Supermercati e aste al ribasso

In un momento di grande difficoltà non solo a livello nazionale, ma mondiale, i problemi sembrano non finire mai. Per quanto molti acclamino al cambiamento di mentalità e a un aumento della sensibilità in seguito a questo turbolento periodo, le difficoltà non mancano. Sono molte le persone, le associazioni e le aziende che anche nel loro piccolo cercano di aiutare in qualche modo. Le difficoltà non riguardano solo il settore sanitario, per quanto questo sia ovviamente il più colpito. Anche quello agroalimentare non sta passando un bel periodo, a causa della mancanza di braccianti, a un calo dell’export e ad un aumento dei costi per la protezione dei lavoratori. Purtroppo però, in un momento tanto difficile in cui tutti cercano di venirsi incontro, c’è chi continua a pensare ai propri interessi, mettendo davanti a tutto il dio denaro. Si parla delle aste al ribasso lanciate da alcuni supermercati.

Aste online al ribasso

Questo fenomeno non è certo nuovo, ma ciò che stupisce è il fatto che anche durante l’epidemia si ricorra a questi trucchetti pur di accaparrarsi qualche prodotto ad un prezzo più basso. Ma in cosa consistono queste aste? Quando un supermercato ha bisogno di un prodotto, consulta diversi fornitori, chiedendo a ognuno qual sia il prezzo più basso che è disposto ad applicare. Tra questi, il valore inferiore sarà la base da cui partiranno le aste online tra i fornitori. Come dice il nome, queste sono aste a scendere: il fornitore che offre il prezzo minore si aggiudica il contratto con il supermercato. Ovviamente questo processo è a discapito sia delle aziende che offrono il prodotto, ma anche della manodopera stessa, come per esempio i braccianti.

Ciò che conta in queste aste è unicamente il prezzo, non la qualità del prodotto. Inoltre, le aziende che partecipano non conoscono il nome e la quantità degli altri concorrenti, così non si sa chi spinge verso il basso. La domanda che sorge spontanea è perché i fornitori partecipino, offrendo a un prezzo stracciato i loro prodotti. La risposta è semplice: se una catena di supermercati organizza un’asta per coprire le forniture di molti mesi a un prezzo basso, le aziende non hanno molte alternative. Meglio vendere a un prezzo inferiore, piuttosto che non vendere affatto.

Il caso di Eurospin

In questi giorni, il discount italiano con il maggior numero di punti vendita, Eurospin, è stato attaccato pubblicamente. Questo perché ha organizzato un’asta al ribasso proprio in questo momento di grande difficoltà, rischiando di complicare ulteriormente la situazione di molte aziende del settore agroalimentare. Ovviamente non è un caso isolato, perché anche altre grandi catene di supermercati si riforniscono con questo metodo. Uno dei produttori che ha partecipato alle aste organizzate dal discount ha raccontato a «Internazionale» di aver ricevuto a fine febbraio un invito a fare un’offerta al ribasso. Queste si sono ripetute anche per tutto il mese di marzo. Eurospin lavora attraverso questo sistema, assicurandosi così grandi partite di prodotto da poter esporre sui propri scaffali. Le aste hanno una durata di tempo limitata e hanno luogo su un portale online di cui i fornitori hanno la password. Entro la scadenza del tempo messo a disposizione, i manager delle industrie devono decidere se e di quanto deprezzare i propri prodotti. Hanno solo pochi minuti per fare la loro offerta. Come già detto, avviene tutto in segretezza, e se il discount scopre che qualcuno rivela le informazioni, questo qualcuno sarà escluso dalla prossima asta.

Clausole dei contratti

Ciò che è scorretto è anche il fatto che sono i supermercati a stabilire il prezzo dei prodotti. Non dovrebbero avere così tanta voce in capitolo, non avendo contribuito alla produzione del prodotto. I supermercati non guadagnano esclusivamente sulla vendita del prodotto, ma anche dalle clausole contrattuali presenti nei contratti che stringono con le industrie alimentari. Infatti, i marchi che vogliono vendere all’interno di un supermercato devono stringere un contatto e pagare una tassa, la cosiddetta shelf tax. Questa permette di essere presente sullo scaffale di quel determinato discount e di poter quindi vendere, arrivando a una grande percentuale di clienti. Un’altra clausola piuttosto bizzarra riguarda il fatto che, se l’azienda non riesce a garantire la presenza del prodotto sugli scaffali, perché per esempio vanno sold out, debba pagare una penale per lo scaffale lasciato vuoto.

Gli esempi di clausole che costellano i contratti tra produttori e supermercati sono molti. Ma in questo momento ciò che è importante evidenziare è il fatto dell’asta al ribasso in sé. Questa è una pratica scorretta, ancor più in questo momento di grande difficoltà in cui molti cercano di venirsi incontro in qualche modo. Per i supermercati con numerosi punti vendita sparsi sul territorio nazionale, non sarebbe di certo una grande perdita pagare un po’ di più i prodotti. In questo modo si andrebbe ad aiutare concretamente uno dei tanti settori che si trova in un momento di crisi.

 

 

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