Il percorso di Federico Clapis
Federico Clapis, nato a Milano nel 1987, è un giovane artista italiano specializzato in arti visive. Sicuramente per chi è cresciuto con YouTube questo cognome sarà familiare.
Clapis inizia la sua carriera sul web e sui social network, pubblicando video di intrattenimento virali, parodie musicali e sketches comici. In poco tempo acquisisce una certa popolarità tra i giovani. Si costruisce rapidamente un pubblico sempre più esteso, affermandosi tra i pionieri della piattaforma YouTube.
Tra il 2010 e il 2014 si assiste ad una vera e propria esplosione del “fenomeno Clapis”. Questo porterà l’artista, nel 2015, a divenire uno dei volti più noti del web raggiungendo, a detta sua, “l’apice della popolarità”.
Con una fan-base stabile, una popolarità sul web ormai certa e addirittura un film alle spalle, nel settembre del 2015 accade l’imprevedibile. Federico Clapis decide infatti di abbandonare il “puro intrattenimento” (come scrive sul proprio sito web) per compiere una radicale trasformazione, una sorta di “upgrade”, per rimanere in tema “digitale”. Da buffo intrattenitore ad artista visuale.
In quel momento proprio quel web e quei social network che erano stati il trampolino di lancio della sua carriera, diventano un canale di diffusione delle opere, e al tempo stesso costituiscono anche i temi centrali della sua riflessione artistica.
Con questo mutamento di “identità”, l’artista ricostruisce daccapo la propria figura, portando in primo piano un lato di sé che inizialmente appare inedito per il pubblico abituato al suo “puro intrattenimento”. A partire dal 2015, Clapis si rilancia in veste d’artista. Comincia a diffondere sui propri profili social immagini di opere frutto della propria creatività, già radicata in lui da tempo, ma che ancora non era emersa pienamente.
La produzione artistica
Ma in che cosa consiste l’opera di Clapis?
La sua riflessione artistica è piuttosto vasta e multiforme e spazia da tematiche di rilevanza sociale ad altre invece più intime, anche se il perno centrale dei suoi lavori è costituito da una costante riflessione intorno alla questione del digitale e tutto ciò che lo riguarda: dispositivi, tecnologia, virtualità, alienazione, isolamento. Tutti questi aspetti sono esplorati principalmente attraverso sculture in resina, realizzate con la tecnologia di stampa digitale 3D, anche se il portfolio dell’artista comprende anche lavori di video-art e video-installazioni, come Out of the Body Experience, del 2017.
Ciò che però rimane costante, nei lavori di Clapis, è un’attenta e profonda indagine sulla condizione dell’essere umano, sulla sua dimensione psichica, identitaria e sociale, quest’ultima esplorata in particolare nel suo rapporto con la tecnologia. Un’indagine quindi che attraversa questioni che non riguardano solo la contemporaneità, ma che si ricollegano a dibattiti anche più ampi e “classici”, come la questione del rapporto tra essere umano e tecnica, tanto affrontata da pensatori del secolo scorso (si pensi a Heidegger o Anders).
Su questo versante è possibile selezionare, tra le tante, alcune opere sicuramente emblematiche, nelle quali il tema del digitale emerge in maniera chiara ed esplicita.
Un esempio è rappresentato dall’opera Crypto Connection del 2018, la quale è stata esposta nella sua versione in bronzo presso il London’s Observation Point.
Come si può osservare, il riferimento al digitale è qui espresso in maniera paradigmatica nel suo stretto rapporto con l’essere umano. Un bambino che nel grembo materno regge tra le mani uno smartphone; una rappresentazione significativa del legame tra uomo e dispositivo.
Questa tematica apre anche un importante spunto di riflessione riguardo al futuro delle nuove generazioni nel loro rapporto con la tecnica e la tecnologia. Ma anche riguardo alla capacità di quest’ultima di innervarsi, di “incarnarsi” nell’essere umano, condizionandone le strutture di pensiero, i modelli cognitivi e persino il linguaggio e le modalità di comunicazione. Così ha dichiarato lo stesso Clapis in un’intervista.
Quello che percepiamo nel contemporaneo come un periodo transitorio, per il bambino di domani sarà consuetudine. Vivremo in un mondo in cui la conoscenza, le relazioni e persino l’economia saranno alleggerite dai paradigmi del passato ma criptate a tutti coloro che rimarranno amaramente indietro.
Sempre per restare in tema “nuove generazioni”, un’altra opera molto celebre dell’artista italiano è Babydrone, anch’essa realizzata nel 2018. Qui l’indagine sulla tecnologia si fa più ampia, allargandosi alla sfera dei droni e rielaborando in chiave contemporanea, non senza una certa ironia, l’immagine del bambino trasportato dalla cicogna. L’animale viene sostituito da un drone, uno dei tanti emblemi della contemporaneità.
Anche qui, analogamente a Crypto Connection, l’elemento cardine dell’opera è rappresentato dalla figura del nascituro. Esso appare già immerso in un un ambiente tecnologizzato fino alle sue radici. Un ambiente in cui essere umano e dispositivo tecnologico appaiono come due entità complementari e intimamente connesse.
L’Addolorata Concezione
Smartphone e drone quindi si rivelano nelle opere di Clapis come i simboli evidenti della nuova era tecnologica. Vi è però anche un altro dispositivo ormai diventato emblema dell’era digitale, ovvero il visore per la realtà virtuale (AR) e gli ambienti immersivi (AI), anch’esso immancabilmente al centro della narrazione artistica di Federico Clapis.
Questo suo interesse è testimoniato dall’opera Addolorata Concezione. Una madre, dotata di un visore per la realtà virtuale, s’illude di poter cullare il proprio figlio tra le braccia. Il figlio, tuttavia, è del tutto inesistente nella realtà materiale e concreta.
Al di là delle implicazioni emotive che quest’opera può suscitare (la mamma e l’illusione del figlio), resta il fatto che un’opera di questo tipo dischiude in maniera iconica ed esemplare una questione su cui molti teorici dell’immagine e dei media si stanno interrogando già da tempo: la questione dello status dell’immagine nell’età contemporanea.
Da questa prospettiva, infatti, lungo la traiettoria che va dall’avvento delle prime fotocamere digitali all’invenzione dei dispositivi di realtà virtuale, si assiste a una sempre maggiore trasformazione di status dell’immagine. Questa perde la sua fondamentale presenza fisica per collocarsi invece in una posizione ambigua tra presenza e assenza, tra essenza e sostanza. Fino a consentire addirittura un’esperienza di “immersione” nell’immagine stessa (realtà virtuale e ambienti immersivi).
In questo caso da un lato si riduce al minimo la distanza tra immagine e spettatore. Dall’altro lato invece lo spettatore stesso viene privato della sua “libertà di vedere”. Il suo sguardo viene “imprigionato” in un dispositivo che impone una sola possibilità di visione.
FONTI
https://www.federicoclapis.com
CREDITI