Chernobyl

Chernobyl: la paura torna a bruciare

Dal 3 aprile, l’inavvicinabile “Zona di esclusione” ucraina è tornata a bruciare. Il fumo nasconde l’intera città di Kiev: un velo silenzioso e nocivo, che la fa somigliare a Pripyat 1986, anno del disastro nucleare di Chernobyl.

Paura per Chernobyl

I tre focolai dell’incendio che sta devastando la zona dell’ex centrale nucleare di Chernobyl hanno iniziato a svilupparsi ormai quasi tre settimane fa, interessando sin da subito ben trentacinque ettari di foresta, con presente attività radioattiva, nel raggio di 30 chilometri. Greenpeace, affermata organizzazione ambientalista, dichiara che l’area interessata è molto più estesa di quanto affermato dalle autorità.

I roghi hanno raggiunto la cittadina di Pripyat, sfondo del disastro nucleare del 1986, che dista solo due chilometri dal deposito di materiale radioattivo Podlesny. Spaventa la vicinanza delle fiamme a quest’ultimo, in quanto presenza di scorie radioattive in via di smaltimento, ma soprattutto quell’unico chilometro e mezzo di distanza dal sarcofago contenente il reattore quattro, protagonista del disastro di Chernobyl.

La causa del divampamento è al momento ancora sconosciuta, anche se l’origine pare essere dolosa: a tal proposito, l’agenzia «Reuters» riferisce dell’arresto di un uomo di ventisette anni accusato di aver appiccato il fuoco. Non bisogna però dimenticare che gli incendi nella zona di alienazione di Chernobyl non sono una novità, tanto che nel 2010 ne sono stati registrati ben cinquantaquattro e, per la maggior parte, sono dovuti a pratiche agricole, cambiamenti climatici ed espansione forestale che ne incrementa il rischio di propagazione.

Paura per Kiev

Il 14 aprile i vigili del fuoco, impegnati a domare i tre roghi che da giorni devastavano la regione ucraina, hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. O almeno così hanno pensato, anche se solo per poco.

Grazie ai tanto attesi rovesci, martedì si è assistito a un raffreddamento degli incendi, senza nulla togliere all’egregio operato dei pompieri impiegati nella missione. Un vero e proprio dono sceso dal cielo, quasi fosse una caritatevole tregua in vista della battaglia finale.

Infatti, a distanza di sole ventiquattro ore, più di un migliaio di vigili del fuoco si sono trovati (e si ritrovano tuttora) nel vano tentativo di domare i tre focolai che si sono riaccesi per colpa del forte vento che si è alzato dopo una sola notte di pioggia. Oggi, la situazione non migliora: proseguono gli incendi nella “Zona di esclusione” vicino Chernobyl e il fumo che ne deriva ha investito la capitale ucraina Kiev, situata a poco più di 130 chilometri dalla zona interessata.

Paura per la Salute Pubblica

A partire da giovedì 16 aprile, il comune della città di Kiev ha invitato i cittadini a restare in casa con le finestre chiuse per evitare l’esposizione a eventuali residui radioattivi; paradossalmente, per fortuna, questa messa in sicurezza è stata facilitata dal lockdown per l’emergenza coronavirus.

Nella notte fra il 16 e il 17 aprile, nella capitale ucraina la qualità dell’aria ha raggiunto un indice pari a 380 US AQI, considerato pericoloso per la salute. Con questo valore, Kiev si è aggiudicata il primo posto nel ranking globale di inquinamento dell’aria.

A preoccupare per salute dei cittadini, un isotopo radioattivo chiamato Cesio 137, liberato dall’incidente nucleare del 1986 e forse diffuso dagli incendi contemporanei. Gli elementi radioattivi si possono infatti spostare su lunghe distanze trasportati dal vento, oltre a depositarsi sui terreni contaminandoli. Particolare riguardo per la salute dei bambini: il Cesio 137 colpisce e danneggia le fibre cardiache, provocando infarti, trombosi e ictus già in tenera età.

La questione interessa direttamente Ucraina e la vicina Bielorussia ma ciò non toglie possibili conseguenze per altri Paesi europei. Secondo l’ISRN, l’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare Francese, la nube radioattiva sprigionata dagli incidenti di questi giorni ha raggiunto anche l’Italia ma con un tasso di radioattività tale da non risultare pericoloso per la salute.

Stando a quanto affermato da Mykola Chechotkin, il Capo del Servizio di Emergenza dell’Ucraina, gli incendi boschivi nella zona di esclusione di Chernobyl non rappresentano una minaccia per la centrale nucleare o per altre infrastrutture critiche. Le istituzioni affermano che ci vorranno ancora dei giorni prima che i focolai vengano completamente domati.

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