Supreme, la strategia della percezione

Supreme negli ultimi anni è diventato uno dei brand streetwear più famosi nel mondo della moda, con una popolarità sempre crescente; infatti, ad oggi, il valore della società connessa al marchio vale un miliardo di dollari.

Ma come è avvenuta la sua ascesa?

Il marchio d’abbigliamento è stato fondato nell’aprile del 1994 da James Jebbia, uno stilista inglese. In seguito alla sua collaborazione con Shawn Stussy, il proprietario dell’omonimo marchio, il quale ha deciso di fondare il proprio negozio di streetwear in Lafayette street a Manhattan. Lo store era unico nel suo genere: i capi in vendita erano disposti lungo tutto il perimetro del negozio, mentre lo spazio centrale era riservato agli skater, dove potevano allenarsi e dimostrare le proprie abilità. In breve tempo era diventato un punto di ritrovo per quella comunità specifica.

Il design del marchio è sempre rimasto lo stesso: un box rosso rettangolare contenente la scritta Supreme in bianco, con font Futura Italic; l’ispirazione a Barbara Kruger è stata confermata dallo stesso Jebbia, il quale aveva prestato un libro sull’artista al graphic designer con cui collaborava. Durante gli anni Novanta la street culture dettava lo stile del periodo: i marchi Nike e Adidas ne facevano da padrone, proponendo felpe e scarpe eccentriche e coloratissime. Al contrario, Supreme si distingueva per la sua semplicità: a partire dallo store, con pareti bianche e soffitto alto, fino ad arrivare ai capi d’abbigliamento, monocromatici e distinti da un piccolo logo centrale. James Jebbia aveva creato una miscela delle diverse tendenze underground del decennio precedente, riprendendo lo stile punk degli skater, la mascolinità dell’abbigliamento militare e i colori sgargianti del mondo hip-hop.

Il marchio Supreme compare per la prima volta su Vogue dopo un anno dalla sua fondazione: un giornalista lo preannunciava come un brand di culto al pari di Chanel. Una delle chiavi del suo successo risiede sicuramente nella scelta del target iniziale: il designer ha guardato con interesse al mondo dello skate, facendo del suo store un luogo di ritrovo per tutta la comunità. Aveva creato uno spazio sicuro e confortevole dove i ragazzi potevano incontrarsi, allenarsi, bere e fumare. Inoltre, Jebbia ha reso genderless i suoi capi, in modo da coinvolgere anche le giovani skater.

L’abbigliamento che proponiamo è un po’ come la musica. Ci sono sempre critici che non capiscono che i giovani possono ascoltare Bob Dylan, ma anche il Wu-Tang Clan, Coltrane e Social Distortion. I giovani e gli skater sono molto, molto aperti alla musica e all’arte e questo ci ha permesso di fare le cose con una mente aperta.

Il posizionamento del brand sul mercato si differenziava rispetto a tutti gli altri produttori di streetwear: si è sempre esposto come un marchio di lusso, producendo capi elitari. Nonostante sia percepito come accessibile a pochi, i prezzi effettivi non rispecchiano le aspettative; ad esempio il pricing di una t-shirt si aggira intorno al centinaio d’euro, somma decisamente inferiore rispetto ai capi dei brand di lusso.

Tutte le strategie comunicative, che hanno portato Supreme ad essere percepito come un marchio per pochi, sono state messe in atto perseguendo costantemente il concetto di rarità. A partire dal numero di store, ad oggi dodici in tutto il mondo: questo rende esclusivo il contatto tra Supreme ed il suo cliente. Inoltre, a differenza delle altre case di moda, che presentano la collezione stagionale durante determinati periodi dell’anno, Supreme lancia ogni giovedì alle 11:00 una decina di capi ed accessori. Questo meccanismo alimenta il desiderio dei fan: ogni settimana, migliaia di ragazzi si accodano di fronte agli store all’alba del giovedì, nel tentativo di accaparrarsi un pezzo della collezione.

I nuovi capi sono perennemente sold-out; di conseguenza, è nato un mercato secondario, dove le ultime collezioni sono vendute ad un prezzo duplicato, o addirittura triplicato. Questo ha apportato un ritorno d’immagine del marchio non indifferente: la rarità di Supreme l’ha reso, agli occhi del pubblico, un brand esclusivo.

Una grande spinta è arrivata anche dalle numerosissime collaborazioni che hanno reso celebre il brand. Il marchio si è avvicinato al mondo dell’arte, attraverso alla collaborazione di diversi artisti; Christopher Wool e Jeff Koons hanno disegnato delle tavole da skateboard, mentre Nate Lowman e Damien Hirst hanno ridisegnato e personalizzato il classico logo rosso. Supreme ha collaborato anche con altri brand appartenenti al mondo della moda, a partire dallo street style con Nike e Vans, fino ad arrivare a Louis Vuitton.

Supreme ad oggi è un brand totalizzante, presente in ogni ambito, a partire dalle sneakers e dalle tavole da skate fino ad arrivare agli oggetti più strani, come la moka per caffè, in collaborazione con Bialetti. La sua presenza persistente l’ha reso un’icona della cultura pop contemporanea, vicinissimo ad ogni consumatore, ma comunque percepito come esclusivo.

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Fonti:

Stockx.com

Vogue.com

Successstory.com

Gqitalia.it

Ilpost.it

Medium.com

Wikipedia.org

Mvcmagazine.com

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