Nel bel mezzo di una pandemia globale, il 2020 si sta rivelando un anno molto difficile, ritenuto “colpevole” delle nostre disgrazie e per questo maledetto da un cospicuo numero di persone. Vent’anni fa accedeva qualcosa di vagamente simile, anche se in relazione a motivi ben più legati al numero 2000. Un nuovo anno, secolo e millennio che avrebbe potuto portare numerose complicazioni.
Il problema informatico del nuovo millennio
Allo scoccare della mezzanotte del 1° gennaio 2000, infatti, i sistemi informatici di tutto il mondo avrebbero subito un cambiamento informatico apparentemente irrilevante, ovvero l’avvento della cifra “00” al posto di “99” per indicare la data. Nel corso della transizione, però, i computer avrebbero potuto commettere l’errore di interpretare il doppio zero come l’anno 1900: le conseguenze di un simile sbaglio sarebbero state catastrofiche. Un esempio è quello che riguarda i sistemi informatici delle banche, che fanno il calcolo dei tassi di interesse su base giornaliera e progressiva. Se i computer fossero tornati al 1900, il calcolo dei tassi sarebbe regredito di cento anni, generando un caos finanziario inimmaginabile.
Questo problema era legato all’impostazione dei vecchi sistemi informatici secondo un linguaggio basato su un sistema binario. Si trattava della tipica modalità con cui i sistemi venivano sviluppati negli anni Settanta e Ottanta, che portava ad indicare le cifre dell’anno soltanto con i due numeri finali anziché tutti e quattro. Essenzialmente, i motivi di questa scelta erano due: i computer non disponevano di molto spazio di memoria, dunque era fondamentale risparmiarlo laddove non fosse indispensabile; inoltre, gli stessi informatici non avevano neppure immaginato che i loro dispositivi sarebbero sopravvissuti fino al nuovo millennio.
La fine del mondo è vicina…
Il disastro sembrava imminente, e il panico si diffuse nei governi di molti Paesi, che istituirono delle commissioni atte a risolvere la questione portando avanti aggiornamenti e sostituzioni dei software più “anziani”. L’esempio lampante sono gli Stati Uniti, dove John Koskinen fu nominato comandante supremo nella lotta al Millennium Bug dall’allora presidente Bill Clinton. In America il timore della catastrofe era molto sentito, tanto che l’isteria collettiva portò le persone a definire l’avvento del 2000 come una vera e propria apocalisse. Diversi gruppi di stampo millenarista predicavano l’avvento della fine del mondo e suggerivano alla popolazione di ritirarsi in bunker per salvarsi: certo è che, negli USA, gli acquisti di cibo, acqua e armi aumentarono molto negli ultimi mesi del 1999.
Il Baco del Millennio era al centro delle notizie su giornali e televisioni, in cui si annunciava un disastro imminente. Si stima che, per far fronte al bug del 2000, in tutto il mondo furono stanziati circa 300 miliardi di dollari, metà dei quali venne spesa nei soli Stati Uniti. Tony Blair, l’allora primo ministro del Regno Unito, dichiarò: “il millennium bug è oggi uno dei più seri problemi che sta fronteggiando non solo il business britannico, ma anche l’economia globale.”
Anche l’Italia prese alcuni provvedimenti, tanto che fu ideato un piano di emergenza costato 7 miliardi di lire, unicamente per quel che riguarda l’aggiornamento dei sistemi operativi. L’adeguamento dei sistemi venne però criticato da molti perché insufficiente, soprattutto se confrontato con le grandi spese effettuate dagli USA per il medesimo problema. Queste le parole di Ernesto Bettinelli, capo del “Comitato 2000”, voluto dall’allora governo D’Alema:
“Il governo non si rende conto. Ascoltano con sospetto i nostri discorsi sul problema della data, pensano forse che il doppio zero sia una stranezza. Non si rendono conto che qui si decide il destino economico del paese. Non so fino a che punto abbiano capito che se qualcosa va male c’è un’intera classe dirigente che se ne va a casa”.
…o forse no?
Il 31 dicembre 1999 venne definito il “capodanno del Millennium bug”: molti tecnici e informatici, quella sera, non erano a casa a festeggiare, ma si trovavano sul posto di lavoro, pronti a intervenire in caso qualcosa fosse andato storto. Accanto a loro le bottiglie di spumante, che sarebbero state stappate solo se non ci fossero state complicazioni.
Il temutissimo “Millennium bug”, però, non causò troppi problemi. Si verificarono alcuni inceppamenti nelle apparecchiature di monitoraggio di una centrale giapponese, ma fortunatamente furono problemi poco seri e privi di reali conseguenze. Altri malfunzionamenti si registrarono in alcuni computer degli uffici pubblici in Italia e in diverse macchine per obliterare i biglietti in Australia. Negli Stati Uniti ci fu qualche problema con i sistemi dello United States Naval Observatory, che tra le altre cose segna l’orario ufficiale della nazione: allo scoccare della mezzanotte il sito dell’agenzia segnò la data del 1° gennaio 1900. Tutto sommato, però, il 2000 arrivò senza causare grandi intoppi.
Tutta una montatura?
Il Millennium bug si risolse dunque in una bolla di sapone, priva delle drammatiche conseguenze di cui si era tanto discusso nei due anni precedenti. L’atmosfera di apprensione che si respirava tra gli informatici lasciò velocemente spazio a una generale distensione. Ben presto, però, cominciarono a insinuarsi alcuni dubbi sulla reale portata del problema e sulla tanto urgente necessità di aggiornamenti, così energicamente incentivati alla fine del 1999.
Un complotto organizzato per far spendere soldi in software? Questo era il più grande interrogativo a cui dovettero rispondere i governi, in primo luogo quello statunitense. Come giustificare le ingenti somme investite negli ultimi mesi del 1999? John Koskinen, il principale promotore di queste spese, sottolineava che il rischio era stato reale ed erano stati proprio i preparativi febbrili delle settimane precedenti al Y2K ad aver evitato la catastrofe.
Tutto ciò, però, non giustificava la sostanziale assenza di conseguenze in alcuni paesi, come la Russia, dove si era fatto ben poco per mitigare la minaccia (nessun cospicuo investimento era stato infatti portato avanti dal governo). Tuttavia, bisogna riconoscere che, per un informatico, è difficile cercare di far capire a delle persone che non sanno neppure dare una definizione della parola “software” quali possibili scenari si sarebbero potuti verificare. La preoccupazione per il problema era stata tanta, gli investimenti negli USA forse eccessivi: ma la prevenzione resta sempre il miglior antidoto rispetto a una probabile evoluzione di un fenomeno.
Il bug informatico ai giorni nostri
A oggi, leggere delle grandi ansie e dei timori che il Millennium bug ha portato con sé ci fa involontariamente sorridere. Eppure, attualmente il problema non è stato completamente risolto. Gli uomini tendono a rimandare, se possono, le complicazioni del loro presente, piuttosto che affrontarle. Di fronte al “Baco del Millennio”, invece di riscrivere da capo il codice di ogni singolo apparecchio elettronico del mondo, molti scelsero di aggiungere al sistema solo vent’anni, “ingannando” così diversi sistemi informatici, che sarebbero dunque durati fino al 2020.
Ancora una volta si pensò che, nel futuro, quei sistemi sarebbero stati aggiornati per tempo, ma non è stato sempre così, tanto che il 1° gennaio 2020 diversi oggetti elettronici come registratori di cassa, parchimetri e videogiochi hanno avuto alcuni problemi. Fortunatamente si è trattato soltanto di piccoli malfunzionamenti, che tuttavia ci ricordano che i nostri sistemi informatici non sono invincibili, ma dipendono per il loro funzionamento da persone in carne e ossa.
Si prevede già una data per il prossimo bug: 19 gennaio 2038, alle ore 03:14:07. Alcuni sistemi potrebbero smettere di operare a causa del raggiungimento del numero massimo di secondi per i sistemi operativi a 32 bit: 2.147.483.647. Numero che verrà raggiunto proprio nel 2038, se i sistemi non verranno adeguatamente aggiornati. Prepariamoci per tempo!