Vite perpendicolari

Si aggiusta il cappello consumato con il dorso della mano che ha sfilato dal guanto nero. Sospira mentre si allontana dagli occhi una ciocca di ispidi capelli grigi.

Binario 1. Ore sette e cinque del mattino.

Un uomo accompagna una donna in stazione; lei scende dall’auto nel suo tailleur blu e bianco.

Chiude la portiera sul buona giornata, tesoro del marito.

Binario 1. Ore sette e sette del mattino.

Giovedì. Buste paga da sistemare, le dita che battono sulla macchina da scrivere.

Cammina lenta e instabile nelle scarpe di feltro marrone e raggiunge la fine della banchina.

La donna le passa accanto sui tacchi bassi e lucidi.

Ore sette e dieci del mattino, come ogni mattino.

La giacca sformata consumata e stretta in vita da una cintura di una, i bottoni dorati dell’altra.

I lineamenti duri e la borsa piena di niente di una, le labbra laccate di rosso dell’altra.

Salgono entrambe sul treno. Il primo passo sul gradino.

Agosto e le prime nausee. Aprile e i primi rigurgiti di latte sul tailleur blu e bianco.

Dove va? Ma dove va, dove va e da dove torna?

 

I passi lenti sempre nella stessa direzione quando scende dal treno per scomparire nel nulla. Compare solo in stazione, è invisibile in qualunque altro luogo.

Stagioni, mesi, anni.

La bambina che è diventata donna guarda sua madre, quella signora, prendiamo sempre il treno insieme, la vedo solo in stazione, quasi per combinazione, a qualsiasi ora io prenda il treno, lei c’è, come se fosse appena arrivata, o appena partita, come se fosse normale.

La donna che è diventata madre si ricorda di lei, della mattina in cui ha pianto sulla banchina e ha ricevuto un solo abbraccio, il suo, che sapeva di umido, di polvere e di sporco. Il corpo troppo magro a causa del fumo e dello stress contro il corpo troppo magro a causa della vecchiaia e della fame.

La bambina che è diventata donna è diventata anche madre. La donna, nonna. Sul suo viso si aggiungono le rughe mentre gli orari dei treni sono sempre gli stessi e i tratti di quel volto sono sempre uguali, solo un po’ più stanchi.

Negli ultimi trent’anni hanno migliorato la stazione; ora c’è una sala d’attesa, un tabellone luminoso con gli orari, una linea gialla da non oltrepassare sulla banchina.

Lei si sfila le mani dai guanti, i guanti dalle mani, tirando la punta delle dita. Le pieghe e i solchi sui palmi sono rami di alberi genealogici di tre generazioni

Binario 1. Ore sette e cinque del mattino.

Dove va? Ma dove va, dove va e da dove torna?

 

 

CREDITS

Copertina

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.