Covid-19 e il settore energetico: petrolio

Abbiamo vissuto sulla nostra pelle il peso di questi giorni rinchiusi nelle nostre abitazioni. Bloccati nella nostra quotidianità, mentre fuori dalle nostre abitazioni sta accadendo qualcosa di assurdo. Il mondo impazzisce tra un telegiornale e l’altro. Il Coronavirus ha creato una delle più grandi crisi globali da generazioni, per i sistemi sanitari, le economie e le società di tutto il mondo. Di fronte a una situazione senza precedenti, i governi si concentrano sul controllo della malattia e sul rilancio delle proprie economie. Il settore energetico non resta incolume, anche esso è vinto dall’emergenza che sta piegando il mondo. Il più noto dei problemi è il prezzo del petrolio sempre in discesa.

La domanda energetica crolla, così come la domanda di petrolio e gas, è la prima volta dal 2009. Come dichiarato da Faith Birol, Direttore Esecutivo dell’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia):

La crisi del coronavirus sta colpendo un’ampia gamma di mercati energetici – tra cui il carbone, il gas e le energie rinnovabili – ma il suo impatto sui mercati petroliferi è particolarmente grave perché sta impedendo alle persone e alle merci di muoversi, infliggendo un duro colpo alla domanda di carburanti per il trasporto.

Vi è una correlazione tra prezzo del petrolio e l’accadimento di eventi di natura  “straordinaria”, che siano crisi economiche o situazioni di emergenza. L’Agenzia ha infatti stimato un calo della domanda globale, la quale dovrebbe raggiungere per quest’anno solo 99,9 milioni di barili al giorno, in netto contrasto con le previsioni fatte a febbraio.

Le prospettive a breve termine sono pertanto legate alle azioni che i governi mettono in atto e dal loro successo. Non a caso l’IEA ha sviluppato previsioni di due scenari strettamente correlati con quanto detto. Nel caso pessimistico si stima che in mancato contenimento del virus, la domanda potrebbe scendere al di sotto dei 730 000 barili al giorno. L’ottimistico vede una crescita di 480 000 barili al giorno. Tuttavia, in ogni caso, la crescita annuale della domanda globale di petrolio è destinata ad un rallentamento.

Il calo registrato è da collegare alla mancanza di transazioni, ipotesi confermata dallo stesso Professore Luigi De Paoli, che in accordo con l’ipotesi della dottoressa Sissi Bellomo, esperta in materie prime, sottolinea quanto il Coronavirus abbia impattato sul settore dei trasporti, la cui domanda complessiva oscillerebbe tra l’8 e il 9%. Inoltre, il Professore De Paoli, dichiara che la diminuzione degli spostamenti aerei stia portando ad una riduzione della domanda di petrolio di quasi il 5%. Secondo gli esperti la contrazione della domanda arriverà persino al 20%.

L’economia globale è sotto pressione come non lo era dalla Grande Depressione degli anni Trenta; le imprese falliscono e la disoccupazione aumenta. Nei 187 paesi dove sono state applicate norme di confinamento l’attività nel settore dei trasporti è calata, che si parli di auto o di aerei. Anche supponendo che le restrizioni ai viaggi possano allentare nella seconda metà dell’anno, la domanda globale di petrolio nel 2020 diminuirà comunque di 9,3 milioni di barili al giorno (mb / g) rispetto al 2019, cancellando quasi un decennio di crescita.

Il surplus di offerta sta raggiungendo il picco di accumulo di scorte. Si afferma così un incentivo economico sempre più forte ad accumulare scorte di greggio in attesa di tempi migliori: Cina, India, Corea e Stati Uniti offrono la propria capacità di stoccaggio all’industria. Le scorte strategiche diverrebbero 200 mb, rappresentando, potrebbero circa 2 mb / d di approvvigionamento ritirato dal mercato. Ma anche la chiusura avrà dei costi che andranno oltre ai costi legati alla messa in sicurezza dei pozzi stessi.

La situazione di emergenza, anche portando alla diminuzione del prezzo dell’energia, causerà importanti e pericolose reazioni a catena, se non supportata da una politica energetica efficace. Un esempio sarà il colpo che rischieranno di subire l’America e il Canada, che a causa dell’impatto di prezzi più bassi potrebbero vedere un calo della produzione stimato di circa 3,5 mb/g.

Quanto sta succedendo sta minacciando la stabilità di un’industria che è ancora centrale per il funzionamento dell’economia globale. La diminuzione della domanda sta minando le risorse finanziarie e la capacità della stessa industria petrolifera di sviluppare tecnologie necessarie per le transizioni energetiche sostenibili.


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