Regole: perché è così difficile obbedire?

Many, including Mr. Conte, have appealed to Italians to reject their tendency toward “furbizia,” the Italian word for the sort of cunning or cleverness typically channeled into getting around bureaucracy and inconvenient laws. Furbizia, to be sure, is a broad-brush character trait ascribed to Italians, often by other Italians.

Molti, tra cui Conte, hanno fatto appello agli italiani affinché respingessero la loro tendenza alla “furbizia”, ​​la parola italiana per il tipo di astuzia o intelligenza tipicamente incanalata per aggirare burocrazia e leggi scomode. Furbizia, a dire il vero, è un tratto di carattere generale attribuito agli italiani, spesso da altri italiani.

Furbi, così il New York Times ha descritto gli Italiani. Una nazione furba e abile, la cui abilità risiede però nella metà negativa del termine, quella il cui fine non è propriamente da virtuosi, ma piuttosto una scaltrezza finalizzata a “farla franca”. Sottrarsi alle regole rispettando la legge. Popolo italiano a parte, perché risulta così difficile seguire le regole? Cosa rende improvvisamente un divieto qualcosa di cui non si può fare a meno?

La teoria della psicologia inversa individua tre principali motivi.

Innanzitutto la reattanza, ossia la tendenza di ciascuno a recuperare la propria libertà personale quando essa abbia subito delle restrizioni. In parole povere, quando una persona sente minacciata la propria libertà decisionale, decide di riaffermarla facendo l’esatto opposto di ciò che gli viene ordinato. È provato da numerosi esperimenti, che mostrano come i bambini siano più spinti a scegliere un gioco che è stato loro severamente proibito dalle regole genitoriali, piuttosto che un altro il cui uso è stato più tranquillamente scoraggiato, o ancora dall’effetto che innumerevoli pubblicità di fast food provocano sui consumatori che, coscienti di ciò che mangiano, sono più attratti da essi di quanto non lo siano verso un’insalata o la verdura. Un altro esempio di questo è il cosiddetto “effetto Romeo e Giulietta”: quando l’opposizione dei genitori alla relazione amorosa dei figli incrementa il legame affettivo all’interno della coppia. Infine, quale miglior esempio del peccato originale? Non a caso Mark Twain precisò Adam was but human… He did not want the apple for the apple’s sake, he wanted it only because it was forbidden.”

In secondo luogo, la psicologia individua il rimbalzo come effetto della proibizione. Questo consiste sostanzialmente nel fatto che più si cerca di non pensare a una determinata cosa, più la mente è portata, per vie traverse, a ricongiungersi sempre a quel pensiero. L’esperimento dell’orso bianco (White Bear experiment) realizzato da Daniel Wegner mostra perfettamente la teoria: durante la prova, ai partecipanti è stata data la direttiva di non pensare a orsi bianchi per un periodo di cinque minuti e di suonare una campana ogni qualvolta l’idea di un orso bianco passasse loro per la mente. Successivamente a questa fase, ai partecipanti sono stati concessi altri cinque minuti in cui avrebbero potuto pensare liberamente a ciò che volevano, inclusi gli orsi bianchi. Questo gruppo, sottoposto alla fase iniziale di suppression, è stato poi comparato con un altro secondario che a differenza del primo non aveva ricevuto alcuna proibizione fin dall’inizio. I risultati hanno dimostrato come la fase più difficile fosse proprio quella proibitiva, in cui molti degli individui hanno contravvenuto alle regole e hanno quindi pensato ai famigerati orsi bianchi, e, inoltre, il pensiero di questi è ritornato insistentemente come un rimbalzo nella seconda fase di free expression. In sostanza, il tasso di pensieri sugli orsi bianchi durante la fase di pensiero libero era maggiore nel gruppo sottoposto alla proibizione iniziale rispetto al secondo. Il senso di questo esperimento è proprio quello di far capire come, la maggior parte delle volte, il tentativo di evitare un certo pensiero cercando di concentrarsi su qualcos’altro non solo fallisce, ma produce addirittura l’effetto contrario.

In ultima istanza la curiosità gioca un ruolo fondamentale. Qualsiasi cosa si presenti misteriosa, o ancor meglio, del tutto proibita, la mente di un individuo è automaticamente portata a domandarsi il perché. Perché un libro deve essere proibito? Perché un videogioco non può essere usato? Perché non si può bere una certa bevanda o superare una certa soglia? Ebbene, nonostante i motivi ci siano, le persone sentono il bisogno di scoprirlo da sé e fare la loro esperienza accettando comunque i rischi che l’infrazione di un divieto comporta. Il vedere con i propri occhi, il “vedere per credere” è in definitiva il proverbio che meglio riassume questa inguaribile tendenza umana ad anteporre sempre la propria esperienza personale a quella degli altri, diffidando di garanzie e poco sincere rassicurazioni.

Oltre ai suddetti fattori, esistono sicuramente altri motivi, talvolta anche genetici, che spingono una persona a non ubbidire alle regole, cercando di trovare sempre una scusante a questa condotta poco ossequiosa. Ciononostante, per quanto ci si sforzi di essere individui e cittadini diligenti, la storia ha più volte insegnato che “errare humanum est, perseverare autem diabolicum” e forse è proprio il fascino dello sconosciuto, dell’esperienza fuori dal comune, a rendere il tutto più desiderabile.

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