Madrid, Francoforte e Dalian.
Claudia, Luca e Beatrice.
Tre città ospitanti, tre studenti universitari pronti a vivere un’esperienza formativa all’estero. Mai avrebbero immaginato di dover fare i conti con una pandemia chiamata Coronavirus.
C’è chi è partito ed è stato costretto a tornare a casa. C’è chi ha deciso di rimanere all’estero, lontano dalla propria famiglia. C’è chi non è mai riuscito a partire per la destinazione programmata. La pandemia Coronavirus ha interrotto la nostra normalità, impedendo, fra le tante, il proseguimento delle attività accademiche.
A tal proposito, tre studenti universitari coinvolti hanno voluto raccontarci la loro storia. A partire dalla reazione del Paese ospitante nei confronti della pandemia, sin alle loro emozioni di fronte all’incertezza del loro futuro.
Claudia – Colegio Universitario De Estudios Financieros
C’è Claudia, a Madrid. O meglio, c’era Claudia a Madrid.
Studentessa magistrale di Milano, da gennaio prosegue gli studi economici in Spagna aderendo al programma Erasmus. Consapevole dell’aggravarsi della situazione ai tempi ancora solo epidemica, Claudia ha deciso razionalmente di tornare a casa, in Lombardia, per ricongiungersi coi propri cari in questo drammatico momento. Ma il suo cuore è ancora là, a Madrid, dove spera di poter tornare il prima possibile per poter terminare il proprio percorso accademico spagnolo.
La Spagna è uno dei Paesi più colpiti dall’emergenza Coronavirus; particolarmente sofferente la città di Madrid. Oggi, nonostante gran parte del Paese si appresti a tornare alla normalità, Madrid resta ancora alla “fase zero”. Nessun allentamento delle misure per la capitale, che si accusa non essere stata in grado di provvedere adeguatamente al contenimento della crisi.
La decisione di tornare a casa l’ho presa lunedì 9 marzo, quando la Comunità di Madrid ha annunciato la chiusura di tutte le università della regione per almeno due settimane, per colpa della crescita esponenziale dei contagi nella capitale dovuta all’assenza di misure restrittive adeguate. Quel giorno, ho realizzato che la mia esperienza Erasmus sarebbe dovuta finire lì.
Ho pianto per la tristezza sapendo di dover abbandonare un’opportunità simile ma sapevo di aver preso la decisione più giusta in nome della salute. Oggi, sono contenta di poter essere nel mio Paese vicina alla mia famiglia in un momento tanto difficile.
Spero vivamente che la situazione si risolva al più presto e che noi, studenti Erasmus, potremo ritornare a viaggiare.
Luca – Frankfurt School of Finance and Management
C’è Luca, a Francoforte.
Studente magistrale universitario di giorno, analista finanziario al di fuori dell’orario accademico. Per evitare l’insorgere di problemi a livello lavorativo, Luca ha deciso, in assenza di valide alternative, di restare all’estero, nella sua ormai nuova patria, la Germania, e trascorrere la quarantena lontano dalla propria famiglia, seppur a malincuore.
In Germania, il tasso di mortalità dovuto al Coronavirus è più basso rispetto ad altri Stati: sin da febbraio sono stati costantemente effettuati tamponi di massa che hanno portato a isolare focolai regionali per impedire la diffusione del contagio. La quarantena non è mai stata un obbligo per legge, ma un consiglio: sono infatti in vigore delle limitazioni delle libertà personali non assolutistiche, tanto che è sempre stato possibile uscire a passeggiare accompagnati dai propri conviventi. Nonostante il meno drastico cambiamento, anche la Germania oggi si appresta alla ripresa della totale normalità.
La mia vita ormai è qui a Francoforte e, nonostante in Italia abbia ancora moltissimi affetti, di fatto sarebbe molto difficile allontanarmi per più di qualche giorno da questa città.
La distanza si fa sicuramente un po’ sentire perché tutte le visite programmate da parte di amici sono saltate e questo sarà anche il primo anno che non trascorrerò Pasqua con la mia famiglia. Si cerca di compensare con qualche video chiamata, ma chiaramente non è la stessa cosa che vedersi di persona.
Beatrice – Liaoning Normal University
Ci sarebbe dovuta essere Beatrice, a Dalian.
Neolaureata in comunicazione interculturale, dopo tre anni di studio della lingua cinese ha deciso di consolidare le proprie conoscenze proseguendo gli studi all’estero, proprio nella madrelingua Repubblica Popolare. Beatrice è stata la prima a veder lo sgretolarsi del proprio sogno, a partire dall’annullamento dell’imminente partenza nel mese di febbraio, essendo la Cina il primo Paese colpito dalla pandemia.
Oggi, la Cina sta gradualmente tornando alla normalità. Per la prima volta dall’inizio della crisi, a Wuhan, epicentro epidemico, non si registrano casi di decessi da Coronavirus. Il lieto traguardo è stato raggiunto dopo mesi di severi divieti e isolamenti che, seppur richiedenti sforzi notevoli da parte della popolazione, sono stati necessari per debellare l’epidemia. Un esempio da seguire, sperando di raggiungere il medesimo risultato al più presto.
Già dalla fine del mese di gennaio monitoravo lo svilupparsi della situazione in Cina senza eccessive preoccupazioni, non conscia della gravità del caso. Il peggiorare del contagio nel resto del mondo e, in particolare in Italia, ha però iniziato a incrinare la mia sicurezza, finché anche l’università di Dalian ha bloccato la nostra partenza posticipandola al semestre successivo, datato settembre dello stesso anno.
Ironizzavo con amici e parenti sul fatto che “sarebbe stato meglio se fossi partita”, visti i pochi casi registrati nella regione de Liaoning. Ma ora sono contenta di essere a casa con la mia famiglia, senza troppe preoccupazioni, nonostante la tristezza di aver dovuto rinunciare alla tempestiva possibilità di studiare in Cina.
Le ultime notizie che ho dall’università di Dalian comunicano la ripresa delle lezioni a partire dalla seconda metà di aprile: un sollievo pensando che a settembre, finalmente, potrò andarci anche io.
Il Coronavirus sarà anche riuscito a fermare le attività accademiche, ma non la voglia di imparare di questi studenti. In bocca al lupo a voi, sperando possiate presto realizzare il vostro sogno formativo all’estero, rendendo migliori voi stessi e il Paese che farà tesoro delle vostre conoscenze.
Intervista di Beatrice Martinetti