Malala nasce il 12 luglio 1997 a Mingora, in Pakistan. Nel paese la nascita di una bambina non è sempre fonte di festeggiamenti, ancora oggi il figlio maschio resta il prediletto. Non è però stato così nel caso Malala, il cui padre (maestro di scuola), è fin da subito determinato a fornirle ogni opportunità al pari di un bambino.
Nel gennaio del 2008, all’età di undici anni, tutto cambia per lei e per chi abitava nel suo villaggio. I talebani prendono il controllo del territorio, inclusa la scuola in cui insegnava il padre e frequentata da bambini e bambine. Fu proibito alle ragazze di andare a scuola, di riflesso furono perciò negati i diritti all’istruzione e all’educazione.
Nel 2012 Malala legge pubblicamente un discorso da lei scritto in cui dichiara il diritto all’istruzione delle ragazze al pari dei coetanei maschi. Il discorso la rende conosciuta ma allo stesso tempo fa di lei un bersaglio: nell’ottobre dello stesso anno un talebano le spara, colpendola alla testa.
La ragazza si sveglia dieci giorni dopo in un ospedale inglese, a Birmingham. I dottori e le infermiere del centro ospedaliero la informano di quanto successo, e di come la sua storia ebbe un eco internazionale. Da parte talebana, l’aggressione viene rivendicata con un certo orgoglio. Il portavoce infatti accusa Malala di essere responsabile di “oscenità che andavano fermate”.
La svolta: la nascita della Malala Fund
Nel 2014, dopo mesi di interventi e riabilitazione, Malala ha raggiunto la famiglia nella sua nuova casa, nel Regno Unito. A questo punto che capisce di avere una scelta: ringraziare per essere sopravvissuta e vivere una vita tranquilla nella sua nuova casa oppure sfruttare quanto successo e ottenere tutto il possibile da questa seconda possibilità. La prima opzione, ovviamente, viene scartata.
Con l’aiuto del padre costituisce la Malala Fund, una fondazione creata allo scopo di dare a ogni ragazza la possibilità di studiare e scegliere così il proprio futuro. Nello stesso anno il mondo riconosce il valore del suo lavoro, tanto da vincere il Premio Nobel per la pace nel dicembre 2014 e diventare così la più giovane vincitrice nella storia.
Nel 2018 Malala inizia i suoi studi di filosofia, politica ed economia a Oxford. Parallelamente però segue l’attività della sua charity e collabora con diversi paesi allo scopo di combattere la povertà, il fenomeno delle spose bambine e riaffermare il diritto all’istruzione delle bambine.
Il discorso che tiene davanti l’Assemblea della gioventù delle Nazioni Unite (New York) genera grande consenso e rimbalza in quasi tutti i giornali e media nel mondo. Sottolinea che “l’educazione è l’unica soluzione. I libri e le penne sono le armi più potenti”. Fa un riferimento anche all’attentato subito, parlando direttamente ai talebani: “Se pensavano di farci tacere con l’uso dei proiettili, non ci sono riusciti”.
“I believe we will see every girl in school in my lifetime” – Malala
La Malala Fund, oltre al sito di riferimento, ha una moltitudine di altre piattaforme attraverso cui spiega il suo operato, ma non solo. Tra queste vetrine è impossibile non citare il canale YouTube: aperto nel settembre 2013, a oggi conta circa 72.000 iscritti e visualizzazioni che superano i 7 milioni. All’interno del canale è possibile trovare moltissimi video e tutti si occupano, in modi diversi, del problema dell’istruzione femminile e più in generale della possibilità delle ragazze di scegliere il proprio futuro. Per prima cosa si spiega qual è concretamente il lavoro dell’associazione nei differenti paesi in cui opera. In una seconda raccolta di video sono raccolti i punti di vista di differenti bambine e ragazze di più parti del mondo su problemi che le riguardano direttamente.
Le spose bambine
La storia di Graciela è solo uno dei tanti esempi: vive a Oaxaca, in Messico, al momento della video-intervista ha 19 anni ma il matrimonio risale a 4 anni prima, quando aveva 15 anni. Non si tratta di un fenomeno marginale: ancora oggi sono più di sei milioni le donne in Messico che si sposano prima di aver compiuto il diciottesimo anno d’età.
“Mi chiedo se si sentano male come mi sento io. Penso che l’educazione sia la cosa più bella che esista. Se qualcuno ti chiede qualcosa, puoi rispondere, non resti in silenzio. Volevo studiare medicina.”
Nel caso di Graciela il matrimonio in questione non ha implicato violenze fisiche da parte del marito, come se questo bastasse a classificare come felice un’unione. Il suo desiderio di studiare medicina è stato messo da parte perché è cresciuta in una realtà che nulla ha fatto per aiutarla a proseguire gli studi. Come lei molte altre ragazze, in Messico e nel mondo intero. Obiettivo della fondazione di Malala è questo: fare in modo che ogni ragazza possa costruirsi un futuro, dare a ogni bambina la possibilità di scelta.
Il problema delle spose bambine è una realtà concreta, non si tratta di un fenomeno superato o marginale. Ogni anno coinvolge circa dodici milioni di bambine e ragazze, il numero però potrebbe aumentare se si prendesse in considerazione il fenomeno delle bambine fantasma. Si tratta di bambine che, una volta nate, non vengono registrate a nessuna anagrafe; si tratta di una condizione particolare che prende il nome di “inesistenza legale”.
11 ottobre: la Giornata internazionale delle bambine
Le Nazioni Unite hanno fissato la giornata delle bambine nel 2011. Non si tratta però di volerle celebrare: lo scopo è quello di concentrare l’attenzione sui loro diritti. Quando parliamo di bambine ci riferiamo a circa 1,1 miliardi di persone, secondo i dati ONU. Nonostante costituiscano un gruppo enorme di individui, è ancora strutturale la mancanza di analisi condotte in maniera sistematica.
È fondamentale capire come investire sull’istruzione delle bambine si traduca in un investimento sul futuro di tutti. Tra loro vi sono medici, imprenditrici, leader politiche e tanto altro ancora, figure capaci di dare il loro contributo e la loro opinione riguardo tematiche che riguardano il mondo intero. Cambiamento climatico, conflitti politici, crescita economica, lotta alle malattie, sostenibilità globale: la risoluzione di questi problemi non può che passare dall’istruzione. Il mondo è davvero nella posizione di poter rifiutare il contributo potenziale di 1.1 miliardi di individui? La domanda è retorica, ma segue la risposta per evitare equivoci: no.
“ We need to encourage girls that their voice matters. I think there are hundreds and thousands of Malalas out there.” – Malala