stiamo per vedere la luce fuori dal tunnel, il mondo dell’arte si stringe attorno alla scomparsa di un maestro, che per decenni ci ha rapiti con la forza dell’immaginazione. Lui sì che sapeva guardare il mondo con occhi diversi.
È una domenica sera qualunque quando la pagina Facebook di Christo annuncia la morte dell’artista bulgaro. Si è spento a 84 anni, per cause naturali, nella sua casa di New York. A settembre avrebbe dovuto impacchettare l’arco di Trionfo a Parigi, l’opera finale che avrebbe coronato oltre 50 anni di successi.
Il sodalizio con la moglie: dai primi wrapped objects…
Nato nel 1935 a Gabrovo, in Bulgaria, da una famiglia di industriali, studia all’Accademia di Sofia. Qui si avvicina alla pittura, alla scultura e all’architettura. In fuga dalla repressione del regime comunista, si trasferisce prima a Praga, poi a Vienna e infine a Ginevra.
Nel 1958 raggiunge Parigi, dove inizia a realizzare ritratti che firma con il cognome di famiglia “Javacheff”. Qui conosce sua moglie, Jeanne-Claude, che lo seguirà in una serie di avventure in giro per il mondo, in un sodalizio che durerà fino alla fine dei loro giorni. Anche dopo la scomparsa della sua compagna di vita, nel 2009, Christo continua a portare avanti il progetto artistico della coppia, firmando le opere con il suo nome accanto a quello di Jeanne-Claude.
Il fervore creativo di Parigi lo induce alle prime sperimentazioni: impacchetta lattine, sedie, bottiglie e scatole, avvolgendoli in diversi strati di plastica semitrasparente. Attraverso i cosiddetti “wrapped objects”, Christo restituisce dignità estetica agli oggetti di uso quotidiano, che possono diventare opera d’arte senza distinzione di forma e di bellezza.
…agli interventi in campo ambientale
Christo raggiunge la popolarità alla fine degli anni Sessanta, con opere che nascondono alla vista del pubblico vaste porzioni di paesaggio o monumenti. Ettari di tessuto e chilometri di cavi avvolgono chiese, musei, fontane e palazzi del potere politico, come fossero giganteschi pacchi dono.
Nel 1985, Christo e Jeanne-Claude impacchettano il Pont Neuf, il più antico ponte parigino sulla Senna. Oltre 40.000 metri quadrati di tessuto giallo oro trasformano lo stesso ponte dipinto da Turner o da Picasso, in una leggiadra scultura galleggiante.
La sua opera più celebre però è probabilmente l’imballaggio del Reichstag di Berlino, nel 1995. 24 anni e 15 milioni di dollari sono serviti per la realizzazione di quest’ambizioso progetto. La sede del Parlamento tedesco ha poi un alto valore simbolico per la Germania e per il mondo intero (si ricordi che l’incendio del palazzo, nel 1933, diede avvio all’escalation nazista).
Numerosi sono gli interventi dell’artista bulgaro anche in Italia. È autore, infatti, di vari impacchettamenti artistici. Tra questi, quelli della statua equestre del re Vittorio Emanuele II, in Piazza Duomo, e del monumento a Leonardo da Vinci, in Piazza della Scala a Milano. Nel 2016 torna nel Bel Paese, con una popolarissima installazione sul Lago d’Iseo. The Floating Piers, una passerella galleggiante che unisce Sulzano a Monte Isola e all’isola di San Paolo, è stata attraversata da oltre un milione di visitatori.
Nonostante la scomparsa, l’ultima creazione di Christo è attesa nella capitale francese. “Christo e Jeanne Claude hanno sempre detto chiaramente che la loro arte sarebbe dovuta continuare dopo la loro morte. L’Arc de Triomphe Wrapped – inizialmente previsto per l’autunno 2020 – resta in programma per il 18 settembre-3 ottobre 2021″ annuncia l’account Twitter ufficiale della coppia.
Risvegliare l’interesse sull’ambiente quotidiano
Le operazioni di Christo sono dettate tanto da uno spirito di trasgressione quanto da un profondo valore etico. Il momentaneo occultamento provoca un effetto di straniamento sui passanti, riportando la loro attenzione su ciò che fa parte del loro scenario abituale e che spesso passa inosservato.
I suoi interventi in campo ambientale sono azioni temporanee ed effimere che, seppur in un breve frangente, sconvolgono la quotidianità dei cittadini, spingendoli a guardare alle cose con occhi nuovi. “Lo sapete che non ho alcuna opera esistente? Tutte scompaiono quando sono finite. Ho solo gli schizzi e questo rende in qualche modo il mio lavoro leggendario.” aveva dichiarato in un’intervista al New York Times negli anni ’90. “Ritengo che ci voglia più coraggio a creare cose che se ne vanno, che a creare cose che restano”.
La tendenza degli esponenti della Land Art a operare in grandi spazi naturali e incontaminati prevede un ritorno al dialogo diretto e ravvicinato con la natura. Così Christo trascende i limiti dell’arte tradizionale, facendo del mondo la tela della propria opera d’arte, sfidando gli stereotipi della rappresentazione.
“Ha vissuto la sua vita al massimo, non solo sognando ciò che sembrava impossibile, ma realizzandolo” si legge nella nota che accompagna l’annuncio della scomparsa sulla sua pagina Facebook. Le opere d’arte di Christo e Jeanne-Claude hanno unito le persone nella condivisione di esperienze in tutto il mondo e il loro lavoro continua a vivere nei nostri cuori e nei nostri ricordi.
FONTI
G. Bora, G. Fiaccadori, A. Negri, I luoghi dell’arte, vol. 5, Mondadori, Milano, 2010.