Un tempo tradire richiedeva grande impegno: telefonare all’amante, fissare un appuntamento, inventare scuse plausibili, sgattaiolare via di casa. La storia doveva essere vissuta nella totale clandestinità, e per mantenere questa segretezza, fuori dalle mura domestiche, serviva una gran pianificazione. Oggi, grazie all’introduzione dei social media e della messaggistica online, si può portare la relazione adulterina dentro casa propria, viverla accanto al proprio partner. Non solo lo scambio di messaggi nascosto con qualcuno che già si frequenta: anche mettere like alle foto di sconosciuti, iniziare una chat con qualcuno che non si è mai incontrato.
Il tradimento è di per sé l’infrazione di un giuramento, esplicito o implicito, di fedeltà e lealtà che si è stretto con qualcuno. In questo senso, si può dire che la tecnologia ci abbia fornito non solo nuove occasioni per tradire, ma anche nuovi modi. Non mancano infatti i casi in cui il tradimento fisico non arriva mai a realizzarsi, ma qualcuno intrattiene una relazione “virtuale” con qualcun altro: in queste circostanze, la persona coinvolta si difende ribadendo, e forse convincendosi anche, che non si tratti di una storia vera, in quanto mai vissuta nella realtà.
Il fatto è che, nel mondo per come lo conosciamo ora, la distinzione tra realtà e realtà virtuale sta diventando sempre più labile. È stato coniato un termine per questa situazione, onlife: indica tutte le attività che si svolgono e le circostanze che si vivono mentre si rimane connessi a dispositivi tecnologici. Uno stato di limbo, insomma, tra le due condizioni esistenziali che viviamo. In un quadro del genere, c’è ancora spazio per permetterci di non considerare tradimento un like su Instagram? A parole può sembrare ridicolo, un’esagerazione, una paranoia: ma proiettando questa situazione nell’altra realtà, quella vera, si avrebbe qualcuno che dichiara pubblicamente, e pure sotto gli occhi del proprio partner, di apprezzare un’altra persona. Per non parlare dei commenti sotto una foto, in cui si può arricchire di dettagli la propria approvazione. Che ne penseremmo, di uno scenario simile?
Non è equiparabile a una relazione carnale, ma si tratta pur sempre di tradimento: solamente, di un altro tipo di tradimento, a livello di immaginario virtuale. Si potrebbe risalire alla causa di questa nuova esperienza al flusso di immagini di cui siamo tempestati quotidianamente: riceviamo talmente tanti stimoli da Internet che spesso la vita che viviamo ogni giorno ci può apparire deludente, e con essa la relazione in cui siamo coinvolti. Tradire sui social allora ci permetterebbe un’evasione dalla noia della quotidianità, consolandoci con la convinzione di non aver ferito il partner.
La legge sembra però pensarla diversamente. Una sentenza della Cassazione del 2016 ha stabilito che il tradimento su internet è equivalente al tradimento fisico, e il coniuge può chiedere la separazione giudiziale con addebito, esattamente come nel caso di adulterio reale. Il piano giuridico dunque risulta aggiornato alle nuove tendenze: il 75% delle cause di divorzio statunitensi, per esempio, ha riportato la parola “Facebook” nei motivi della separazione. Ma la psico-sessuologa Donatella Costa ha ampliato il discorso: non solo il tradimento virtuale ferisce emotivamente il partner, ma è anche dannoso per l’equilibrio psicologico di chi tradisce. Con il filtro di uno schermo, infatti, ci si può spingere molto oltre barriere che invece rimarrebbero alzate nella vita reale: stimolati dalla distanza tra sé e l’altra persona, incalzati dalla fantasia galoppante, non si arriva mai a conoscere emotivamente una persona, e si può creare una relazione basata su finzioni.
Il cinema non ha mancato di cogliere questo nuovo aspetto della società, per analizzare le disfunzionalità interpersonali che ne derivano. È il caso di Perfetti sconosciuti, film di Paolo Genovese in cui diverse coppie di amici si sfidano, durante una cena, a mettere i propri cellulari in mezzo alla tavola: qualunque notifica arriverà, sarà condivisa pubblicamente. Il clima è teso, la situazione che si crea è a volte comica, a volte profondamente disturbante. Ne risulta alla fine che nessuno vive una vita priva di segreti, nessuno è tranquillo nell’esporre un cellulare che diventa arma del delitto: di un delitto di infedeltà, che si consuma, spesso, tramite qualche foto e qualche messaggio.