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Dai fallimenti al successo: il travagliato percorso di tre grandi scrittori

Quando si pensa ai grandi scrittori e alle opere che hanno ormai trovato un posto nei manuali di letteratura, si potrebbe immaginare per loro un facile successo, una vita felice e accompagnata dalla fama fin dagli albori. Tuttavia, sono numerosi i casi in cui ciò non è avvenuto, e il percorso di alcune opere, o l’intera carriera di un autore, sono stati invece costellati di ostacoli e fallimenti.

La lunga strada per il successo di Italo Svevo

Il nome di Italo Svevo, pseudonimo dello scrittore triestino Ettore Schmitz, è uno dei più noti e studiati della letteratura italiana del primo Novecento. I meriti dello scrittore, però, non ottennero un subitaneo riconoscimento. Al contrario, i primi due romanzi dell’autore, Una vita e Senilità, passarono completamente inosservati dalla critica. Mentre per il primo romanzo Svevo ricorse persino all’auto-pubblicazione, il secondo riuscì a ottenere il favore di una casa editrice, ma risultò comunque in un completo fallimento editoriale. Affranto dagli insuccessi subiti, probabilmente sentendosi simile ai personaggi inetti da lui delineati, lo scrittore scelse di rinunciare alla scrittura.

Nei 25 anni di silenzio letterario, tuttavia, la sorte iniziò gradualmente a sorridere al triestino. Grazie alla frequentazione di un corso di inglese, infatti, Svevo conobbe il talentuoso scrittore irlandese James Joyce, il quale lesse e apprezzò i romanzi del suo allievo. Il lungo periodo di rinuncia alla letteratura, dunque, non fu totale, e certamente non fu inutile. Forse proprio grazie alla crescita personale e intellettuale di quegli anni, Svevo giunse alla stesura della sua opera più conosciuta e amata, La coscienza di Zeno.

In realtà, forse anche a causa della posizione emarginata di Svevo nei confronti dei circoli letterari nazionali, anche quest’opera venne inizialmente ignorata dalla critica. Ma l’interessamento dell’insegnante e amico James Joyce fece sì che l’opera catturasse l’attenzione dell’estero, a partire dalla Francia, dove i critici riconobbero finalmente il valore dell’opera di Svevo.

I numerosi fallimenti patiti da Svevo, insomma, erano probabilmente dovuti alla sua estraneità all’ambiente letterario italiano, a partire dalla scelta delle tematiche affrontate. L’iniziale insuccesso dello scrittore, dunque, era il segno della sua precocità, della sensibilità prettamente novecentesca che lo caratterizzava e che buona parte della critica a lui contemporanea non era ancora in grado di cogliere.

Lo scandalo di Lolita, di V. Nabokov

Un celebre caso di rifiuto editoriale è invece quello affrontato dal romanzo Lolita, scritto in inglese dallo scrittore russo emigrato Vladimir Nabokov. Il romanzo costituisce il profondo scavo psicologico nella mente di un uomo ossessionato da una passione morbosa per una ragazzina, Lola, e proprio la scabrosità del tema fece sì che numerose case editrici si tirarono indietro, convinte della bassezza morale del romanzo proposto. In un primo momento l’unico editore disposto a dare le stampe al romanzo fu, non a caso, la casa Olympia press, specializzata in letteratura erotica.

Il percorso editoriale di Lolita fu, in sintesi, quello di una lunga incomprensione. Spaventati dall’audacia del tema trattato, gli editori si fermarono al timore di pubblicare un romanzo che potesse in qualche modo giustificare, o quanto meno rendere affascinante, una storia di pedofilia. Ciò che essi non furono in grado di capire fu invece l’altissimo valore artistico e letterario del romanzo, che, avvicinandosi a una tematica così complessa, riuscì a effettuare un’analisi psicologica lucidissima e profonda.

Per osservare la mente di un personaggio morbosamente malato è indubbiamente necessario mettere temporaneamente da parte i tabù, ma ciò non significa certo innalzare a modelli da imitare i personaggi ritratti. Per questo motivo il fallimento di Lolita non poteva che essere una fase iniziale, superata poi dalla maggiore capacità di analisi di molti critici e lettori.

Se questo è un uomo, il capolavoro rifiutato di Primo Levi

Uno dei più eclatanti casi di sottovalutazione del valore letterario – e in questo caso anche storico – di un’opera è quello di Se questo è un uomo di Primo Levi. Il libro è oggi considerato una pietra miliare nella produzione letteraria del Novecento, lettura fondamentale per comprendere l’orrore dell’olocausto e testimonianza storica dal valore inestimabile. Tutto ciò, però, non fu subito chiaro nel caos e nel dolore del secondo dopo guerra: persino Einaudi rifiutò il manoscritto, pubblicato poi, con una bassa tiratura, dalla più piccola De Silva.

Il volumetto stampato da De Silva passò pressoché inosservato per diversi anni, sino a quando, nel 1958, Einaudi tornò sui suoi passi, riconoscendo il proprio errore e donando infine la giusta attenzione all’opera di Levi. Il grave errore di valutazione commesso da una casa editrice di prestigio come Einaudi dev’essere in questo caso osservato alla luce del difficile periodo storico da cui l’Italia stava uscendo.

Con ogni probabilità, gli editori che rifiutarono Se questo un uomo non ritennero opportuno, in quel momento, continuare a ricordare i fatti terribili che avevano caratterizzato gli anni precedenti. L’Italia era animata dall’unanime desiderio di una rinascita, e per farlo si pensava che la via più rapida fosse quella dell’oblio. Fortunatamente questo errore non fu definitivo, e dopo alcuni anni, con il favore una nuova prospettiva sugli eventi della Seconda guerra mondiale, divenne chiara l’importanza della memoria e della testimonianza per una società civile realmente capace di non commettere più gli errori del passato.

I “fallimenti” di questi grandi scrittori, dunque, sono la dimostrazione che non sempre un rifiuto o un insuccesso sono l’indice di una qualche forma di inettitudine. Spesso, invece, a soffrire dell’emarginazione da parte dei propri contemporanei sono personalità rivoluzionarie, che forse solo i posteri saranno in grado di comprendere pienamente. Altre volte, un fallimento può essere l’occasione giusta per fermarsi, riflettere su se stessi e sui propri errori, e in questo modo acquisire una consapevolezza e una maturità che ci prepareranno a un futuro migliore.

 

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