Feminist: era il 2014 quando Beyoncé, in chiusura dei VMA’s, si esibì con quattordici minuti di puro spettacolo – elogiando il suo visual album annunciato a sorpresa con un post su Instagram – ottenendo il premio più ambito per la categoria VMA, il Michael Jackson Vanguard Award. Ebbene sì, quella sera Beyoncé mise in scena un inno femminista che ritrova l’eco nella celebre canzone Run The World – Girls del 2011. Forse è stato questo momento a incoronare quella che dal 2014 a oggi possiamo definire la spettacolarizzazione del femminismo.
Quella sera, il 24 Agosto 2014, Queen Bey sulla televisione nazionale statunitense esplicitò la definizione di femminista, proponendo le parole dell’autrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie: “Feminist is a person who believes in social, political and econimic equality of sexes”.
I social impazzirono: una pop star del calibro di Beyoncé aveva ribadito il concetto di femminista, spogliandolo delle sbagliate interpretazioni che vedono le esponenti del gentil sesso come haters dei maschi, del sesso e della bellezza. Beyoncé aveva ribadito a gran voce che la donna è creatrice di se stessa, potente, sexy, di talento, boss, madre e figlia. D’altronde, il suo intero album è un elogio all’evoluzione della donna, che mostra il suo corpo, controlla i suoi business, ama, lotta sogna e prende il suo posto. Non teme di mostrare il suo corpo, non teme di parlare di sesso e parla di affari, alla pari di un uomo. Senza quindi porre disuguaglianze tra uomo o donna, ma mettendoli sullo stesso livello.
Beyoncé è solo il tassello più potente della spettacolarizzazione del femminismo. Negli stessi anni Frida Giannini, ex direttore creativo di Gucci, Salma Hayek, e la stessa Beyoncé furono promotrici di un mega concerto benefico a Londra che vedeva unite numerose star internazionali in nome e in sostegno di tutte le donne. Il Chime for Change riuscì a ottenere un somma importante da destinare alle donne delle popolazioni in via di sviluppo per assicurare loro istruzione, assistenza medica, protezione e libertà.
I put the definition of feminist in my song and on my tour, not for propaganda or to proclaim to the world that I’m a feminist, but to give clarity to the true meaning. I’m not really sure people know or understand what a feminist is, but it’s very simple. It’s someone who believes in equal rights for men and women. I don’t understand the negative connotation of the word, or why it should exclude the opposite sex. […]
Sono tanti gli esempi di femminismo tra le star di Hollywood, che attraverso la loro popolarità vogliono sensibilizzare i giovani per costruire un mondo di pari opportunità. Le celebrità utilizzano la propria popolarità per comunicare nuovi precetti, superare frontiere e scoprire nuovi orizzonti. Un esempio lampante è il lavoro di Leonardo di Caprio, che si batte per la difesa dell’ambiente e della natura sensibilizzando i suoi fan a rispettare l’ambiente, riciclare e in generale osservare un comportamento ragionevole per evitare l’estinzione della fauna e della flora del mondo.
Quindi, cosa si intende esattamente per spettacolarizzazione del femminismo? Il femminismo diventa una lotta portata avanti anche dalle celebrità, che creano nuove dimensioni del concetto stesso di femminista, portano alla luce altre voci, altre star e dunque altre attiviste per sensibilizzare l’opinione pubblica e ottenere un riscontro positivo nei giovani.
[…]If you are a man who believes your daughter should have the same opportunities and rights as your son, then you’re a feminist. We need men and women to understand the double standards that still exist in this world, and we need to have a real conversation so we can begin to make changes.
Anche Emma Watson si è fatta portavoce del movimento HeforShe, lanciando una campagna mediatica, fatta di hashtag, storie e soprattuto beneficenza. Il suo lavoro ha permesso al movimento di organizzare, il 20 settembre 2014, un evento speciale per il lancio della campagna HeForShe presso l’ufficio delle Nazioni Unite a New York. Emma Watson infatti è l’ambasciatrice della UN Women: al lancio dell’iniziativa tenne un discorso sul suo approccio al femminismo invitando gli uomini a partecipare e promuovere la lotta all’eguaglianza di genere. Questo discorso è circolato via internet in tutto il mondo. All’evento, UN Women ha chiesto la mobilitazione di 100.000 uomini per la campagna: obiettivo raggiunto in soli tre giorni. Matt Damon, Tom Hiddleston, António Guterres e l’ex presidente USA Barack Obama sono solo alcune delle personalità maschili di spicco che si sono rese partecipe dell’iniziativa.
Chi attacca il femminismo ha una sbagliata concezione del femminismo stesso. Le celebrities, e in generale le persone femministe, vogliono infatti dimostrare come in realtà una femminista ami gli uomini, il sesso, il proprio corpo, ma contemporaneamente voglia dichiarare e dimostrare come il suo essere donna non si limiti solo a questo. Le donne comandano, battono record, sono ricche, fanno sport, lavorano, creano innovazioni e sono una ricchezza per la società tanto quanto gli uomini. E come una donna può essere madre, figlia, sorella, amante e lavoratrice, così un uomo può essere padre, figlio, fratello, amante e lavoratore. Questo messaggio è la bandiera del movimento HeforShe di Emma Watson. Le donne e gli uomini sono uguali e devono cooperare per raggiungere una società che abbia pari opportunità. Infatti, la Watson ha sempre ribadito l’aspetto più importante del femminismo: uguaglianza senza odio o sottomissione.
Più ho parlato di femminismo e più mi sono resa conto che troppo spesso battersi per i diritti delle donne era diventato sinonimo di odiare gli uomini. Se c’è una cosa che so con certezza è che questo deve finire. Per la cronaca, il femminismo per definizione è la convinzione che uomini e donne debbano avere pari diritti e opportunità: è la teoria dell’uguaglianza tra i sessi – politica, economica e sociale.
Ma queste iniziative non sono le uniche che hanno aiutato il femminismo a essere adattato alla società dei nostri tempi. Tantissime altre star di Hollywood hanno infatti espresso la propria identità femminista: Madonna, Ariana Grande, Natalie Portman, Jane Fonda, Scarlett Johansson e altre ancora, le quali hanno battagliato per anni contro diverse tipologie di maschilismo nell’industria cinematografica e musicale, ponendo problematiche simili a quelle che devono quotidianamente affrontare tante donne comuni. Come dimenticare il disappunto espresso da Scarlett Johansson, la quale ha affermato che, in diverse interviste, in press day, ha dovuto fronteggiare domande inopportune e tese a svalutare il suo lavoro di attrice? E come lei tante attrici protestano per le continue domande screditanti del talento stesso. Molte domande si concentrano infatti sull’outfit o sulla forma fisica, insomma su elementi estetici non legati allo sforzo fatto per entrare nei ruoli studiati.
Nel corso del tempo sono stati numerosi gli intervistatori di entrambi i sessi che hanno sminuito i lavori delle attrici hollywoodiane: si possono rintracciare diversi esempi per diverse attrici e altrettante cantanti.
Circola da anni un video di Helen Mirren in cui la celebre attrice viene intervistata da Michael Parkinson. Siamo negli anni Settanta, Helen è giovanissima e Parkinson ad un certo punto dell’intervista le chiede quanto i suoi attributi l’abbiano aiutata a diventare un’attrice “seria”, di successo. La Mirren, con un accento marcatamente ironico, finge di non aver capito a quali attributi il presentatore faccia riferimento, concentrandosi nervosamente sulle proprie dita. Dopo pochi minuti di pungente ironia la Mirren, annoiata, conclude la domanda dicendo che se i giornalisti si concentrassero più sulle perfomance degli attori che sui loro attributi fisici le interviste sarebbero certamente meno noiose.
Ma dagli anni Settanta ai giorni nostri giorni possiamo dire che la situazione sia cambiata? Nei diversi momenti di presentazione dei film e sponsorizzazione dei nuovi album, soprattutto durante i press days, cantanti e attrici hanno reagito in modo forte, diretto e ironico a domande poco pertinenti.
Domande sempre più inerenti al corpo delle attrici, alle loro abitudini alimentari, ai vestiti scelti per le prime. Durante un’intervista per il film The Avengers: End Game, Scarlett Johansson ha mostrato tutto il suo imbarazzo a una domanda sconcertate. Nel video, disponibile su youtube, la giornalista infatti si rivolge prima a Robert Downey Jr., ponendogli una domanda sull’essenza di Tony Stark, che da miliardario egocentrico/egoista riesce a diventare parte integrante di un gruppo, chiedendogli come fosse riuscito ad entrare nel personaggio. Poi si rivolge a Scarlett con questa domanda:
Come sei riuscita ad ottenere il fisico di Black Widow? Ha a che fare con qualche dieta speciale?
Scarlett, mostrando disappunto e imbarazzo, si rivolge a Robert chiedendogli perché le domande esistenzialiste e profonde fossero rivolte solo a lui. Ma questo non è stato l’unico caso in cui la Johansson ha subito domande imbarazzanti o impertinenti. Sempre durante un’intervista, sul suo ruolo di Black Widow, un giornalista le ha chiesto infatti se stesse indossando la biancheria intima. La risposta dell’attrice ha ricevuto il supporto da molte star:
Cosa diavolo sta accadendo? Sei la quinta persona che mi chiede se indosso dell’intimo. Hai chiesto agli altri se indossano lingerie?
Ogni volta che un’attrice o una cantante sono intervistate devono necessariamente prepararsi alle domande scomode e imbarazzanti di numerosi giornalisti che voglio ottenere informazioni inappropriate, discriminatorie e sessiste che legano la figura femminile all’idea di oggetto, di sfondo e di contorno di un lavoro in cui tutti dovrebbero invece avere ugual parte.
Queste domande sono l’esempio su larga scala delle condizioni sul lavoro di molte donne comuni che diventano mero oggetto estetico, e non sono invece valutate per qualità, progetti, sforzi, e risultati raggiunti. Mentre per gli uomini si pone l’attenzione sulle capacità mentali, organizzative e di preparazione del lavoro, le donne restano lì, sullo sfondo, come abbellimento di un progetto tutto al maschile. Le donne che hanno grande visibilità vogliono porre fine a tutto questo, inviando un messaggio alla società, a tutte quelle micro realtà dove ogni giorno una donna deve fare i conti con chi non riconosce che un uomo e una donna lavorano e ottengono successo alla stessa identica maniera.
Molte star inoltre hanno protestato contro Trump, presidente dalle risonanze indubbiamente ampiamente maschiliste: sono state pioniere del movimento #MeToo, campagna per denunciare gli stupri del produttore Harvey Weinstein, invitando di conseguenza le donne di tutto a mondo a denunciare gli stupratori senza vergogna, per far sì che nessuna donna debba essere vittima di eventuali aguzzini. Gli effetti di questo movimento social, promosso anche dalle star, hanno ricevuto un riscontro impressionante nell’opinione pubblica. Tantissime donne, soprattutto di giovane e media età, hanno risposto al richiamo del #MeToo condividendo le loro storie e trovando quindi coraggio di denunciare violenze subite anche molto tempo prima.
“We should be all femminist” è stata invece la stampa sulle magliette portate in passerella da Maria Grazia Chiuri, prima donna a diventare direttore creativo di Dior. La sua prima sfilata è stato un appoggio all’etica femminista, inglobando nella moda un discorso che nella fashion industry è stato promosso e appoggiato per decenni. La t-shirt iconica è stata indossata da numerose celebrità tra cui Rihanna, Jennifer Lawrence, Emma Watson, nonché dalla stessa Chiuri. Ma sull’onda della Chiuri si sono mossi numerosi stilisti, come Alessandro Michele, Giuliano Calza e lo scomparso Karl Lagerfeld, che creò una sfilata girl power riproponendo l’immagine di uno sciopero femminista.
Questi messaggi importanti, forti e a chiaro sostegno delle donne, che promuovono la solidarietà e la sorellanza invitando gli uomini ad agire per le pari opportunità hanno spinto la nuova generazione a credere nel femminismo e nell’uguaglianza. I risvolti sociali ottenuti sono stati molti e si sono verificati in vari ambiti.
Nelle ultime proteste femministe, numerosi uomini hanno partecipato al fianco delle donne per difendere insieme a loro una causa comune, quella dell’uguaglianza. A seguito della risonanza ottenuta dal movimento #MeToo, molte donne hanno condiviso le loro traumatiche esperienze trovando il coraggio di denunciare. Associazioni come Chime for Change hanno incrementato in maniera esponenziale le donazioni ricevute: con i proventi ricavati hanno permesso a numerose donne in tutto il mondo di ricevere istruzione e cure. Oltre a tutto ciò, molte ragazze non temono più di mostrare la loro bellezza, il fatto di essere sexy ma soprattutto di essere intelligenti, mostrandosi per come sono tramite la condivisione del proprio stile di vita anche sui social.
Come ha affermato Emma Watson in un’intervista su Vanity Fair:
Il femminismo consiste nel dare alle donne la scelta. Non è un bastone con cui battere le altre donne. Riguarda la libertà. Riguarda la liberazione. Riguarda l’uguaglianza.