Nel mondo del web circola spesso la parola “troll”. Questa non ha niente a che vedere con quelle creature mitologiche di cui si legge spesso nei libri fantasy. Oggigiorno quest’espressione si utilizzata per definire un soggetto che interagisce con gli altri (solitamente attraverso i social network), postando messaggi provocatori, con l’obiettivo di irritare chi li legge. Nella maggior parte dei casi, questi post non hanno alcun senso o sono del tutto sbagliati, dettati dalla sola volontà di innervosire le persone, disturbando così la comunicazione. Il momento migliore per questi soggetti di mettersi all’opera sono sicuramente situazioni in cui la lucidità delle persone, per motivi diversi, è in qualche modo compromessa. Questo fornisce un terreno fertile per litigi e discussioni. Ecco allora che in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo attualmente, sono numerosi i post di questo tipo che invadono il nostro feed sui social network.
Troll italiani contro altri Stati
Ovviamente all’inizio dell’epidemia in Italia, non sono mancati post e immagini che criticavano e insultavano i cinesi, ritenuti colpevoli del contagio. I cinesi, il primo capro espiatorio contro cui scaricare la propria rabbia. Così si sono registrati non pochi casi di aggressioni verso persone con fattezze asiatiche, anche se magari di nazionalità italiana. Ma questo poco importa alla rabbia e all’ignoranza, entrambe cieche.
Un secondo esempio, più recente, riguarda il blocco dell’esportazione di mascherine verso altri Paesi europei da parte di Francia e Germania. In quanto spesso considerati nemici storici, è stato ancor più semplice abbandonarsi a commenti dispregiativi nei loro confronti. Questa decisione è stata aspramente criticata anche da numerosi giornali e politici italiani, che l’hanno interpretata come un modo per emarginare l’Italia, lasciandola soffocare. E in men che non si dica, ecco spuntare le prime immagini e notizie sui social, con il solo scopo di seminare zizzania e di fomentare odio. Il 15 marzo però, l’Unione Europea è intervenuta per sbloccare questa situazione, rimuovendo il blocco alle esportazioni il giorno seguente. Questa è stata una conclusione puramente apparente, in quanto non ha fermato le continue discussioni sul tema, con bersaglio Francia, Germania e in alcuni casi l’Unione Europea stessa. Tali comportamenti spesso sono sfociati nel flaming, ossia l’atto di postare commenti offensivi e volgari.
Questo è ciò che è successo quando ha iniziato a girare in rete un video in cui una influencer cinese mangiava zuppa di pipistrello. Le voci circa il legame tra l’esplosione dell’epidemia e la “dieta” cinese erano già largamente diffuse. Questo ovviamente non ha fatto altro che alimentare la crudeltà e la disinformazione su una malattia di cui tuttora si conosce ancora poco. Anche alcune testate giornalistiche hanno sostenuto questa tesi affermando che il Coronavirus sia collegato alla zuppa di pipistrello. Da questa notizia, che si è rivelata essere falsa, ne sono nate tante altre sempre volte a criticare l’alimentazione cinese, e di conseguenza la loro cultura. Il video comunque era stato girato nel 2016, quando l’influencer si trovava a Palau, arcipelago nell’Oceano Pacifico occidentale. La zuppa di pipistrello infatti non è un piatto comune nel Paese del Dragone, e in ogni caso le indagini per scoprire l’origine del virus sono ancora in atto.
Troll contro persone
Post e video dei cosiddetti troll, però, non si rivolgono solo contro altri Stati e istituzioni, ma anche contro singole persone, scatenando ira e spesso dando vita ad episodi di cyber-bullismo. Come nel caso di video, immagini decontestualizzate o false che testimonierebbero furti ed episodi di distruzione di materiale sanitario, oro di questi tempi. Ancora una volta, via a insulti e a prediche che hanno come argomento la morale e la giustizia. Queste ovviamente sono impartite da persone che si sentono in dovere di esprimere sempre il proprio parere e di imporre lezioni di correttezza scagliandosi in malo modo contro il primo malcapitato.
Sarebbe opportuno, prima di lanciarsi su una qualsiasi tastiera, farsi un esame di coscienza. Chiedersi se il proprio commento carico d’odio possa in qualche modo giovare alla situazione in cui ci si trova. Se la risposta è negativa, allora meglio passare oltre. Oppure aprire un giornale, sicuramente più affidabile di una qualche notizia condivisa dal primo annoiato del caso.
Fake news russe
Infine, in questi giorni, ecco le fake news dei troll russi. Questi sfruttano la pandemia per diffondere disinformazione in Europa e negli Stati Uniti, oltre che paura e confusione. Migliaia di account mediatici collegati alla Russia hanno diffuso notizie secondo le quali, dietro la diffusione del virus, ci sarebbero gli Stati Uniti. Il Covid-19 sarebbe stato creato dagli storici avversari della Russia, con lo scopo di indebolire il principale concorrente economico degli USA: la Cina. Ma non è finita qui: anche la Nato è finita nel mirino di questi troll. Essa è stata infatti accusata di utilizzare il virus per impedire che alcuni Stati dell’Unione Europea si avvicinassero alla Russia. Addirittura, Bill Gates avrebbe finanziato la pandemia di coronavirus. Certo c’è chi ride leggendo queste notizie, sconvolto da tanta ignoranza e disinformazione, ma purtroppo un’importante fetta della popolazione mondiale le ritiene veritiere.
Essendo privati della nostra libertà, vivendo una situazione demoralizzante, ricca di ansia e preoccupazione, è inevitabile lasciarsi toccare in modo più profondo da certe notizie. Ed è ancora più ovvio che solo una piccolissima parte dei lettori si preoccupi di controllare la veridicità delle fonti. Certamente questo sarebbe il primo step da compiere prima di scagliarsi contro il malcapitato di turno. L’informazione è ancor più fondamentale in situazioni come queste. Sia per evitare di lasciarsi andare a commenti infondati, sia per la semplice volontà di indagare più a fondo, senza accontentarsi del “sentito dire”.