Non arrivare da soli al successo ha molti lati positivi. Si ricevono consensi e acclamazioni in seguito al lavoro di squadra, che si suppone essere costituita da amici, fratelli, collaboratori. Spesso, però, è facile cadere in discussioni più o meno tecniche, circa la musica oppure i rapporti personali. Insomma, lavorare insieme ha delle difficoltà. A dimostrarlo, seppur con modi e conclusioni diverse, sono due leggende: John Lennon e Freddie Mercury. Entrambi i cantautori, infatti, in seguito a ripetuti disaccordi tra i membri del gruppo, hanno optato per la carriera da solista. Le sorti dei due con le rispettive band, lo dice la storia, sono state differenti.
I Beatles e il 1969: l’anno della rottura
È questa la versione più condivisa circa lo scioglimento della famosa band. Il 1969 pare essere stato l’anno in cui i rapporti fra i membri del gruppo si sono incrinati, portandoli ad andare sempre meno d’accordo. I quattro, infatti, si stavano dedicando sempre più a progetti solisti creando, inevitabilmente, rancori anche dal punto di vista economico rispetto ai ricavi della band.
Oltre a ciò, immancabili, le vicende personali: in primo luogo, l’influenza di Yoko Ono, giudicata negativa e dannosa per John Lennon, secondariamente la separazione tra George Harrison e Pattie Boyd.
Fu così che, negli studi di Abbey Road, i Beatles scrissero e registrarono le ultime canzoni della loro storia. Il risultato fu Abbey Road, il loro testamento artistico contenente capolavori quali Something e Here Comes the Sun.
La nuova carriera solista di John Lennon
I lavori da solisti procedevano tanto per McCartney quanto per Lennon che, nel frattempo, aveva formato una nuova band: la Plastic Ono Band, una sorta di “band virtuale” costituita dall’ex Beatle, la moglie Yoko Ono e chiunque si trovasse con loro al momento di suonare.
Il primo album da solista fu fortemente influenzato dalla terapia dell’urlo primitivo dei dottor Arthur Janov, secondo cui ognuno inizia a erigere sin dall’infanzia difese psicologiche contro il mondo e scopo della terapia è proprio abbattere tali barriere, ripercorrendo ed affrontato i traumi vissuti. È così che John riuscì a superare la morte della madre Julia – con Mother – ed esorcizza tutto ciò in cui aveva creduto fino al decennio precedente. Con God, infatti, Lennon fa una lunga lista di cose in cui non crede più; alla fine, vengono menzionati gli stessi Beatles: “il sogno è finito”.
Il successo di Imagine
Registrato e pubblicato nel 1971, Imagine divenne subito un grande successo. Provvisto di dieci brani, il maggiore riconoscimento va alla traccia che dà il titolo all’album:
“Imagine” è una canzone concepita senza melodia, il primo verso mi è venuto in mente molto velocemente nella forma di un canto da bambino in strada.
Il video della celebre canzone mostra la villa di John e Yoko nel loro “periodo bianco”: pareti, pianoforte e abiti erano, appunto, rigorosamente bianchi. Gli anni successivi alla rottura dei Beatles sono stati, insomma, fruttuosi per Lennon, sia dal punto di vista musicale, sia da quello personale. Ebbe infatti da Yoko un figlio, Sean, che curò con amore, ritirandosi a vita privata.
Il diverso caso dei Queen: la perdizione di Freddie Mercury
Come mostra abbastanza fedelmente Bohemian Rhapsody, riconosciuto come il biopic di maggiore successo di tutti i tempi, le discordie fra l’altra band leggendaria hanno portato a conclusioni ben diverse.
Dopo l’immenso successo di cui godevano, nel 1982 i Queen decisero di comune accordo di separarsi, a causa dell’insoddisfazione del pubblico rispetto all’album Hot Space, ma soprattutto per le tensioni interne.
Infatti, Freddie solo due anni prima, nel suo nuovo look da “Castro Clone” – uomo omosessuale che appare nello stile simile a un individuo della classe lavoratrice, idealizzato e ipermascolino – si era trasferito a Monaco di Baviera, dove aveva intrapreso una vita notturna che lo condizionò al punto da ammettere che non riuscì a lavorare quasi mai in ottime condizioni psicologiche.
I lavori da solisti e il ritorno dei Queen
Le discordie portavano il gruppo sempre sul punto di rottura ma, come ha dichiarato Brian May, era proprio dalle tensioni interne che nasceva la loro forza creativa. Ciò nonostante, i quattro cominciarono a dedicarsi individualmente a progetti solisti. Freddie, in particolare, aveva già ipotizzato in precedenza di pubblicare un album proprio e, in breve tempo, rilasciò Love Kills, il suo primo singolo da solista.
Fu in questo periodo che la vita notturna di Freddie incrementò, ma questo non fermò la band dal prendere parte al Live Aid, il concerto umanitario organizzato il 13 luglio 1985 presso il Wembley Stadium di Londra, con lo scopo di ricavare fondi per le popolazioni dell’Etiopia colpite da una grave carestia. I Queen si esibirono per venti minuti, facendo della loro performance una delle migliori di tutti i tempi e di Freddie una leggenda, mito insuperabile di frontman.
Il lavoro da solista di Mercury non cessò neanche dopo il ritorno in grande stile sul palco del Wembley e continuò anche dopo il 1987, quando comprese di avere dei seri problemi di salute: gli fu diagnosticata la sindrome dell’AIDS, che in seguitò gli causò altre patologie e problemi respiratori.
L’ultima apparizione televisiva di Freddie fu nel 1990, in occasione dei BRIT Awards per il conferimento del premio ai Queen per il contributo alla musica britannica. Dopo ciò, incrementate le voci circa lo stato di salute del cantautore, la band diffuse un comunicato stampa ufficiale, nel quale veniva smentita ogni illazione.
Le leggende non muoiono mai
Diversi sono i casi di conclusioni presentati: da un lato, John Lennon e i Beatles, decisi nel separare le loro strade e lavorare singolarmente. Dall’altro, Freddie Mercury e i Queen, che proprio dalle discordie e dagli scontri interni ottenevano la maggiore carica espressiva e creativa.
Sono dunque conclusioni differenti, ma certa è la loro immortalità, sicuramente nel mondo musicale, che porta a credere che, in fondo, in entrambi i casi non c’è stata alcuna conclusione.